Quali speranze per la Magnoni e il Vallesusa?

Quali speranze per la Magnoni e il Vallesusa? Quattromila posti di lavoro Quali speranze per la Magnoni e il Vallesusa? Giovedì incontro a Roma con la delegazione e mille dipendenti Si prospettano soluzioni per la Superga e per la Singer. L'unico buco che sembra non si riesca a tamponare è quello del Vallesusa e della Magnoni. «Perché?», si chiedono i lavoratori delle due fabbriche. «Eppure sono oltre quattromila posti di lavoro che rischiano di andare perduti, appena cinquecento meno che alla Innocenti: quasi tutte donne, che non ne troverebbero un altro». Sulla vicenda delle due fabbriche rischia di cadere il silenzio. Dimissioni volontarie, cassa integrazione, impegni di volta in volta presi e non mantenuti sono appresi dall'opinione pubblica con rassegnato fatalismo. La stessa dichiarazione del direttore dello stabilimento di Lanza, secondo cui il lavoro non manca, ma è la direzione Monte/ibre a non volere il ritorno all'orario pieno, non stupisce quasi più. «Una constatazione salta agli occhi», dicono i delegati. «Mentre per le altre fabbriche, che sono private, si trova una soluzione, per Vallesusa e Magnoni, industrie prevalentemente a capitale pubblico (la seconda è stata rilevata dalla Gepi dopo il fallimento dei vecchi proprietari) non si riesce a sbloccare la situazione. Intanto si avvicina il 31 dicembre, e da quella data la Montefibre ha annunciato che abbandonerà il Vallesusa». Forse è proprio l'approssimarsi di questo termine che sembra abbia finalmente mosso le acque. Per giovedì pomeriggio le organizzazioni sindacali attendono una convocazione a Roma dal ministro dell'Industria Donat-CatUn. Oggi si riunisce, sempre a Roma, il coordinamento nazionale Cgil, Cisl, UH del gruppo Montedison per esaminare nuove forme di agitazione. Probabilmente la delegazione sindacale che si recherà a Roma sarà accompagnata da un treno speciale di lavoratori. «Una soluzione si deve trovare al più presto», dicono i sindacati. «Non possiamo permettere che Montefibre raggiunga quello che sembra essere il suo obiettivo: chiudere Susa e Lanzo e ridurre a duemila i posti di lavoro. Cercheremo almeno di fare slittare la data del 31 dicembre di una decina di mesi. In quel momento ci troveremo in piena fase di rinnovo contrattuale e molte cose potrebbero cambiare.il problema Montedison è problema delle Partecipazioni Statali. Sono necessari anche taluni chiarimenti governativi». Per la Magnoni, invece, c'è qualche cosa di concreto. Lo stabilimento di Noie è ora affittato dalla Gepi che lo dovrebbe acquistare entro 6 mesi. La nuova azienda (M.T., Manifatture tessili») apparterrà per il 75 per cento alla finanziaria pubblica, per il rimanente ad un imprenditore privato. Quindici lavoratori sarebbero subito riassunti per rimettere in attività gli impianti. Successivamente, toccherebbe agli altri fino a raggiungere quota 280. Ne rimarrebbero fuori un'ottantina a cui si devono però aggiungere i 400 di Calasse. Qui la situazione è più grave; gli impianti sono in pessime condizioni, il mercato è stato perduto: una ripresa produttiva si fa sempre più problematica. Le intenzioni della Gepi sarebbero — secondo fonti sindacali — di acquistare il terreno, abbattere il vecchio stabilimento e costruire tre capannoni da cedere ad altrettanti imprenditori privati consociati. Uno produrrebbe velluto (esattamente come nella fabbrica di Noie), l'altro «gommini» per guarnizioni, il terzo è ancora sconosciuto. «Per compiere tutta questa operazione occorre circa un anno», dicono i sindacati. «Nel frattempo le maestranze sarebbero in cassa integrazione: altro mercato perduto e altro denaro pubblico sperperato. Si ritenta, in scala minore, la manovra che si era cercato per far passare la Montefibre: quella delle 35 botteghe. La stessa cosa sta accadendo anche per la Remmert, altra azienda "salvata" dalla Gepi». Giorgio Destefanis Operaie dello stabilimento Vallesusa di Rivarolo durante un'assemblea

Persone citate: Giorgio Destefanis, Lanza, Magnoni, Remmert, Singer

Luoghi citati: Lanzo, Roma