L'inquietudine più grave

L'inquietudine più grave L'inquietudine più grave Questo Natale italiano sarà ricordato nel suo complesso senza allegria: è stato il Natale delle fabbriche occupate. Arrivano ancora, è vero, dalle montagne e dal mare pieni di sole, notizie liete di « tutto esaurito »; ma a queste si aggiungono, con maggiore frequenza e crescente drammaticità, quelle delle feste preoccupate e silenziose negli stabilimenti senza lavoro. Dal Nord all'estremo Sud è stato tutto un succedersi di messe di mezzanotte celebrate da vescovi o parroci nelle officine ferme, tra gli operai che le presidiano, di pranzi non sereni con le famiglie nelle salemense, di messaggi di solidarietà e d'impegno da parte di sindacalisti o rappresentanti di partiti. E' difficile dire con esattezza quante siano state queste fabbriche rimaste con le luci tristemente accese nella notte del 25, ma sono tante, si contano forse a centinaia. Tutti sappiamo i nomi famosi e ricordiamo i casi che per motivi diversi hanno latto più rumore, come la Ley land Innocenti messa in liquidazione a Milano e la Mammut dichiarata fallita in Liguria. Ma dietro a queste la catena è lun•fi, con aziende che spesso non ■superano i cento dipendenti. L'ultimo anello, almeno per ora, è della « Smalteria metallurgica » messa in liquidazione oroprio l'antivigilia di Natale a Uassano del Grappa: ai 1343 dipendenti, che, per impedire o ritardare una soluzione così drastica, avevano anche pensato di rinunciare alla tredicesima, sono state inviate lettere di licenziamento. Questo quadro, impressionante, dzi luoghi di lavoro occupati dagli operai che non vogliono siano smantellati, dà un'immagine della crisi, e delle sofferenze che essa provoca, più viva e dolorosa che non le cifre. Ma anche queste, da parte loro, lasciano allibiti. Il 1975 appare come l'anno nero dell'occupazione in tutti i Paesi occidentali. Nel rapporto di dicembre lo Ocse scrive che « la disoccupazione ha raggiunto livelli senza precedenti dal dopoguerra nella maggior parte dei Paesi europei, nonostante che le riduzioni d'orario del lavoro siano state molto accentuate ». / disoccupati nell'insieme di Paesi industrializzati del mondo capitalista sono, sempre secondo la Ocse. circa 17 milioni. In percentuale il primato negativo, anche senza tener conto delle ore di Cassa integrazione, spetta all'Italia, che già alla fine del 1973 era su una media più alta degli altri Paesi europei, come si vede nella tabella. Le previsioni non corrispondono purtroppo a ciò che si vorrebbe. Nel rapporto citato prima gli esperti dell'Ocse non splendono di ottimismo. Dicono che « la disoccupazione diminuirà leggermente negli Stati Uniti, ma che si potrebbe vederla aumentare praticamente in tutti gli altri Paesi occidentali ». In una dimensione così ampia di difficoltà per l'impiego della mano d'opera, la linea dei sindacati, qui e altrove, non poteva essere diversa da quella seguita: garantire i posti di lavoro, far sopravvivere in qualche modo le aziende che si dicono condannate. Le iniziative singole e frammentarie di protesta sono state coordinale con sufficiente efficienza e gli scioperi, regionali e nazionali, in difesa dell'occupazione sono stati molti (forse anche troppi in periodi in cui se ne accavallavano altri di ogni genere, corporativi o no). Qualche risultato incoraggiante non è mancato, come nel caso ultimo della Montefibre (che però è solo rinviato) e, più ancora, nella gestione della crisi dell'auto alla Fiat: l'accordo del novembre scorso tra direzione e sindacati, com'è noto, assicura che non ci saranno licenziamenti collettivi per tutto il 76. anzi si riapriranno limitate assunzioni. Il problema è immenso. Gli sforzi di sindacati e imprenditori non bastano. Occorre una strategia. Il governo aveva annunciato un piano globale a medio termine per l'economia. Ne ha varato soltanto uro stralcio, .71 pacchetto natalizio di 25 mila miliardi per il rilancio industriale e per il Mezzogiorno. Deve ancora essere discusso in Parlamento, ma i dubbi sollevati sono già molti. Tino Neirotti Per i Paesi europei la fonte è la Cee, per gli Usa l'Ocse. I metodi per stabilire il rapporto sono: Italia e Usa tra l'insieme delle forze del lavoro disponibili e quelle realmente impiegate; negli altri tra richieste di lavoro non accettate e numero degli occupati. (In Belgio sono escluse le domande di primo impiego).

Persone citate: Tino Neirotti

Luoghi citati: Belgio, Italia, Liguria, Milano, Stati Uniti, Usa