NUOVI DOCUMENTI SULLE VICENDE DI TRENTANNI FA

NUOVI DOCUMENTI SULLE VICENDE DI TRENTANNI FA NUOVI DOCUMENTI SULLE VICENDE DI TRENTANNI FA E la Val d Aosta restò all'Italia Un'importante indagine storica induce a rivedere molti giudizi sulle origini e gli sviluppi dell'intervento militare francese nel 1945 e sulle cause che concorsero al suo fallimento - Le Forze Armate erano poco convinte delle spinte separatiste nella regione - Ma soprattutto vi fu una serie di errori Nel coro delle voci che si sono levate durante questo ultimo anno a celebrare il trentennale della Liberazione, nessuna, ch'io sappia, s'è alzata a ricordare i gravi avvenimenti che sconvolsero una regione a noi pur assai vicina — la Valle d'Aosta — in quei giorni che furon d'ingenua letizia per la maggior parte degli Italiani. Vero è che quegli avvenimenti sono stati narrati molte volte, e che, per una ragione o per l'altra, il riesumarli in quest'occasione sarebbe potuto apparir inopportuno, dato che quelle stesse narrazioni sono ancora in parte lacunose, quando non addirittura turbate da uno spirito di parte che, a trent'anni di distanza, non sembra ancora del tutto sopito. Sta di fatto che di quegli avvenimenti conoscevamo sinora soltanto quella che potremmo chiamare la versione, o forse sarebbe più esatto dire il « versante » italiano, grazie in parte al racconto di persone che vi parteciparono, in parte alla pubblicazione di documenti ufficiali italiani e anglo-americani. Mancava invece quasi interamente una mappa dell'altro versante, la documentazione francese, indispensabile per valutare con esattezza non soltanto le mosse, ma le direttive dei nostri vicini nel valicare le Alpi e nello svolgere un'intensa attività non soltanto militare ma politica nella nostra regione. A colmare questa lacuna provvede ora un libro di straordinario interesse, pubblicato a cura della « Società di storia alpina » di Grenoble, e uscito proprio nei giorni della ricorrenza trentennale della crisi valdostana. Il libro s'intitola La France et la question vaidótaine au cours et à l'issue de la Seconde guerre mondiale. Ne è autore il professor Marc Lengereau, attento studioso di problemi etnici e linguistici e profondo conoscitore della realtà valdostana, già da lui esaminata e descritta in varie altre pubblicazioni. Il libro consta di due parti: la prima espositiva e riassuntiva delle conclusioni dell'autore, la seconda costituita da una raccolta di testi (documenti civili e militari, brani dì scritti rilevanti, testimonianze di protagonisti) che gettano una luce del tutto nuova sulle vicende di quei mesi cruciali in cui si deciserp le sorti della nostra valle. E se anche talune fra le conclusioni o « tesi » che il Lengereau mette innanzi con molta franchezza posson apparire non dei tutto convincenti o per lo meno esaurienti, è doveroso riconoscere la grande obiettività colla quale l'autore ci presenta la sua fruttuosa raccolta, ed ogni riserva vien meno di nanzi ai meriti incomparabili di questa documentazione, veramente sorprendente ove si consideri che nessuna delle raccolte ufficiali francesi fu aperta al ricercatore. Poiché non è evidentemente possibile, nel breve spazio di un articolo, elencare e discutere i molteplici punti in cui la ricerca del Lengereau arricchisce la nostra conoscenza degli avvenimenti del '45, mi limiterò a segnalare soltanto quelli in cui tale nostra conoscenza si dimostra essere stata sino j ad oggi inadeguata. Un primo punto riguarda l'origine di quegli avvenimenti, il problema cioè di accertare da dove sia realmente partita l'iniziativa per l'intervento francese in Val d'Aosta. Nel- \ le sue Memorie, De Gaulle narra di aver avvertito nell'ottobre del '43 il conte Sforza che la Francia non si sarebbe potuta disinteressare di un paese « mentalmente francese » come la Valle d'Aosta; ma non era chiaro sino ad ora se questo interesse fosse soltanto il frutto della ben nota megalomania del Generale, oppure di una precisa richiesta di valdostani. Uno dei primi documenti pubblicati da Lengereau reca un contributo decisivo alla soluzione del problema. Da esso risulta infatti che sin dal settembre di quell'unno, all'indomani dell'armistizio, precise informazioni erano giunte in Francia circa l'esistenza « di un complotto... avente per oggetto la secessione della Valle d'Aosta e la sua riunione alla Francia ». La notizia, recata da chi apertamente si presentava come uno dei capì del complotto, sembra non lasciar dubbi sulla priorità dell'iniziativa valdostana. Dalla Savoia A questa prima presa di contatto francese coi separatisti altre ne dovettero certamente seguire durante l'inverno e la primavera del '44, dì cui Lengereau non è tuttavia riuscito a raccoglier le prove. A schierarsi entusiasticamente al loro fianco risulta peraltro essere stato il Comitato dì liberazione della Savoia, fornendo al¬ l'uopo anche aiuti materiali e, a liberazione del territorio francese avvenuta, prendendo pubblicamente posizione a favore dell'annessione ed esercitando forti pressioni sui governo di Parigi in tal senso. Egualmente in Savoia e in quell'autunno risulta installata, in prossimità di Annecy, la Mission Mont Blanc, filiazione dei Servizi segreti della D.G.E.R. (Direction Generale des Etudes et RecherchesA a sua volta alla dipendenza diretta della Presidenza del governo provvisorio. Compito della Missione, di cui era capo certo docteur Voisin e che appare dotata di larghe disponibilità finanziarie, era quello di mantenere e allargare i contatti con i separatisti e promuovere con ogni mezzo il « rattachement du Val d'Aoste à la France ». Interamente all'oscuro di tali propositi e di tali maneggi risultano invece essere stati tenuti il ministero degli Esteri (conferma di Bidault: « Tutto è stato una faccenda di servizi segreti, e non ne ho saputo assolutamente nulla » — prima del maggio '45) e, cosa ancor più sorprendente, i Comandi militari. Sulla base di simili reperti è chiaro che vanno riveduti molti giudizi sinora correnti sulle origini e gli sviluppi della crisi valdostana. Soprattutto appare in una luce assai diversa il comportamento delle Forze armate francesi, le quali, anziché invasate da uno spirito pur comprensibile di revanche, si rivelano ora piuttosto come moderatrici, e certamente dubìtose delle assicurazioni dei separatisti circa l'entità del loro movimento in Valle. Tenuto all'oscuro dei veri propositi di Parigi e privo di qualsiasi istruzione al riguardo, il comandante militare delle due Savoie, tenente colonnello De Galbert, decideva nella prima quindicina di settembre di inviare in Val d'Aosta un manipolo di una decina di uomini al comando di due ufficiali, coll'incarico di «informarsi con discrezione ma con completezza e senza partito preso circa la realtà e l'importanza del movimento valdostano segnalato in precedenza». Il capitano Fosso, nel rapporto indirizzato al suo comandante al ritorno dalla missione, confermava sostanzialmente l'opinione che questi si era già formato durante vari suoi precedenti soggiorni in Val d'Aosta circa i veri sentimenti della popolazione, e concludeva consigliando « di agire con una certa prudenza e di non farsi illusioni circa l'entusiasmo francofilo e lo zelo annessionistico degli estremisti ». La conoscenza di documenti come questi, che basterebbe da sola a farci misurare l'importanza del libro che abbiamo fra le mani, ci porta logicamente ad affrontare un secondo problema, anch'esso rimasto sinora insoluto: quello dell'esistenza o meno di un « piano francese » per l'annessione della Valle. La tesi di Lengereau è che « non ci fu mai, da parte francese, una dottrina globale né un piano coerente... al riguardo della Valle d'Aosta »: ma taluni dati che egli stesso fornisce non possono a meno di suscitar qualche dubbio. Un piano almeno ci fu, quello della D.G.E.R., e la sua consistenza risulta confermata non soltanto da un particolareggiato bilancio delle operazioni da essa compiute durante il mese e mezzo di occupazione francese, ma dalle precise indicazioni fornite durante una recente intervista da uno dei suoi membri più attivi. Secondo tali precisazioni gli obiettivi sarebbero stati questi: 1), liberare al più presto la Valle d'Aosta; 2), evitare l'arrivo in Valle degli Anglo-Americani; 3), installare ad Aosta un governo locale pro-francese; 4), organizzare un plebiscito. Sono note, per essere state già narrate a suo tempo da parte italiana e alleata, le ragioni che condussero al fallimento di ognuno di questi obiettivi. Ma non erano note sinora varie altre cause che concorsero a tale fallimento, o si potrebbe forse dire una serie di errori compiuti da parte francese sui quali la documentazione di Lengereau appare assolutamente rivelatrice. Un primo errore fu certamente quello di sottovalutare la forza del sentimento italiano tuttora esistente in Valle, e di non aver previsto che un certo numero di Valdostani sarebbero stati disposti a correr qualche rischio per dimostrarlo. Già s'è visto come sin dall'estate '44 da parte dei militari si fosse messo in guardia contro le illusioni destate dai protagonisti dell'annessione alla Francia. Ai primissimi del maggio seguente, quando le truppe francesi penetrarono in Valle, il comandante De Galbert, ricordando di aver sin dall'anno precedente ammonito che l'annessionismo poteva forse esser soltanto « un fuoco di paglia », riferiva ai suoi superiori di aver trovato conferma in loco che tale movimento era in realtà « meno forte di quanto taluni mostrano di credere». E una ventina di giorni più tardi, quando in conseguenza dell'intensa propaganda il fuoco di paglia sembrava sul punto di diventar un incendio, pur riconoscendo che ormai « l'onore della Francia (era) impegnato nell'impresa, e che non rimaneva altra scelta se non quella di mandarla a buon fine », ribadiva di esser tuttavia ancor sempre convinto che l'annessione fosse contraria al vero interesse così dei Valdostani come del suo Paese. Un netto dissenso sulla questione di fondo sembra dunque aver diviso i responsabili dell'azione militare dagli agenti dei servizi segreti: ma è difficile giudicare se fu quel dissenso a pro¬ durre una mancanza di coordinamento fra gli uni e gli altri, o se fu invece l'iniziale mancanza di coordinamento a render inevitabile il dissenso. Non par dubbio tuttavia che si possa proprio qui ravvisare una ulteriore ragione dell'insuccesso francese, un secondo « errore », certo non decisivo, ma tale però da costituire un intralcio all'attuazione di quel fantomatico piano di cui s'è discorso. Su tale mancanza di coordinamento, che giunse talora a un vero e proprio conflitto, i documenti pubblicati da Lengereau recano una testimonianza eloquente. Ed in particolare, circa l'attività degli agenti civili francesi e in generale della D.G.E.R., è di palpitante interesse la lettura del lunghissimo (e presumibilmente riservatissimo!) rapporto del capo della Mission Mont Blanc al colonnello Servais, personaggio assai vicino a De Gaulle e che Lengereau ritiene abbia avuto una parte direttiva in tutta Z'affaire valdostana. Tale rapporto è datato 16 giugno 1945 — otto giorni prima della forzata evacuazione delle truppe francesi dalla Valle. Il "caso" gollista Per quanto non a torto vi si vanti l'indubbio successo dell'azione svolta nel divulgare in larghi strati della popolazione soprattutto rurale l'idea del rattachement alla Francia e nel predisporre l'organizzazione necessaria per effettuarlo, il bilancio appare in fondo piuttosto' negativo. Vi si constata difatti l'inutilità di gran parte del lavoro compiuto in conseguenza della « navrante obligation matérielle» di cedere all'imposizione anglo-americana, e vi si denuncia inoltre con parole roventi « la carenza o la pavidità dei ceti colti della città di Aosta », la paura di esporsi e di compromettersi o addirittura il doppio gioco di certi notabili che in periodo clandestino si erano professati favorevoli all'annessione. E' un giudizio amaro, che, con maggior discrezione, il Voisin ripeterà pubblicamente in un articolo su un giornale della Savoia due anni più tardi, dove attribuisce la colpa dello smacco un po' a tutti, ma soprattutto ai diplomatici e ai militari. Torna così a emergere, dietro a quegli avvenimenti sconvolgenti, la figura del « generale » per antonomasia — il pensiero e l'azione di De Gaulle. Per Lengereau non fa dubbio che De Gaulle sarebbe stato « sensibilizzato» alla questione valdostana assai presto e che non l'avrebbe mai persa di mira dal principio sino alla fine. Ma non fa dubbio neppure (e i dati da lui raccolti lo confermano), che il Generale condusse tutta la sua politica indipendentemente dall'esercito, indipendentemente dal Quai d'Orsay, per il tramite della D.G.E.R. o più esattamente ancora per mezzo di alcuni uomini di sua fiducia. Il vero problema sarebbe dunque dì sapere perché De Gaulle abbia scelto dì svolgere la sua azione a quel modo, ed è piuttosto significativo che proprio su tale problema ritornino quasi tutte le personalità intervistate da Lengereau, ognuna offrendo una propria risposta. Quella che mi è parsa più pregnante è di un personaggio che ha voluto fosse conservato l'anonimato alla sua testimonianza, e che perciò Lengereau si. limita a indicare come X. « Un fatto è determinante nella faccenda valdostana: gli Affari Esteri non erano partecipi del golpe. Se il generale De Gaulle avesse veramente creduto che l'affaire fosse una cosa seria, vi avrebbe coinvolto il Quai d'Orsay. La questione valdostana è rimasta competenza dei servizi segreti. Per quali motivi? O perché non si poteva far diversamente, o perché è sempre possibile sconfessare quei servizi.... X vede in questa faccenda un preannunzio di quello che sarebbe successo in Indocina e in Algeria, dove, in un rapporto triangolare, all'esercito toccò il ruolo più ingrato. E vi vede anche un insegnamento sul modo in cui si fa talora effettivamente, o avrebbe potuto farsi, la storia ». A. Passerin d'Entrèves . ■