Figlio ventenne di un industriale rapito di notte: rincasava in auto di Giorgio Bidone

Figlio ventenne di un industriale rapito di notte: rincasava in auto Sequestro a Genova del secondogenito di un noto zuccheriero Figlio ventenne di un industriale rapito di notte: rincasava in auto Il giovane, Giovanni Schiaffino, aveva trascorso la serata con la fidanzata sedicenne - La sua "A 112" bloccata nella zona di Sturla da un'Alfa (pare targata Torino) -1 banditi erano tre o quattro - Nessuna richiesta (Dal nostro corrispondente) Genova, 23 novembre. Giovanni Schiaffino, vent'anni, figlio secondogenito dell'ingegner Federico, presidente della società «Zuccherifici di Sermide», è stato rapito questa notte, poco dopo le 2, mentre rientrava nella villa di Sturla, dove abita con la famiglia. Da pochi minuti il giovane aveva accompagnato a casa la giovanissima fidanzata, Giovanna Casaretto, di 16 anni, che abita in un elegante condominio di Circonvallazione a monte. H rapimento è stato compiuto in via Crocco, una stretta strada a senso unico che scende verso il centro della città, dove l'auto del giovane è stata bloccata da quella dei rapitori che, dopo averlo aggredito, lo hanno caricato sulla loro vettura e sono partiti a tutta velocità. Le indagini di polizia e carabinieri, coordinate dal sostituto procuratore dottor Nicola Marvulli, e avviate pochi minuti dopo il fatto, non hanno dato alcun esito, per il momento, né i rapitori si sono ancora fatti vivi con la famiglia per il riscatto. Sul fatto che si tratti di un rapimento a scopo di estorsione nessuno degli inquirenti nutre il minimo dubbio: il padre di Giovanni Schiaffino è uno degli imprenditori più noti di Genova, anche se, al pari di molti altri industriali genovesi, il suo nome non compare mai nelle cronache mondane dei giornali, ma piuttosto nelle pagine economiche. La «Zuccherifici di Sermide», di cui oltre che presidente è anche uno dei maggiori azionisti, è una società solida, quotata in Borsa, che recentemente ha abbandonato il tradizionale lavoro nel campo saccarifero (i due stabilimenti di Livorno e Grosseto sono stati trasformati da raffinerie in depositi) per diversificare la sua attività, diventando una «holding» finanziaria con interessi in campo immobiliare e armatoriale, e recentemente ha acquistato alcune navi. La sede della società, di cui è amministratore delegato l'ex sindaco di Rapallo, ingegner Rinaldo Turpini, è in via Polleri 3, nel centro di Genova. La famiglia Schiaffino, invece, abita a Sturla, un quartiere residenziale nella zona di Levante, in una villa settecentesca a due piani, contornata da un vasto parco. Tutti elementi che i rapitori dovevano conoscere a perfezione, così come perfettamente conoscevano le abitudini di Giovanni Schiaffino. Il giovane, che ha compiuto gli studi al liceo «Arecco», tenuto dai gesuiti, è iscritto al primo anno d'università, facoltà di Lingue. Da circa un anno ha stretto un'affettuosa amicizia con Giovanna Casaretto, una ragazza che abita in via Delpino 35. Un'amicizia, secondo molti, destinata a tramutarsi in fidanzamento, e che comunque vedeva molto spesso insieme i due giovani. Giovanni Schiaffino e Gio vanna Casaretto uscivano assieme tutti i sabati, andavano a cena in qualche ristorante alla moda, poi, immancabilmente, al cinema. Una vita metodica, regolare, quasi monotona, che non è sfuggita ai rapitori. E' stato così anche ieri sera. Dopo aver cenato al «Saint Cyr», un elegante locale in piazza Marsala, insieme con l'avvocato Mauro Greco, patrigno della ragazza, i due giovani sono andati al cinema «Augustus», all'ultimo spettacolo. All'uscita, un «drink» in un locale, poi Giovanni Schiaffino ha accompagnato la ragazza a casa. Per raggiungere via Delpino occorre fare una tortuosa strada a senso unico che, da Circonvallazione a Monte, sale verso il Righi. Un ultimo saluto davanti casa, poi, mentre Giovanna Casaretto entrava nel portone, il giovane è risalito in macchina per tornare in centro e di qui a Sturla. Era a bordo della sua «A 112» color rosso aragosta, targata GE 586065, e da via Delpino ha imboccato nuovamente via Crocco, questa volta in discesa, per raggiungere Salita S. Maria della Sanità e quindi corso Magenta. Un itinerario obbligato, per i sensi unici della zona. In una curva a gomito di via Crocco, all'altezza del civico n. 3, il rapimento. La «A 112» è stata bloccata da una macchina di grossa cilindrata, le due vetture si sono scontrate. Il rumore ha fatto affacciare alle finestre alcune persone che ancora erano sveglie, anche perché subito dopo lo scontro si sono udite voci concitate, come di gente che litigasse per motivi di viabilità. Uno dei testimoni è stato Arturo Pasteur, di 43 anni, cugino dello Schiaffino, che dalla finestra del suo alloggio ha visto alcune persone aggredire il parente. Il figlio dell'industriale deve aver cercato di chiudere le portiere dall'interno, per sfuggire ai rapitori, ma questi hanno infranto il vetro della portiera dalla sua parte, lo hanno trascinato fuori dall'auto e caricato su una macchina di grossa cilindrata, pare un'«Alfa Romeo», targata Torino, che si è allontanata velocemente. Una questione di pochi secondi, punteggiata di grida. «Aiuto, aiuto, fermi, fermi», ha urlato il giovane. «Presto, sali in macchina», hanno ripetuto due volte i banditi. Le testimonianze, a questo punto, sono confuse, la vista delle persone che si erano affacciate alle finestre era notevolmente impedita da un grosso albero. Sul numero dei rapitori (due, tre o forse anche quattro), e sul tipo di macchina usata, quindi, le notizie in possesso degli inquirenti sono imprecise. Di sicuro si trattava di un'auto di color blu, come è stato rivelato dalla vernice rimasta sulla «A 112» dello Schiaffino, che è partita a tutta velocità. Arturo Pasteur ha dato l'allarme al «113», poi è sceso in strada, ha riconosciuto la vettura del cugino. Mentre scattavano le indagini e venivano istituiti posti di blocco su tutte le strade, sono stati cercati i genitori del rapito. Federico Schiaffino, con la moglie Nini Rusca e gli altri figli (Claudio di 25 anni, Alberta di 16 e Maria di 9), si trovava a Rapallo, al «Club del golf». E' tornato subito a casa ed è stato interrogato dalla polizia, ma non ha potuto dire molto. Anche Giovanna Casaretto, che in mattinata è stata udita dal giudice Marvulli, dal capo della «mobile» vice questore j Nicoliello e dal colonnello Fusco, comandante del nucleo investigativo dei carabinieri, non è stata in grado di fornire molti particolari. I due giovani non si erano mai accorti di essere seguiti, non avevano alcun timore di rapimenti. Le indagini, quindi, per il momento non hanno fatto passi avanti: ancora non è stata trovata la macchina usata per il rapimento, i posti di blocco non hanno dato risultato. Nel tardo pomeriggio, in questura, c'è stato un vertice degli inquirenti per approntare un piano d'azione. Le forze dell'ordine, comunque, faranno tutto quello che è nelle loro possibilità per dare la caccia ai rapitori, naturalmente senza mettere in pericolo l'incolumità del giovane, ma non si fermeranno. La famiglia Schiaffino, dal canto suo, ha incaricato l'avvocato Grego di tenere i contatti quando i banditi si faranno vivi. «Al momento opportuno — ha detto il legale — chiederemo il silenzio stampa». Una strada che, per parte loro, i genitori di Giovanni Schiaffino hanno già scelto fin da questa notte: quando stamane i giornalisti s; sono presentati alla loro villa, hanno trovato il portone chiuso. Un'amica della famiglia si è affacciata un attimo per invitare, cortesemente, i giornalisti ad andarsene: «Non potete fare niente per noi», ha detto. Più o meno le stesse parole dei familiari degli altri genovesi vittime di rapimento a scopo di estorsione: Gianfranco Gadolla, sequestrato dalla banda «22 ottobre» e liberato dietro pagamento di un riscatto di 200 milioni, e Milena Sutter, tragicamente uccisa. Giorgio Bidone Genova. Giovanni Schiaffino