L'ultimo racconto di Ivan Denisovic di Alberto Ronchey

L'ultimo racconto di Ivan Denisovic RITORNO NELL'URSS L'ultimo racconto di Ivan Denisovic L'atteso libro di Solzenicyn sui Lager sovietici (Dal nostro inviato speciale) Mosca, gennaio. La sua barba rossa da profeta, « quella barba che viene dal fondo della storia, che Pietro il Grande voleva tagliare alla santa Russia », è celebre ormai nel mondo. La sua prosa russa è la migliore, gli studenti di letteratura usano l'espressione « da Gogol a Solzenicyn », anche se i suoi libri non si pubblicano in Russia. E' stato isolato dai suoi amici, processati come Superfin o intimiditi come Gorlov, Rostropovic, la Vishnevskaja. Vive assediato fra provocatori ckuligani e agenti del « Kgb », lettere minatorie e avvertimenti per telefono (« si preparano a ucciderti in un incidente automobilistico »). L'ultimo suo racconto, il manoscritto più ricercato dal « Kgb », è scivolato fra le dita dei poliziotti di frontiera per essere pubblicato in questi giorni in Occidente con il titolo Arcipelago Gulag. Il « Gulag » è l'amministrazione dei Lager sovietici; il libro è un « esperimento d'investigazione letteraria », un vasto affresco sull'organizzazione dei campi di lavoro forzato dal 1918 al 1956, per i quali passarono a decine di milioni i contadini detti kulak negli anni della collettivizzazione forzata delle terre, i condannati nelle « purghe » di partito e le minoranze nazionali. Il terrore staliniano, in queste seicento pagine di Solzenicyn, risulta paragonabile solo con l'inquisizione di Spagna e il nazismo. Il testo era già pronto per le stampe straniere cinque anni fa; ma poiché erano ancora vive oltre duecento persone che avevano testimoniato a Solzenicyn sulle loro vicende nei Lager, egli aspettava. Tuttavia nell'estate di quest'anno, il « Kgb » di Leningrado è riuscito a sequestrare una copia del manoscritto, avendo interrogato per 120 ore continue una donna, Elizaveta Voronjanskaja, che in seguito s'è impiccata. « Molto a malincuore — scrive Solzenicyn nella prefazione — ho trattenuto l'opera per alcuni anni, poiché i miei obblighi verso i vivi sovrastano i miei doveri verso i morti. Ma ora che il manoscritto è caduto nelle mani del " Kgb ", non mi resta che pubblicare subito ». Per le vie del « Samizdat », il testo è giunto al legale di Solzenicyn a Zurigo, che ha provveduto a distribuirlo agli editori. * ★ « Perché — domanda Solzenicyn — la Germania è stata capace di giudicare i suoi criminali dopo la guerra, ma questa possibilità è mancata alla Russia? Nella Germania Occidentale, fino al 1966, furono condannati 86 mila criminali nazisti. Questo corrisponde per noi, sulla base d'una stima proporzionale, a 250 mila persone. Le future generazioni ci giudicheranno come sciagurati, perché ci siamo lasciati picchiare a milioni e poi abbiamo glorificato i criminali quand'erano giunti alla tranquilla età della vecchiaia. Dinanzi alla nostra patria e ai figli, abbiamo il dovere non solo di giudicarli, ma di punirli per i loro crimini ». La violenza dell'accusa ai vecchi funzionari di polizia e di partito è senza esempio; la ritorsione non mancherà, è questione di tempo, Solzenicyn l'aspetta e nella sua esasperazione forse la vuole, perché vuole qualche cosa che scuota il potere dell'oligarchia e faccia sprofondare la « rispettabilità » del « Politbjuro » nei rapporti con il mondo esterno. Aleksandr Isaevic Solzenicyn era sconosciuto fino al 1961, quando Chruscev approvò la decisione di pubblicare sulla rivista Novyj Mir il primo racconto sui Lager staliniani, Una giornata di Ivan Denisovic, in contrasto con alcuni gruppi del Comitato centrale. Erano i tempi del XXII congresso del pcus; Chruscev usava contro stalinisti e conservatori l'emozione suscitata dalla testimonianza personale di Solzenicyn. Lo scrittore, insegnante di matematica a Rjazan, aveva subito otto anni di lavoro forzato nel Lager di Karaganda e tre di confino, perché durante la guerra, dalla Prussia orientale dov'era soldato, aveva scritto una lettera imprudente. Condannato senza processo, era stato riabilitato solo nel 1957 dal tribunale supremo. Il racconto autobiografico sull'esistenza nel campo di Karaganda era un modello letterario, oltre che un documento politico. Ma presto Chruscev dimen¬ ticò lo scrittore uscito da un Lager, e poi scomparve lo stesso Chruscev. La censura consenti solo la pubblicazione d'alcuni racconti di Solzenicyn (La casa di Matrjona, Alla stazione di Krecetovka ecc.). Le sue nuove opere furono « merce non sdoganata » per l'editoria sovietica. Nel 1967, con una lettera al congresso dell'Unione degli scrittori, Solzenicyn denunciava d'aver subito anche perquisizioni e sequestri di manoscritti (il documento fu pubblicato da Survey, nessun giornale sovietico accennò a quella protesta). Alla fine del '69 Aleksandr Tvardovskij, direttore di Novyj Mir e ultimo difensore di Solzenicyn, veniva destituito. « La censura, questa sopravvivenza di Medioevo, che è riuscita come una specie di Matusalemme a vivere quasi fino al XXI secolo... ». Ma già i suoi scritti raggiungono per le vie del « Samizdat » gli editori stranieri; nel 1970 egli è al margine della legge, minacciato d'essere espulso dall'Urss malgrado il premio Nobel. Mentre fuori dell'Urss si leggono Divisione cancro, Il primo cerchio, Agosto 1914, l'Enciclopedia letteraria sovietica (voi. 7, 1972) non cita neppure il nome di Solzenicyn. ★ ★ Negli ultimi giorni dell'agosto 1973, in un'intervista ai corrispondenti di Le Monde e dell'Associated Press, Solzenicyn compie un gesto clamoroso; annuncia che il « Kgb » vuole terrorizzarlo o ucciderlo. L'assedio delle lettere anonime, che lo minacciano di morte, è ormai quotidiano; ma Solzenicyn e i suoi, spiati ogni giorno, non possono essere minacciati da comuni banditi senza che il « Kgb » lo sappia e sia in grado d'arrestare i colpevoli: «... Non un solo capello cadrà dalla mia testa senza l'approvazione del " Kgb "... Se per esempio una lettera mi esplode fra le mani, è impossibile spiegare come mai non è esplosa prima nelle mani dei censori... Poiché da molto tempo non soffro di malattie gravi, poiché non guido l'automobile e poiché a causa delle mie convinzioni in nessun caso commetterei suicidio, allora, se viene annunciato che sono stato ucciso o sono improvvisamente morto in circostanze misteriose, potrete infallibilmente concludere con il cento per cento di certezza che sono stato ucciso con l'approvazione del " Kgb " o da esso stesso ». Alcuni giudicheranno « frutto d'esasperazione » molti giudizi contenuti nell'intervista e assurde le pretese minacce al la sua vita; forse il « Kgb » vuole solo intimidire Solzeni cyn, debellare la sua riottosità superba. Ma già in Leningrado s'è uccisa quella donna, che sottoposta a un brutale interrogatorio ha consentito il sequestro d'una copia di Arcipelago Gulag. Solzenicyn aggiunge che le minacce non avranno effetto, che non rinuncerà a far stampare i suoi libri all'estero fino a quando non saranno pubblicati nell'Urss, che nei manicomi politici i reclusi devono subire ogni giorno « criminali iniezioni che ti fanno scoppiare il cervello », che il sistema re¬ pressivo dell'Urss non ha pari neppure in Grecia, in Spagna, in Turchia, e sono ipocriti o male informati coloro che in Occidente si adoprano a stabilire paragoni fittizi per attenuare il giudizio sull'Ùrss (« Oso dichiarare che le cose non sono cosi »). In circostanze non chiare, persino misteriose considerando l'efficienza del « Kgb », egli riesce a dire queste cose a due stranieri, anche se il semplice parlare con loro può dar luogo a un'incriminazione, sebbene non abbia un'occupazione legale e mezzi di sussistenza e sia persino illegale il suo attuale domicilio di Mosca (« Vivrò qui, con o senza autorizzazione. Vengano a cacciarmi fuori, sarà una pubblicità degna del nostro regime »). Il suo sdegno maggiore è contro lo sperpero di talenti della cultura russa contemporanea, soffocata dagli ukaz di partito: « Quando mai negli Anni Trenta gli stessi occidentali avevano sentito parlare d'un Bulgakov, d'un Platonov, d'un Florenskij? Anche oggi nell'Urss, come in Cina, esistono scrittori e filosofi segreti, ma il mondo saprà della loro esistenza solo in un'altra epoca, fra cinquanta o cent'anni ». E il suo disprezzo è violento contro quegl'inteilettuali dell'Occidente, che non vogliono mostrare d'intendere di che si tratta veramente: « E' impensabile che la Repubblica sudafricana possa tenere in prigione per quattro anni un esponente negro e torturarlo com'è stato torturato il generale Grigorenko nell'Urss. No, la tempesta dell'indignazione mondiale avrebbe scoperchiato il tetto di quella prigione in Sudafrica... I massacri di Hué nel Vietnam sono registrati solo di passaggio e subito dimenticati... Si fanno proteste quando non esiste un pericolo mortale, quando ci si può aspettare che l'avversario finisca per cedere o quando non si corre il rischio d'essere condannati dai circoli di sinistra... ». ★ ★ E' possibile che Aleksandr Solzenicyn ritorni a essere Ivan Denisovic in un Lager? Nel racconto di Arcipelago Gulag non è esiguo il margine di vulnerabilità agli articoli 70 e 190191 del codice. Ma con tale decisione, avrebbe inizio un nuovo atto nella già lunga tragedia àeW intelligentija sovietica: Gumilev fucilato, Esenin e Majakovskij suicidi, Babel' e Mandel'stam e Pil'njak scomparsi nei Lager, Gor'kij ucciso (esistono sette versioni sulla sua morte, alcune persino in edizioni diverse della Bolshaja Enciklopedija), Pasternak morto a Peredelkino in un isolamento così duro che la Tass non pubblicò la notizia per i sovietici, l'ultima generazione di «intellettuali critici» dispersa fra i Lager, i manicomi speciali e l'esilio. Oggi i più famosi, malgrado tutto, sono anche i più fortunati; la loro fama nel mondo li difende in qualche misura. Ma come avverte Esenin-Volpin, « ci sono tanti altri di cui il mondo non sa nulla, o sa così poco quanto la gente sa d'un coniglio mangiato dai lupi nella tajgà ». Alberto Ronchey