I rischi di un no di Mario Deaglio
I rischi di un no I rischi di un no (Segue dalla 1* pagina) lontà o meno di accettare le nuove regole del gioco. Vi sono buone speranze, anche se accompagnate da qualche perplessità, che si riesca a realizzare, sul finire degli Anni Settanta, quello che non è riuscito alla metà degli Anni Sessanta. L'Italia ù certo maturata in questi anni. Il Paese ha vissuto esperienze traumatiche e nel 1975, per la prima volta dalla fine della guerra, avrà una riduzione nel proprio prodotto nazionale. Gli equilibri elettorali e l'assetto della società sono profondamente mutati. Forse siamo ora in grado di accettare un meccanismo regolatorìo della nostra economia che si avvicina a quello francese, olandese e, per certi aspetti, anche a quello tedesco, e presuppone un costume politico e sociale più « europeo » che mediterraneo. Qualsiasi riconversione industriale porterà ad una sensibile spostamento del potere economico in Italia. Il ministro delle Finanze, Visentini, ha scritto che i provvedimenti affideranno agli istituti di credito notevoli compiti di valutazione tecnica. Si dovrebbe così rilanciare l'autonomia delle banche, spezzando la presa del complesso burocratico-bancario sull'economia del Paese, senza di che qualsiasi discorso di riconversione rimarrà lettera morta. Si dovrebbe altresì, nelle intenzioni del governo, dare più spazio e maggiori risorse finanziarie alle medie imprese, eliminando una sorta di « diritto di prelazione» che alcuni grandi gruppi pubblici o semipubblici sembrano vantare sui finanziamenti all'industria. Vi è il pericolo, però, che, come tante volte in passato, si instauri invece un meccanismo perverso che porti a risultati esattamente contrari a quelli previsti: che i soldi stanziati in nome dell'efficienza finiscano ancora una volta di finanziare la continuazione e l'estensione dell'inefficienza. Contro un simile pericolo gli accorgimenti legislativi non bastano, occorre un diverso atteggiamento del Paese. In questa fase delta discussione, un ruolo di primo piano spetta al sindacalo che, proprio in questi giorni, deve decidere tra una posizione nettamente negativa ed una più aperta, intesa a confrontarsi anziché scontrarsi con il governo. La decisione sindacale avrà molta importanza, anche perché non potrà non influenzare l'atteggiamento di numerosi partiti, primo fra tutti quello socialista e perché contribuirà a determinare il clima in cui in gennaio si affronteranno i colloqui per i rinnovi contrattuali. Se dovesse dire di no in blocco ai disegni di legge, il sindacato si assumerebbe certo una grave responsabilità. Forse mai come oggi esso ha un ruolo determinante da svolgere su una questione di politica economica generale. Mario Deaglio
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