Controllori di casa nostra

Controllori di casa nostra La Cia e il Kgb in Italia: manovre, voci e smentite Controllori di casa nostra A chi sono andati i miliardi dei finanziamenti segreti americani - Una misteriosa nave nelle acque del Mediterraneo - Un'ombra più impenetrabile avvolge il controspionaggio sovietico, ma affiorano alcuni nomi Nello scottante processo alla Cia, che il Congresso americano porta avanti, giorno per giorno, con onestà calvinista, l'Italia è una delle «chiavi» più delicate, forse più esplosive. La rete televisiva Cbs afferma che, dalla fine della guerra, il nostro Paese è stato, con l'America Latina, quello in cui si sono compiuti od organizzati i più sottili «interventi strategici» del servizio segreto di Washington: le rivelazioni di questi giorni sui finanziamenti ad alcuni partiti politici non sono che l'ultimo anello di una lunga catena. Ma, per la sua posizione di spartiacque mediterraneo dei due grandi blocchi, l'Italia è stata anche, con la Germania Occidentale, il terreno favorito dello spionaggio sovietico, il nodo dove il Kgb (la Cia di Mosca) voleva, e doveva, vederci chiaro. Abbiamo così vissuto gli anni penosi della ricostruzione, quelli felici del boom, gli ultimi tormentati della crisi, in compagnia di questi due «controllori», discreti e pur solerti, taciti e guardinghi. Uno, il Kgb, continua a essere tale, a tessere la sua ragnatela spionistica nel silenzio dell'anonimato, all'ombra di una struttura cosi incredibilmente capillare da sfuggire alla conoscenza persino del Presidium. L'altre, la Cia, è sconquassato da una tempesta che rischia di distruggerlo, preso di mira dal tiro incrociato della commissione d'inchiesta e dei mass media che rivelano i suoi misfatti, mettono a nudo le sue cancrene. Se Ford non fa valere il potere di veto alla pubblicazione di particolari nocivi alla «sicurezza dello Stato», tra poco sapremo tutta la verità sugli attentati falliti, le forniture segrete di armi, i finanziamenti ai partiti, lo spionaggio anticomunista, il controllo dei privati cittadini in America e fuori. Per quel che ci riguarda, sapremo a chi sono andati i miliardi di lire che la Cia ha generosamente distribuito prima delle elezioni politiche del 1972. Si tratta di 10 milioni di dollari. Daniel Schorr, corrispondente da Washington della Cbs, ha rivelato che «una parte» sarebbe finita alla de e «una gran parte» ai socialisti. Sollecitato a specificare di quali socialisti si trattasse, ha allargato le braccia e, sorridendo, ha detto: «1 miei informatori non sono così profondi conoscitori della politica italiana da potermi illuminare su questa circostanza». Sentitosi chiamare in causa, il psdi si è affrettato a smentire, «nel modo più reciso e categorico», di avere mai ricevuto quei finanziamenti. Anche la de ha smentito. Ha smentito non solo Schorr, ma la Washington Post, la quale, ha rivelato che «gli Stati Uniti hanno concesso alla de, tramite la Cia, fino a tre milioni di dollari all'anno in finanziamenti segreti, per un periodo che va dalla fine della guerra al 1967». Lo stesso giornale ha riferito che nel '70 l'ambasciatore americano a Roma, Graham Martin, sollecitò un forte aiuto finanziario per Fanfani, a cui però Nixon sì oppose con decisione. Le sovvenzioni Usa-Cia alla democrazia cristiana nel periodo post-bellico sono state, comunque, già comprovate, alla fine del novembre scorso dai documenti segreti del Dipartimento di Stato americano, pubblicati contemporaneamente su Stampa Sera e Panorama. Ma i finanziamenti segreti sono solo un aspetto della realtà inquietante che ci circonda. Nei documenti in possesso del Congresso americano, si citano « interventi e azioni di varia natura». Di che si tratta? Si parla di una misteriosa nave, l'Apollo, vecchia unità inglese costruita nel 1938, che starebbe mettendo in allarme i servizi segreti di mezza Europa. Ufficialmente appartiene alla società californiana Otc, ma si dice che sia una centrale di provocazione, un sofisticato quartier generale organizzato proprio dalla Cia. La segnalano un po' dappertutto. Sarebbe stata anche nel porto spagnolo di Vigo, quando si svolse un summit fascista internazionale, al quale partecipò tra gli altri, Guido Giannettini (l'uomo nero del Sid) prima di andare a costituirsi a Buenos Aires. Non mancano certamente ipotesi sui collegamenti sotterranei tra la Cia e il Sid. Si sostiene, da molte parti, che il nostro servizio segreto agisca da 30 anni (da quando cioè, il 16 novembre 1944, gli americani ottennero lo scioglimento del vecchio Sim fascista e contribuirono alla creazione e gestione del Sitar) su ispirazione di quello statunitense. Sarebbe stato il diplomatico americano Carmel Offie a volere, ad esempio, il generale Di Lorenzo accanto a Gronchi, la cui elezione (essendo egli leader della sinistra democristiana) aveva preoccupato non poco gli americani. E sarebbe stato il generale Vernon Anthony Walters, allora responsabile del settore mediterraneo della Cia, ad usare il colonnello Renzo Rocca per tentare di impedire (con l'invio di veline allarmistiche nei maggiori ambienti industriali) il primo governo di centro-sinistra nel 1963. Ma non solo al passato ci si riferisce. Il mensile di informazioni militari Maquis ha rivelato, all'inizio dell'anno, che «vivono in Italia o raggiungono spesso Roma tre personaggi che hanno giocato un ruolo decisivo nel colpo di Stato cileno». Due sono uomini della Cia, il terzo sarebbe William Merriam, ufficialmente vicepresidente mondiale della ITT e capo del suo ufficio di Washington. Sempre ufficialmente, egli dirige, in via Abruzzi a Roma, un ufficio di ricerche di mercato della stessa ITT (un po' poco, a dire il vero, per un vicepresidente), gioca frequentemente a golf e «non si interessa di politica». Gli uomini «italiani» del Kgb, invece, non hanno volti né nomi. Dell'organizzazione nel suo complesso si conoscono la struttura, le dipendenze dalle supreme gerarchie dello Stato. Sono noti anche i suoi capi (25 in 58 anni), alcuni con nomi famosi, già legati alla storia: Beria, per esempio, o Sceliepin. Ora la guida Yuri Vladimirovic Andropov, un ex telegrafista venuto clamorosamente alla ribalta nel 1956, durante la rivolta d'Ungheria, quando riuscì a catturare e far uccidere i leader magiari Nagy e Maleter. Per quanto riguarda l'Italia, si sa soltanto che l'organico è di almeno 90 spie. A queste si aggiungono un migliaio di informatori «saltuari», la maggior parte dei quali non sa neppure che lavora per il Kgb. Dal gennaio del '72, pre¬ sunto capo della «sezione Italia» è ritenuto Fedorovic Borzov (non ha nulla a che vedere con l'omonimo atleta), 55 anni, consigliere dell'ambasciata sovietica a Roma. In certi ambienti diplomatici — ha rivelato Tempo Illustrato alcune settimane fa — egli è ora considerato una specie di «pupillo» di Andropov. Dal luglio scorso, però, è stato dato per «partente». Ormai sarebbe troppo «scoperto». Un altro personaggio è già «partito». Si tratterebbe di Vladimir Ermakov, che per molti anni è stato corrispondente della «Pravda» in Italia ed ora svolge le stesse funzioni a — guarda caso — Lisbona. Anche sul suo successore a Roma, Nicolai Prozhoghin, sono nate le stesse «voci» (che sia, cioè, una spia del Kgb), ugualmente smentite. Un suo amico afferma: «Sono insinuazioni per bruciarlo e fargli lasciare l'Italia». La notorietà è il vero terrore degli agenti segreti sovietici. Ed è una minaccia che incombe su di loro, ora più che mai. Da quando, cioè, è stato pubblicato un libro dal titolo «Kgb: the secret work of Soviet secret agents», dell'americano John Barron, una sorta di «Who's who» del controspionaggio sovietico. Per l'Italia, purtroppo, anche qui i dati sono assai scarni: si parla solo della cattura — era il 1967 — dell'antiquario - paracadutista torinese Giorgio Rinaldi e di altri 29 membri del Kgb in Europa. Ma se tutto finisse davvero con la spia nostrana Rinaldi, non ci sarebbe da preoccuparsi troppo. Noi, invece, ci preoccupiamo. Carlo Sartori