Il 1976 vuole pace

Il 1976 vuole pace Il 1976 vuole pace Cosa potrebbe dirci un ipotetico « Barbanera » dello sport programmato nel '76? Gli interrogativi sono molti, le incognite numerose, ma anche le speranze, pari all'augurio che vorremmo rivolgere a tutti gli interpreti delle discipline sportive: possano « lavorare » in pace, possano dimostrare il valore di un argomento umano che lega e non divide. L'anno che si conclude ha visto imprese non dimenticabili: dal Thoeni di Coppa alla Ferrari di « Formula 1 », dal ritorno d'un grande Muhamad AH Clay allo scudetto juventino. Si è ormai compiuta — riteniamo con realismo — la parabola negativa del Club Italia, Mennea si appresta a una stagione decisiva per sé e per l'atletica italiana, qualche giovane virgulto del vecchio ciclismo medita « exploits » in campo casalingo ed internazionale. Il '76 ci viene incontro con un bagaglio fittissimo: da febbraio fino a luglio si parlerà linguaggio olimpico, prima sulle nevi di Innsbruck, poi negli stadi canadesi. Non demorderà certo il calcio, visti gli stimoli che nutrono l'attuale campionato e il lavoro preparatorio che dovrà portare la Nazionale contro gli inglesi nel futuro novembre, preludio ad un viaggio (o a una bocciatura) « argentino ». Per gli appassionati, il tessuto critico e gli argomenti di dibattito non mancheranno certo. A Thoeni-Gros succederanno Mennea-Di Biasi: ma l'augurio di tutti è che nuove forze emergano per irrobustire le file di truppe sportive abbastanza scarse in un Paese che vanta troppi « seduti » e pochissimi atleti veri. Sarebbe rischioso entrare nella giungla di previsioni troppo anticipatorie. Ma un discorso preciso ci sta a cuore da sempre: e riguarda la liceità dello sport, entro un contesto difficile qual è quello fornitoci dalla realtà sociale. Non abbiamo mai covato l'illusione che l'attività sportiva possa godere di territori pacifici e forzati, se il mondo nel suo cambiare diventa più duro, più aspro. Lo specchio dello sport riflette da sempre — Io insegna addirittura Omero — situazioni e conflitti ed euforie della storia quotidiana degli uomini. Pretendere che — soltanto per via di targhe, illusioni, motti e carte solenni — questo stesso sport si presenti come un giardino incontaminato, è sogno assurdo. Il cordone ombelicale che lega la nostra esistenza alle immagini sportive è dannazione ma anche elemento di verità. Lo abbiamo constatato con dolore nel '72 a Monaco, quando la sciagura colpì le Olimpiadi. Ce ne accorgiamo tutti i giorni, sopra e sotto le righe, ogni volta che si parla di falso dilettantismo, di riven¬ dicazioni societarie da parte degli addetti ai lavori, di eversioni tifose. Lo sport mangia nella stessa scodella del lavoro, della produzione, della disoccupazione. E' condizionato dalla politica, dalle relazioni internazionali, dall'affarismo di molti — uomini ed enti — come può godere, talvolta, di slanci puri e benefici. Nel '76 è doveroso sperare che certi temporali di negazione non si abbattano sulle strutture sportive, sui praticanti olimpici e meno, cogliendo il pretesto di Innsbruck o di Montreal. Inutile negare che la fiammella olimpica è molto fievole, e potrebbe spegnersi di colpo, cancellando dalla faccia della terra quella tipica manifestazione umana che è il gioco. E tuttavia non possiamo guardare allo sport e intenderlo quale gioco astratto, interpretarlo come un vago presepe da salvare « in vitro ». Va difeso, sicuramente, ma attraverso studi, accordi, propositi, legami, leggi e creatività che tutto il concerto umano deve fornire. O la nobiltà d'essere uomini sminuirà schiacciando questo uomo « anche » come sportivo. Fidando nelle aperture di pace, possiamo allora discutere del '76, un Anno Bisesto che non vorremmo funesto. Coppa del Mondo tra le nevi, Olimpiadi sugli sci costituiranno grande « ouverture » per una stagione da molti vista come calendario memorabile. Sarà davvero il banco di prova per la scienza sportiva: in ogni settore i progressi — talora più o meno segreti — perseguiti in laboratorio, dovranno offrire prova di sé sui terreni adatti. Il tifoso tranquillo, quello che discute nei bar e talvolta persino da solo davanti al video, molte cose sa, altre ignora, ma sempre « sente » come gli insegnamenti dello sport non siano casuali, bensì frutto di ricerche collaudatissime, di « cervelli » e materiali e tecniche più che raffinati. La gran macchina del « Ioisir » è ormai industria poderosa in un mondo che cerca nuove dimensioni e nuovi sfoghi. Possa essere dunque lieto ed utile il '76. Lieto per quei risultati mirabolanti che tutti si attendono — nelle corsie in tartan come nelle piscine — e utile per gli ammaestramenti che potrà fornire. Cosa ci suggerisce in fin dei conti lo sport? Che l'uomo non conosce mai sufficientemente se stesso, come organismo che tende a superarsi, come valori morali da esaltare e difendere. E' legge eterna, che qualsiasi « gioco » rimette in discussione, ogni volta, si voli sui ghiacci o nel vento dell'estate. Buon anno, sportivi. Possa il '76 non deludere e non ferire. Giovanni Arpino NEL DISEGNO DI FRANCO BRUNA DEDICATO AI PROTAGONISTI DELLO SPORT NEL 1975 FIGURANO, DA SINISTRA A DESTRA E DALL'ALTO IN BASSO: ENZO BEARZOT, BEPPE SAVOLDI, MOHAMMED ALI', NIKI LAUDA SULLA FERRARI CAMPIONE DEL MONDO, PAOLO PULICI, TOMMASO MAESTRELLI; EDDY MERCKX, GIACOMO AGOSTINI, ADRIANO PANATTA, PIER LUIGI MARZORATI, ANNA MARIA MOSER PROELL, PIETRO MENNEA, JOHN WALKER, KORNELIA ENDER, DINO ZOFF E GUSTAVO THOENI

Luoghi citati: Innsbruck, Monaco, Montreal