Nato a Parigi in un sotterraneo il cinema compie ottant'anni

Nato a Parigi in un sotterraneo il cinema compie ottant'anni E come un "giallo,, la storia dell'arte nuova del secolo Nato a Parigi in un sotterraneo il cinema compie ottant'anni La prima proiezione pubblica, a cura dei fratelli Lumière, concludeva un periodo di studi travagliati - Attorno alla scoperta sì scatenarono battaglie scientifiche - Ci furono anche delitti Ha avuto come padri 130 fra apparecchi brevettati e macchine ingegnose, dalla camera oscura alle ombre cinesi, dalla lanterna magica alla fotografia, dal fenachistiscopio al cronofotografoscopio, dal «shadowgraphoscope» al «vilcocigraphoscope». Ha suscitato battaglie scientifiche e giudiziarie, provocato delitti come un giallo che si rispetti, imposto (e distrutto) i nomi dei suoi scienziati e dei suoi divi. Ieri ha compiuto ottant'anni. Il cinematografo, arte del nostro secolo, nacque ufficialmente la sera del 28 dicembre 1895 nel sotterraneo del Grand Café di Parigi, al numero 14 di boulevard des Capucines. La prima proiezione pubblica, a cura dei fratelli Auguste e Louis Lumière, concludeva un periodo di studi travagliati e difficoltosi. In ogni parte del mondo, negli ultimi anni del secolo scorso, si trovavano gruppi di sperimentatori che stavano per mettere a punto il grande sogno, la rappresentazione delle immagini in _ movimento. I Lumière forse non inventarono nulla di determinante. Ebbero il merito di applicare le proprie e le altrui conoscenze in senso industriale e popolare, togliendo il cinema dalla curiosità dei baracconi e facendone un linguaggio universale. «Un nuovo apparecchio — ha scritto lo storico Georges Sadoul — non sorge già perfetto dalla mente dì un inventore come Minerva dal cervello di Giove». Nell'800 lanterne magiche, spettacolari diorami, ombre cinesi costituivano il punto di partenza per coloro che volevano mettere insieme, in un'unica apparecchiatura, la sintesi del movimento, la fotografia e la proiezione. La fotografia, grazie a Niepce, Daguerre e Bayard, era a metà secolo un fatto compiuto. L'elettricità, che successivamente avrebbe sostituito le lampade a petrolio dando all'apparecchio di proiezione una fonte luminosa, permetteva la visione in pubblico di immagini in grande formato. Non si era ancora giunti a fermare e riprodurre il movimento. Per due millenni gli scienziati e i poeti vi si erano anovellati, da Tolomeo a Lucrezio, da Newton a Plateau. Quest'ultimo, un fisico belga vissuto tra il 1801 e il 1883, definì il principio della persistenza delle immagini sulla retina. Un principio noto, tanto che Al-Hazen attorno all'anno mille, racconta d'una trottola variamente colorata «che permette esperienze sul tempo durante il quale le immagini persistono sul fondo dell'occhio». Plateau precisò che se le immagini registrate dalla vista si ripetono al rit¬ mo di almeno 10 al secondo, si ha l'illusione del movimento (oggi il cinema sonoro proietta 24 fotogrammi al secondo). Joseph-Antoine - Ferdinand Plateau, dal nome prolisso e dall'ingegno folgorante, costruì un disco di cartone con un certo numero di fessure e con figure dipinte su una delle facce. Facendo girare il disco attorno al suo centro e davanti a uno specchio, chi guardava dalle fessure scorgeva le figure tanto ravvicinate nel tempo da crederle animate. E' naturale che, in questo «fenachistiscopio» del '32, il movimento si ripetesse periodicamente a ogni giro del disco. Abbiamo dunque la fotografia e la persistenza delle immagini. Manca però la proiezione, che avviene a gradi. Bisogna analizzare e ricostruire il movimento. In Francia Etienne-Jules Marey inventa il fucile fotografico, fiero progenitore della cinepresa, che permetteva dì «sparare» su un disco ben 12 immagini al secondo. In America Edward James Muybridge sull'ippodromo di. Sacra¬ mento fotografa dodici immagini successive d'un cavallo bianco lanciato al galoppo che taglia i fili collegati con gli otturatori di altrettante macchine fotografiche. Ed ecco, sempre negli Stati Uniti, il genio di Thomas A. Edison che negli Anni Ottanta, con l'aiuto di George Eastman, crea la pellicola per il suo kinetoscopio. Il kinetoscopio non era tuttavia un apparecchio da proiezione perché consentiva la visione a un solo spettatore che doveva chinarsi su una sorta di scatola. In Francia non si dorme. Nel 1890 Louis Leprince usa un proiettore con unico obiettivo e pellicola traforata di celluloide. E' a un passo dall'invenzione ma una sera, salito sul direttissimo DigioneParigi, scompare misteriosamente portando con sé i propri segreti. Emile Reynaud, fin dal "77, lavora al prassinoscopio e arriva a proiettare strisce con 600-700 disegni, interessandosi al lato artistico e non commerciale della cosa. Spetterà ai Lumière, in particolare a Louis, l'ultimo tocco. Lumière copia dal meccani¬ smo della macchina per cucire un quadro porta-griffa che permette di avvolgere la pellicola e di programmarla per un'intera sala. Il cammino era compiuto, dalla ripresa alla proiezione al trasporto. Con il cinematografo la tecnica dell'informazione e dell'espressione appariva destinata a rivoluzionarsi. Il primo cortometraggio — L'uscita di fabbrica — suscitò entusiasmo a Rennes, a Lione, alla Sorbona tra il '94 e il '95. Solo il 28 dicembre, nel «Salon Indien» del Grand Café, i parigini potevano finalmente assistere a pagamento allo spettacolo. I Lumière, spossati, non erano presenti allo storico avvenimento. Aveva fatto tutto loro padre Antoine, un maniaco dell'attivismo. Louis Lumière il giorno di San Silvestro scrisse con semplicità: «Afio padre ci aveva tormentati perché gli lasciassimo organizzare queste rappresentazioni a Parigi e abbiamo tenuto a non immischiarcene affatto». Il cinema già camminava con le sue gambe. Piero Perona

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