Donna per forza di Liliana Madeo

Donna per forza Stampa femminile Donna per forza Roma, 14 dicembre. La riccia» è sempre la stessa. Si individuano gli ingredienti e li si separa scrupolosamente: seno, capelli, unghie, carnagione, gambe, charme, sex appeal, conversazione, mani, ciglia, occhisi mescola il tutto, dando alla fine rilievo a qualche particolare. 11 risultato è la «donna», così come la ipotizzano e lusingano i settimanali femminili. La formula è già stata acutamente e autorevolmente smascherata, da autori come Simone De Beauvoir e Roland Barthes. E' la formula — costoro, e altri, hanno detto — che plasma la donna così come il sistema la vuole, la forma senza informarla, la mantiene — essere scisso in una mortificante frammentarietà, a se stesso sconosciuto — nei ranghi in cui l'uomo l'ha confinata. «Dalla stampa femminile emerge la precisa volontà di cullare le proprie vittime nella tradizionale inferiorità culturale e psicologica; ma questo significa anche confermare le donne nel loro ruolo subordinato all'interno della famiglia e nella loro posizione di dipendenza economica. Tutto questo non è casuale, rientra in una dilagante "mistica della femminilità" che, in un momento storico in cui le donne potrebbero "liberarsi" è fondamentale al mantenimento della loro oppressione», tuona Giovanna Pezzuoli, autrice di un libro fresco fresco — «La stampa femminile come ideologia», edizione «Il Formichiere» — che costituisce l'ampliamento e la successiva elaborazione della sua tesi di laurea. Giovanna Pezzuoli è una bella ragazza emiliana, con capelli lunghi, ovale classico, una parlata fitta, impetuosa. Appartiene a quella schiera di signore e signorine che per i benpensanti sono come il fumo negli occhi, e da alcuni anni li indispettiscono non poco. E' una femminista, insomma. Milita in un collettivo femminista. E' parte attiva di quel «progetto rivoluzionario» che un po' in tutto il mondo le donne hanno messo in atto, per una trasformazione radicale del nostro sistema sociale in cui i rapporti di produzione non siano più basati sullo sfruttamento dell'uomo e dell'ucmo sulla donna, la sclerotica divisione dei ruoli sessuali sia abbattuta, e la donna — riappropriatasi della sua identità, liberata dai condizionamenti che l'hanno oppressa per secoli — riesca a liberare anche l'uomo dall'ottica distorta, i falsi valori, le deformazioni in cui s'è smarrito. Il libretto — meno di 150 pagine — va ad aggiungersi al già ricchissimo materiale che il movimento femminista ha elaborato per scoprire i reali meccanismi attraverso i quali è nata e si è perpetuata l'emarginazione della donna: studi di storia e di antropologia, di economia e di psicanalisi, analisi che investono la famiglia, la scuola, l'educazione fornita alle donne, la Chiesa, Freud, Marx, il patriarcato, la rivoluzione industriale, tutti i nodi attraverso i quali sono passate la nostra cultura e la nostra società, e da cui la donna «è sempre stata tradita». Per un periodo di sei mesi, tra il 72 e il 73, la Pezzuoli ha studiato sette riviste femminili a grande tiratura: articoli, rubriche, fotografie, parte redazionale e parte pubblicitaria. Il risultato è un atto d'accusa senza appello. Dice: «L'apparato di queste riviste è reazionario e conservatore. Né i servizi più "impegnati", di denuncia delle istituzioni in crisi, sulle aspettative di una donna emancipata e inquieta, incrinano in alcun modo l'impostazione generale del giornale. Perché annegano in un flusso compatto di pettegolezzi, sollecitazioni pubblicitarie, richiami alla "femminilità", proposte regressive di conoscenza e di affermazione. Sembrano piuttosto voler esorcizzare l'inquietudine femminile — ecco, vedi: si parla di te, di te aggiornata, moderna, che vuoi essere diversa — riconducendola entro schemi benissimo controllabili. Certo, argomenti fino a ieri tabù sono apparsi e vengono ampiamente trattati sui giornali per le donne. Ma perché sono diventati di consumo, perché la donna che li conosce meglio è più funzionale alla società ». Le sue compagne femministe, alla presentazione del libro alla «Maddalena», assentono unanimi. Dicono no alla stampa «per le donne». Affermano che solo i giornali «delle donne» hanno ragione di esistere, come strumento di conoscenza e di comunicazione. Ne esistono alcuni, per ora: ma sono troppo pochi e carenti. Intanto — proclamano — ogni «compromesso» con gli altri, i «femminili», è da respingere. Conclude la Pezzuoli: «Una cosa è certa: quando la donna non avrà più "femminili" da leggere, potrà essere libera». Liliana Madeo

Persone citate: Giovanna Pezzuoli, Marx, Pezzuoli, Roland Barthes, Simone De Beauvoir

Luoghi citati: Roma