Hassan e l'esercito civile alle " porte" del Sahara di Francesco Rosso

Hassan e l'esercito civile alle " porte" del Sahara Mentre si aggrava la tensione con la Spagna Hassan e l'esercito civile alle " porte" del Sahara (Dal nostro inviato speciale) Marrakech. 2 novembre. Con ostentata solennità re Hassan II, la sua corte, i ministri, generali, ammiragli e funzionari, seguiti dal folto manipolo di giornalisti che bivaccano qui da 13 giorni a questuar notizie e stendere note folcloristiche, sono arrivati ad Agadir, forse la penultima tappa prima del balzo oltre la frontiera sahariana. Marrakech appare come svuotata, stordita; così alta febbre politica, tante auguste presenze, il transito di migliaia e migliaia di « legionari verdi » diretti all'estremo Sud avevano alterato il suo volto di città quasi medioevale con apparecchiature elettroniche, paradiso di turisti d'ogni tacca sociale e morale. Godiamo per alcune ore del ritrovato spirito arabo della città, mischiati alle gellabe dei marocchini c ai blue-jeans dei capelloni europei che circolano con sguardi assorti, forse inebetiti dall'hashish o soltanto dalla stanchezza. Viene voglia di dimenticare la marcia verde, i suoi 350 mila protagonisti, il Sahara spagnolo con i suoi fosfati e tutte le complicazioni che potrebbero esplodere domani, o dopodomani. Capisco perché tanta gente, arrivando a Marrakech, finisce per mettere radice; persino quel gigante dell'attivismo che fu Winston Churchill, quando veniva a Marrakech e s'inoltrava nei fiabeschi giardini dell'hotel «La Mamunia » diceva di non volersi più muovere. Eppure bisogna marciare, seguire i verdi legionari marocchini. Dicevo che il re, la corte e tutti gli alti dignitari hanno lasciato Marrakech con ostentata solennità, ed il motivo c'è; Hassan II ha voluto con ciò significare che la sua determinazione ad invadere il Sahara, sia pure pacificamente, rimane immutata. Kurt Waldheim consegna al Consiglio di sicurezza dell'Orni un rapporto allarmante, affermando che la situazione del Sahara è grave; la Spagna insiste perché il Consiglio di sicurezza esprima con urgenza il parere che gli ha richiesto mesi addietro; l'Algeria minaccia di scatenare la guerra se i marocchini entrano nel Sahara tuttora spagnolo; la Spagna concentra con urgenza ad El Aiun, dove stamane è giunto improvvisamente in volo il capo provvisorio dello Stato, principe Juan Carlos di Borbone, i 25 mila civili spagnoli, rinforzando le linee aeree e marittime per trasportarli tutti a Las Palmas, nelle Canarie, prima che le avanguardie marocchine si affaccino oltre la frontiera. E re Hassan continua a fare le grandi manovre della conquista, incurante di tutto, anche dell'irreparabile, come una guerra contro il fronte Polisario, che sarebbe come entrare in guerra con l'Algeria . Il pericolo di scontri sanguinosi esiste, quasi lo si palpa, tanto è corposo. Nessuno di noi è andato a Tinduf, nell'estremo Sud algerino, al confine col Marocco, ma sono moltissimi ad affermare che in quella zona, ricca di minerali di ferro, che l'Algeria strappò al Marocco nel 1963 dopo una guerra subito fermata da intermediari arabi, ci sia un cospicuo concentramento di truppe algerine. Non è mistero per nessuno che Tinduf è considerata zona militare e vietatissima agli estranei. La minaccia ai «legionari verdi» potrebbe venire dalle truppe ammassate a Tinduf? Non è da escludere, ed Hassan II lo ammette indirettamente. Tredici giorni or sono, quando abbassò la bandierina per dare il via alla lunga maratona verso il Sahara, egli dichiarò che i marocchini non avrebbero reagito se gli spagnoli avessero sparato, ma avrebbero risposto adeguatamente ad attacchi che venissero da altri. E questi altri non possono essere che gli algerini. L'Algeria, per ora almeno, dice di non avere mire territoriali sul Sahara spagnolo, e forse è vero; le basterebbe controllarlo attraverso il fronte Polisario da lei creato, come il Marocco ha creato il Più (Pronte di liberazione unitaria) e la Spagna ha creato il Puns (Partito unione nazionale del Sahara). Ma il traguardo immediato per l'Algeria, quello a cui tende con ogni mezzo, è di screditare re Hassan II presso i suoi sudditi, impedendogli di avanzare oltre il confine sahariano. Che cosa farebbe il re marocchino se fosse costretto a dire ai suoi marciatori verdi «Abbiamo fatto una lunga, bella scampagnata nel deserto, ma ora tornate a casa? Fosfati e porti attrezzati sull'Atlantico sono molto importanti, ma anche l'insidiosa guerriglia contro la monarchia aluita ha il suo peso. Detronizzato re Hassan II, il Marocco si trasformerebbe quasi automaticamente in una repubblica diciamo progressista, ed il più del gioco sarebbe fatto. Una bella alleanza Marocco-Algeria di repubbliche popolari farebbe saltare, entro poco tempo, anche la repubblica tunisina del presidente Burghiba, ed il Magreb, cioè la grande alleanza dei paesi arabi occidentali, da sempre predicato, diverrebbe in realtà una grossa repubblica di stampo algerino, con probabilissimi agganci alla Libia del presidente Gheddafi. Un vastissimo gioco d'influenze confluisce quindi sul Sahara e chi riesce a prevalere può affermare di aver riportato una vittoria importante. L'Algeria lo sa, e per questo s'impegna fino allo spasimo per impedire l'avanzata marocchina nel deserto tuttora spagnolo. Ma lo sa anche Hassan II, il quale riconferma ad ogni istante l'irrevocabile decisione di andare avanti, anche a costo di una guerra. Anzi, sempre stando alle voci, avrebbe già dato ordine di marciare sul Sahara mercoledì 5 novembre. Francesco Rosso

Persone citate: Burghiba, Gheddafi, Juan Carlos, Kurt Waldheim, Spagna Hassan, Winston Churchill