L'industria del rapimento ha un cervello: Cosa Nostra di Mario Bariona

L'industria del rapimento ha un cervello: Cosa Nostra Potenti protezioni per la lucrosa attività L'industria del rapimento ha un cervello: Cosa Nostra Non è la «'ndrangheta», che gestisce l'Anonima sequestri del Nord perché anche la «'ndrangheta», deve render conto ad un'organizzazione più potente, essendo in posizione subordinata rispetto alla «mafia». Al vertice ci sono infatti i siciliani spalleggiati da uomini politici, senza scrupoli, che garantiscono protezioni e favori. E più sopra ancora c'è l'internazionale di «Cosa Nostra» che attraverso Svizzera e Liechtenstein ha messo a punto la rete del «riciclaggio» del denaro sporco servendosi anche di attività collaterali come il contrabbando. E' stato nel 1960, che la mafia siciliana con l'woperazione Buscetta» ha passato la mano ai calabresi per quanto riguardava alcuni traffici illeciti come il contrabbando di sigarette e di droga. Sono trascorsi 15 anni e il «clan calabrese» ha messo radici salde e si è ingigantito. Ha provato anche a scuotersi di dosso i siciliani, senza riuscirci ma ha ottenuto in cambio dai boss siciliani via libera anche per i sequestri. I cugini Greco Fino all'anno scorso il supervisore dei rapimenti nel Nord sarebbe stato Luciano Liggio. Ma anche sopra di lui c'erano altre persone. Sotto, i calabresi e tante piccole bande. In un'intervista rilasciata in settembre al settimanale «Tempo», il senatore Zuccaia, commissario dell'Antimafia dichiarava: «Penso che si tratti di due siciliani. I terribili cugini Greco». Il loro «clan» è una dinastia della mafia che comincia con la tradizionale «protezione» del feudo per arrivare al gangsterismo dì stampo americano, attraverso il contrabbando del tabacco, della droga, delle speculazioni edilizie. Sono cambiati a questo punto i vecchi metodi di lotta e si sono caratterizzati per violenza, corruzione, affarismo inserendosi nel giro della grande criminalità internazionale. Il patriarca è «Piddu U' Tinenti» di SI anni che coordinava, fino a qualche anno fa e forse ancora, l'attività dei membri più influenti del «clan», tra i quali i maggiori sono appunto i cugini omonimi Salvatore Greco, detti «Ciaschiteddu» e e «l'Ingegnere». Dopo otto anni di ostilità, tra vendette ed omicidi, le varie ramificazioni del «clan» si sono riappacificate alla fine del 1947 sotto l'ombra di «Piddu» capo incontrastato della «mafia di Ciaculli». Il patriarca dei Greco allora entra «nella schiera dei clienti eletti del Banco di Sicilia e della Cassa di Risparmio di Palermo e più volte è notato su autovetture della Cassa di Risparmio, che dalla propria abitazione lo portavano negli "uffici" della Banca » si legge in uno dei tanti rapporti dei carabinieri. I cugini « Ciaschiteddu » e « l'Ingegnere » sono entrambi latitanti dopo le condanne del 1968, corte d'assise di Catanzaro, a 10 ed a 4 anni di recto sione, per associazione a delinquere. Tutti i Greco colpiti da mandato di cattura sono scomparsi da oltre undici anni. A Palermo è stata fatta circolare la voce che siano morti in regolamenti di conti. Ma si tratta di voci false che sono state fatte circolare ad arte, per sviare le ricerche. Von. Zuccaia dice ancora: «Ci sono decine di prove che sono vivi. Sono vivi furbi e sembrano inafferrabili. Sono state segnalate tracce del loro passaggio a Gibilterra ed a Milano». La struttura dell'organizzazione. Al vertice ci sono i siciliani che consentono larga libertà di manovra al clan calabrese. Essi mantengono però quasi completamente il monopolio del riciclaggio delle grosse somme. E' per questo che la manovalanza che viene colta in flagrante ha poco nelle mani. Dopo il vertice ci sono le «zone cuscinetto», ognuna form-ta da due strati. Nel primo trovano collocazione e copertura anche incensurati e «persone al di sopra di ogni sospetto». Nel secondo ci sono quasi sempre soltanto i «boss», cioè i «capicosca» (compresi quelli della 'ndrangheta»;. I "manovali" La «manovalanza» viene assunta in gran numero, ma parte cade nelle mani della polizia. Per i mandanti e gli organizzatori ciò invece avviene molto più di rado. Di fronte al rischio in aumento, per la «manovalanza» è stato necessario pagarla meglio e gli organizzatori a loro volta hanno alzato i livelli delle somme richieste per i riscatti. Non esiste una sola «Anonima sequestri» (come si era creduto per molto tempo) ma parecchie: in Sardegna, ma questa sarebbe atipica, in Sicilia e nella Calabria meridionale, con ramificazioni a Roma e al Nord. Occorre anche distinguere tra i sequestri a puro scopo di lucro e quelli che hanno risvolti politici. Con l'arresto di Luciano Liggio infatti sono emerse le coperture alle quali si affidava, per cui poteva abitare indisturbato di fronte ad una caserma dei carabinieri ed avere legami con gli ambienti dell'alta finanza italiana e statunitense. Il giudice Violante, di Torino, aveva raccolto pesanti indizi su una riunione tenuta a Trezzano tra mafiosi e fascisti; e secondo un rapporto pervenuto al giudice Arcai di Brescia, per sequestrare Aldo Cannavate, le Sam-Fumagalli si sarebbero servite di uomini della mafia a cui toccò il 50 per cento del riscatto. E' probabile che chi ha protetto Fumagalli abbia protetto anche Luciano Liggio. Il «padrino» è stato il primo a utilizzare massicciamente manovali e cottimisti, come killer ed esecutori di ordine, trapiantando a Nord un'impresa appena sperimentata in Sicilia ed estranea ai tradizionali metodi mafiosi, prima tesi a passare inosservati: i sequestri. La prima vìttima in Settentrione è stata Pietro Torielli di 36 anni, poi il ritmo è diventato frenetico: 40 rapimenti nel 1974, 24 nei primi quattro mesi del 1975. «Il meccanismo — commenta amaramente il giudice Caizzi di Milano — è talmente rodato che lo stesso arresto di Liggio ha procurato soltanto una pausa di cinque mesi. Ormai quella del sequestro era diventata una industria efficientissima». Mario Bariona