Il voto degli italiani nella vittoria liberale

Il voto degli italiani nella vittoria liberale Australia: ecco i risultati delle ultime elezioni Il voto degli italiani nella vittoria liberale Oggi vi sono almeno 700 mila nostri compatrioti nel Quinto Continente - Dalla scarsa "affezione" ad un nuovo modello di "integrazione" nella società australiana Sydney, 14 dicembre. La sconfitta dei partito laborista australiano sta assumendo dimensioni ancora più gravi del previsto. Secondo gli ultimi, ma incompleti calcoli, la coalizione dei conservatori (liberali e agrari) si è aggiudicata 90 dei 127 seggi in palio alla Camera e 37 dei 64 in ballottaggio per il Senato. L'assetto del Parlamento è stato letteralmente sconvolto: nella precedente legislatura i laboristi contavano 65 seggi alla Camera, con una maggioranza di 4 seggi sui conservatori. Alle elezioni, su cui ha influito in misura determinante la cattiva situazione economica, hanno partecipato anche numerosi emigrati italiani. (A.P.) «Like meat in a sandwich, proprio come la carne in un panino — mi aggredisce Nino Randazzo, ricevendomi nel suo ufficio soffocato di giornali —. Così sono gli italiani in Australia. Presi tra due fuochi. Carezzati per un verso dai liberali, che vorrebbero la riapertura delle porte all'emigrazione e tessono lodi all'operosità della nostra gente. E d'altro canto suggestionati dalle perplessità dei laburisti, che giocano le carte controverse della crisi economica per impedire nuovi, massicci arrivi». E' vero: nel clima concitato e insolitamente rissoso dell'appena conclusa campagna elettorale «the migrant people's problem» era frase ricorrente, identica (sia pure antitetica nei significati) nei discorsi di parte avversa. «S'è discusso — riassume Randazzo — se sia vero che una nuova affluenza di braccia rinnoverebbe le condizio¬ ni essenziali per la ripresa, sollecitando il ritorno del capitale straniero, come sostengono i liberali, o se non sia più credibile la teoria laburista, secondo cui una immigrazione indiscriminata finirebbe per aggravare la crisi, accentuando la disoccupazione che già ha raggiunto la 'punta' del 5 per cento». Nino Randazzo è vicedirettore del Globo, il settimanale conservatore che è forse la voce più seguita della comunità italiana in Australia. Egli spiega che la coalizione liberale-agraria rappresenta gli interessi del grosso capitale e dei «terrieri»; favorisce gli investimenti stranieri (nel '72 il 23 per cento del capitale australiano era in mano ad americani, inglesi e giapponesi) ed è incline — per quanto riguarda l'immigrazione — alla politica del «laissez faire». I laburisti invece — prosegue — sostenuti dai sindacati, seguono le istanze di una «convivenza civile» (quindi tendono alle riforme, avendo come modello una società di stampo svedese). Essi insistono sulla necessità di «riconquistare l'Australia agli australiani», ma sono — per ammissione degli stessi iscritti più critici — «logorati da 23 anni di opposizione e colpevoli di non poche ingenuità economiche». «L'Australia è sempre stata una nazione di emigrati. Se non lo siamo noi, lo erano i nostri padri e, se non i nostri padri, certamente lo erano i nostri nonni». Così nel 1972. Al Grassby apriva la massiccia campagna condotta dai laburisti per la naturalizzazione. E il discorso, generico ma di profondo effetto, se da un lato ricordava agli anglosassoni di più antica residenza che nessuno — salvo gli aborigeni — ha diritto di rivendicare la «proprietà del territorio» australiano e poteva essere interpretata come un'indiretta bordata al razzismo ancora latente, d'altro canto alludeva a una realtà fino allora sottaciuta (anche se universalmente nota). Centinaia di migliaia erano in quel momento le «famiglie straniere» residenti in Australia: gente che proveniva dalle aree depresse d'Europa e dell'Asia Minore, spinta da crisi economiche o politiche, e che — per ragioni diverse — aveva mantenuto la cittadinanza d'origine, precludendosi ogni possibilità d'intervento politico nella terra d'adozione. Una ricerca condotta nello Stato del Victoria rileva che, tra il '52 e il '61, oltre il 67 per cento degli italiani residenti in Australia da 5 e più anni non possedeva cittadinanza. E se questo dato può essere imputabile da un lato alla scarsa «affezione» al nuovo Paese, considerato luogo di sosta temporanea, dall'altro è anche conseguenza di una impalpabile politica di «scoraggiamento» alla naturalizzazione La situazione, tuttavia, non poteva troppo a lungo stagnare. Acquistata la casa, soddisfatte le esigenze suggerite da un consumismo che — sullo stile americano — martella giorno e notte attraverso radio e tv, gli emigrati han cominciato a guardarsi intorno. «E' così ch'è nato il '72 — dice Franca Arena, giornalista — che, nel clima australiano addormentato dal benessere, è stato una sorta di maggio francese». Il «maggio australiano» sfocia con una vittoria laburista, dopo 23 anni di egemonia liberale lungamente guidata da Menzies. E da quel '72 cautamente «rivoluzionario» prende corpo la nuova «coscienza» italiana. Quanto le cose siano mutate s'è visto proprio nell'ultima campagna elettorale, con l'attivismo politico sull'uno e sull'altro fronte da parte di una massa fino allora giudicata «amorfa». La nuova partecipazione trova forse anche radice nel «golpe bianco» che ha sconvolto la quieta politica australiana e che ha condotto alle elezioni anticipate di ieri. L'11 novembre, il «Rememberance day», Gough Whitlam, primo ministro laburista, è «licenziato» dal governatore Kerr che rappresenta la regina d'Inghilterra Elisabetta. Il pretesto è il bilancio che ha spaccato il Parlamento in due, paralizzandolo. «L'ingovernabilità dello Stato» appare a Kerr incontestabile. Egli si assume così la responsabilità di un gesto che non ha precedenti: «dimesso» Whitlam, nomina il capo dell'opposizione Frazer primo ministro «ad interim». In questo clima come avranno votato i 700 mila italiani? «L'analisi è quanto mai complessa — è il parere comune —, perché le riforme varate dai laburisti sembravano aver fatto pendere l'ago della bilancia a loro favore». E' indubbio infatti che le iniziative sociali del governo di Whitlam hanno influito beneficamente sulla comunità: istituendo, ad esempio, un sistema dì assistenza sanitaria, il «medibank», che sostituisce il vecchio sistema assicurativo volontario; allargando i benefici previdenziali, non escluse le pensioni; favorendo, nella nuova ideologia della assimilazione (e non più integrazione) in una società multiculturale, lo studio della lingua e della storia italiane nelle scuole dell'obbligo; e riducendo i termini di legge per ottenere la cittadinanza. Ma è anche indubbio che il clima di incertezza economica, che la stampa attribuisce per intero agli errori laburisti, ha creato apprensione nel ceto medio, dei commercianti e dei piccoli imprenditori. E questo ha potuto far pendere l'ago della bilancia a favore dei liberali. Eleonora Bertolotto

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