È l'ex podestà di un paesino presso La Spezia di Filiberto Dani

È l'ex podestà di un paesino presso La Spezia È l'ex podestà di un paesino presso La Spezia Picchiato dal sindaco pretende le scuse stampate su manifesto (Dal nostro inviato speciale) La Spezia, 26 dicembre. L'ex podestà esige pubbliche scuse dal sindaco: «Sono stato aggredito, insultato, picchiato da lui e da suo fratello». Il sindaco risponde che non ne farà: «Ho la coscienza tranquilla, non ho niente da rimproverarmi». L'ex podestà è Emanuele Cavallo, 58 anni, professore di lettere a Chiavari: negli anni bui della repubblichina di Salò ha amministrato Carrodano, piccolo comune montano della Val di Vara. Il sindaco è Virgilio Gianelli, 52 anni: comunista, governa lo stesso Comune, che oggi conta poco più di 700 abitanti, da quattro legislature. Adesso la contesa è approdata nell'aula della pretura di La Spezia: l'ex podestà ha querelato il sindaco e il fratello Umberto per ingiurie e lesioni; il processo, già fissato per il 15 dicembre, è stato rinviato al 10 gennaio. I tre protagonisti di questa storia sono nati e cresciuti a Mattarana, frazione di Carrodano, dove amici e parenti stanno tentando, finora senza successo, di indurre l'ex podestà a ritirare la querela. Ma niente ammorbidisce il professor Emanuele Cavallo. Il suo sdegno è pietrificato, resta quello del 23 aprile 1973, quando (scrive nella carta bollata) i due fratelli gli piombarono addosso coprendolo di insulti e di botte. «Quel giorno — racconta l'ex podestà — mi trovavo a Mattarana con due amici, uno dei quali, Carlo Della Ferrera, è un partigiano di Dogliani. All'improvviso, e senza alcun motivo, mi arrivò addosso Umberto Gianelli, che dopo avermi gridato "fascista" mi coprì di insulti. Poi soprag¬ giunse il sindaco e a questo punto i due fratelli cominciarono a menare le mani. Non reagii e urlai ai miei due amici dì non intervenire per evitare che succedesse un quarantotto. Dopo, presentai la querela». Aggiunge: «Vogliono evitare il processo? Bene. Firmino una dichiarazione, la riproducano in manifesti da affiggere sui muri del paese e io rimetterò immediatamente la querela». La dichiarazione b già pronta per l'uso. Leggiamola: «Il giorno 23 aprile 1973 noi sottoscritti Virgilio e Umberto Gianelli abbiamo aggredito il professor Emanuele Cavallo, lo abbiamo percosso e gli abbiamo rivolto i seguenti epiteti: "Fascista", "assassino", "delinquente", "massacratore". Riteniamo di avere sbagliato: 1) perché fascisti lo eravamo anche noi; 2) perché il professor Cavallo ha fatto solo del bene a noi e alla nostra famiglia; 3) perché, come tutti sanno, il professor Cavallo è un galantuomo». Il cronista, perplesso, chiede spiegazioni a Virgilio Gianelli. E' vero, signor sindaco, che lei è stato «repubblichino»? La risposta arriva precisa: «Io e mio fratello ci iscrivemmo al partito fascista repubblicano per evitare conseguenze spiacevoli alla nostra famìglia: in paese c'erano i tedeschi. Ma allora io avevo vent'anni, e a quell'età si possono commettere degli errori. Oggi mi si deve giudicare non per quello che sono stato ma per quello che sono dopo trent'anni di attiva milizia al servizio del movimento operaio ». E l'aggressione all'ex podestà? «Non ho aggredito, né insultato, né picchiato il profes¬ sor Cavallo. In quell'occasione sono intervenuto soltanto per calmare gli animi». Allora, e stato suo fratello a combinare il guaio? «Non voglio e non posso parlare a nome di mio fratello. Per quanto mi riguarda, lo ripeto, non devo chiedere scusa a nessuno». Anni neri, quelli dal 1943 all'aprile 1945. La Val di Vara era zona partigiana, gli scontri a fuoco con i reparti tedeschi e le sanguinose rappresaglie erano all'ordine del giorno. Racconta il professor Emanuele Cavallo: «Fui nominato podestà di Carrodano e accettai la stessa carica anche per due paesi vicini. Carro e Sesta Godano, perché qualcuno doveva pur pensare alle popolazioni, quasi 10 mila persone, soprattutto per gli approvvigionamenti». Il professore si batte il pugno sul petto, poi dice con orgoglio: «Ero il podestà più giovane d'Italia, avevo 26 anni, e per l'intero periodo della mia carica non ci furono rappresaglie tedesche contro i civili». Filiberto Dani