L'eredità impossibile

L'eredità impossibile GIOVANNI CONSO L'eredità impossibile L'ignoranza è spesso una cattiva consigliera. Ecco perché studio, cultura, informazione sono beni da elargire senza limiti. Molti delitti non accadrebbero, o almeno incontrerebbero maggiori remore, se ci fosse una più esatta conoscenza delle situazioni. Per combattere il male non si può far leva soltanto sui buoni sentimenti (chi li ha cattivi non si lascia certo influenzare facilmente), ma bisogna appellarsi anche all'intelligenza dell'uomo intesa come sapere. Specialmente il diritto, se meglio conosciuto, è in grado di esplicare un'importante funzione educativa. Prendiamo la tragedia di Vercelli, tanto orrenda da sfiorare l'assurdo. Se fosse esatta l'ipotesi che al momento appare la più probabile sul piano del movente, cioè l'intento di ereditare le sostanze familiari, dovremmo concludere che nella vicenda la stoltezza è stata pari alla crudeltà. Uccidere per fini patrimoniali costituisce sempre un'aberrazione, anche se la giurisprudenza penale tende ad escludere la circostanza aggravante dell'aver agito per motivi abbietti o futili quando l'omicidio sia stato commesso a scopo di lucro. Ma uccidere per ereditare è, nel medesimo tempo, cosa aberrante e stolta. Anche se forse, tecnici a parte, sono pochi quelli che lo sanno, il nostro codice civile contiene una norma che esclude dalla successione per causa di morte chi « ha volontariamente ucciso o tentato ili uccidere la persona della cui successione si tratta, o il coniuge, o un discendente, o un ascendente della medesima, purché non ricorra alcuna delie cause che escludono la punibilità ai sensi della legge penale », quali la legittima difesa o lo stato di necessità. Si tratta di una regola che vanta origini antiche, tramandata dalla storia e diffusa nel mondo per ragioni di evidente moralità. Il nome usato per definire l'istituto in questione non potrebbe rivelarsi più significativo: il codice parla di « indegnità » e, quindi, di persona « indegna » di succedere. Ne viene cosi sottolineato con chiarezza il carattere di sanzione ad un tempo giuridica ed etica. Se si considera che l'omicidio di un ascendente, soggetto nei cui confronti si profilano normalmente gli estremi di una successione legittima o testamentaria, è punito con l'ergastolo e che quest'ultima pena comporta di per sé l'interdizione legale, con la conseguente impossibilità di disporre dei propri beni, la conclusione da trarre diventa molto semplice: la sanzione civile della indegnità di succedere nei beni del parente ucciso completa veramente, in modo da non lasciare scoperto il benché minimo margine, l'operazione di inesorabile chiusura creata dal legislatore italiano attorno a chi si macchia del delitto di parricidio o di matricidio. Qualcuno obietterà che, se a fermare la mano omicida non basta il rischio dell'ergastolo, a maggior ragione non basterà la minaccia dell'esclusione dalla successione: in definitiva, è sempre la speranza dell'impunità la miglior alleata del crimine. Si tratterebbe però di un discorso troppo affrettato, dimentico di qualche opportuna distinzione. Facciamo il caso di chi uccida per gelosia o per vendetta: sia che l'omicida venga scoperto sia che resti ignoto, il suo pur bieco fine rimane comunque raggiunto. Invece, chi uccide per ereditare, una volta che sia stato scoperto vede sfumare ineluttabilmente l'obiettivo che l'ha spinto al crimine. Perfino nell'eventualità che all'ergastolo subentrasse una pena temporanea, l'indegnità di succedere non consentirebbe all'omicida di fruire dei beni così diabolicamente perseguiti. Anche se nulla è più imperscrutabile dei misteri dell'animo umano, nasce il dubbio che, conoscendo l'esistenza di una norma tanto drastica, il piano di eliminare un proprio congiunto per averne subito l'eredità potrebbe venire accantonato nell'atto stesso dell'affacciarsi alla mente. Non è forse vero che i traguardi impossibili sono quelli su cui più facilmente mettiamo una pietra sopra? Sapere che sono impossibili aiuta a vincere la tentazione del male. Giovanni Conso

Persone citate: Giovanni Conso

Luoghi citati: Vercelli