I lettori discutono

I lettori discutono I lettori discutono L'ex operàio e i liberali Il sig. Pcte Kercher afferma che il Liberal Party inglese è di sinistra mentre il pli è di destra e che i liberali inglesi preferiscono collaborare con i repubblicani italiani; evidentemente il sig. Kercher non ha letto il libro del repubblicano Ugo La Malfa che confessa, amaramente essendone il responsabile, che la Caporetto dell'Economia italiana è iniziata con la nazionalizzazione elettrica che venne combattuta aspramente soltanto dai liberali che allora raccolsero trecentomila firme contro l'insensata nazionalizzazione, che in breve ha partorito il mostruoso carrozzone dell'Enel, triplicazione degli addetti, cinque operai per cambiare una lampada, un passivo pauroso, incolmabile. Poiché le differenze che dividono i laboristi. i liberali ed i conservatori sono minime si comprende perché l'Inghilterra al pari dell'Italia vada allegramente in rovina, se la libertà d'iniziativa imprenditoriale è considerata sinonimo di sfruttamento, se il capitalismo libero è. da sopprimese per far posto al capitalismo di Stato la decadenza prima e la rovina completa poi sono inevitabili, ma i sindacati che fanno se permettono lo sfruttamento? Croce diceva che i liberali veri non possono che essere di centro, possono di volta in volta essere innovatori o conservatori a seconda dei casi, i liberali devono essere pragmatisti ed antidogmatici. I fautori del collettivismo politico-economico nella loro lotta per conquistare il potere trovano sempre degli aiuti proprio nelle file di coloro che dovrebbero difendere la libera iniziativa perché l'avvento del collettivismo segnerebbe la loro fine come uomini liberi. Chi scrive e un ex operaio in pensione nullatenente che è liberale per libera scelta dopo anni di studio sul marxismo, il solidarismo cristiano di Murri ed il liberalismo di Croce ed Einaudi ed i borghesi liberali sono certamente una minoranza. Distinti saluti. Filippo Desiderio Gruppo, Biella Proiitto negativo Ho Ietto col consueto interesse l'articolo di fondo pubblicato il 18 corrente a firma del prof. Francesco Forte. Ne ho apprezzato la disamina della situazione economico-produttiva del 1975 espressa nei parametri comparativi, tuttavia vorrei esprimere qualche rilievo. 1) Il profitto negativo si chiama in termini « storici » « perdita » (usare il termine profitto negativo ha di per sé un contenuto distorsivo e mistificante). 2) Di certo il « profitto negativo » cessa di essere una molla. Sarebbe dunque esatto accusare « di scarso realismo . chi si ostina in tal caso a « sostenere » che il profitto sia la molla fondamentale dell'economia! Ma questo è un sofisma. 3) Come logica del sofisma l'articolo così continua: « Un'economia con profitti negativi è condannata a regredire, quindi i suoi occupati sono destinati (direi condannati) a regredire (disoccupati). Salvo si statalizzi tut to ». Il sofisma a questo punto è tanto evidente che l'autore si affretta a ricorrere all'esempio della inutilità della statalizzazione citando la Russia che a sessantanni dalla sua rivoluzione (come dimostrava l'articolo di J. F. Revel « Urss la catostrofe agricola » pubblicato ne La Stampa del giorno 17) è costretta ad importare annualmente 100 milioni di tonnellate di grano (pagandolo con oro estratto in Siberia non si sa bene da chi) in omaggio al dogma del collettivismo statalista che mette in galera i fautori (contadini in questo caso) dell'aumento della produttività tramite quella « molla dell'incentivo personale definita profitto » che il prof. Forte nega. Compito di uno Stato democratico interclassista è quello di guidare gli incentivi di ognuno correggendone le distorsioni egoistiche (speculazioni) con la leva fiscale e con chiare leggi. prof. dott. N. Mario Molta Sanremo Scuole materne a Torino e Cisl L'assessore all'Istruzione del comune di Torino, prof. Dolino, su « La Slampa » del 21 dicembre (rubrica: « I lettori discutono»), mi attribuisce un ruolo che non ho svolto. Secondo l'assessore avrei sollevato, in un incontro sulla bozza di regolamento per le materne comunali, la questione delle richieste delle 2250 famiglie delle scuole « libere ». In realtà non ho affrontato tale problema; piuttosto c'è stata una richiesta, di segno opposto, del sindacato Cgil-scuola che ha avanzato al Comune formale domanda di non dare più sovvenzioni alle scuole « private ». Forse l'assessore Dolino confonde tra gli interventi della Cisl e quelli della Cgil. Il ruolo della Cisl, in questa commissione, è teso alla difesa dei diritti legittimi delle maestre comunali in materia di orario, regolamento, normativa, funzione pedagogica. Questo spiacevole equivoco ci fa confermare la nostra richiesta, sinora respinta dall'assessore, di redigere verbali pubblici di ogni riunione. Così sarà tutto chiaro ed ognuno si assumerà le proprie, autonome responsabilità. Giorgetla Pistone Berardi, per il gruppo scuola Cisl-Entì locali, Torino Gola profonda e la censura Nell'interessante rubrica « I lettori discutono » del 19 u.s. leggo la protesta del sig. Romcro che, recatosi a vedere il film «Cola profonda», ritiene di essere stato assieme agli altri spettatori turlupinata a causa dei troppi tagli effettuati dalla censura. In altra parte del giornale leggo della stupefacente apparizione di una attrice nuda in tv c le azzeccate e gustosissime considerazioni di Buzzolan. Vorrei, se me lo consentite, rammentare quale apice raggiunse la nostra censura in occasione della proiezione in Italia del film « Il Cielo può attendere » che i non più giovani dovrebbero ricordare per averlo visto un venticinque anni fa all'incirca, film a mio giudizio divertente, con protagonista mi pare lo attore Don Ameche che impersonava la vita d'un peccatore incallito che al giudizio supremo dichiara d'essere pentito e gli viene -perciò concesso di salire le scale che portano in paradiso; qui, finiva il film per gli immaturi spettatori italiani, il restante, (come ci fu svelato dal defunto Mario Gromo) raffigurava il protagonista che a metà della sua ascensione incrocia una donnina che (evidentemente per essere stata oggetto da parte del tribunale di un giudizio diverso) sta scendendo, e lui... sospende l'ascesa e ridiscende con essa, il che. giustificava il titolo « Il Cielo può attendere »; la nostra censura ritenne però inconcepibile che il protagonista rinunciasse sia pur anche temporaneamente alle gioie dei cieli e tagliò senza pietà il finale senza peraltro modificarne il titolo. Presumo che in questo dopoguerra sia stato uno degli interventi più ridicolmente esemplari effettuati dalla nostra censura. Cesare Altera, Meugliano