Un Natale folle a Milano in crisi

Un Natale folle a Milano in crisi Le contraddizioni di una metropoli Un Natale folle a Milano in crisi Decine di migliaia di lavoratori sono in Cassa integrazione ma vi sono code di clienti davanti alle più sofisticate "boutiques" (Dal nostro invialo speciale) Milano, 23 dicembre. Attorno al presepe di piazza Duomo ogni tanto sfila un corteo di bandiere rosse, che racconta il dramma di una delle molte fabbriche occupate. Sono due degli aspetti di questo grigio Natale milanese: il terzo è quello commerciale, florido come sempre nonostante la crisi, nonostante il lamento ricorrente dei bottegai: «Non è più come una volta». Non sarà come una volta ma è un fatto che in questi giorni Milano non vede soltanto cortei di bandiere rosse, vede anche le interminabili fiumane di coloro che intaccano il loro «argent de poche», o bruciano le tredicesime, nel rito stagionale dello shopping. C'è un traffico mostruoso, sulle strade convergenti di questa città monocentrica, chiaramente connesso con gli acquisti e altrettanto chiaramente complicato dalle ben note carenze di un sistema semaforico che, proprio nelle ore di punta, regolarmente pianta in asso i suoi utenti determinando incredibili ingorghi. E non è certo avvertibile alcun freno psicologico, non c'è «at- mosfera natalizia» che tenga, ai nervosismo che da anni pervade Milano, e che in questi casi diventa rabbia e stridore di clacson. Né le difficoltà del traffico, né il freddo pungente, né il buio clima congiunturale sembrano dunque intaccare la costosa liturgia del Natale «pagano». Ci |sono migliaia di disoccupati, e ■decine di migliaia di lavoratori in cassa integrazione; ma ci sono anche le «code» davanti alle più sofisticate boutiques del centro, comprese quelle che esibiscono inutili e costosissimi «articoli da regalo». Si è perfino arrivali, in qualche caso, a far regolare da agenti appositamente distaccati l'afflusso dei clienti. L'orizzonte economico è buio, nonostante i «sintomi di ripresa», ed è psicologicamente buio, soprattutto, per questa città che vede sempre più posti in discussione gli antichi princìpi, imprenditorialità, professionalità, sui quali si basò il suo primato. Ma il Natale è salvo, il Natale folle della più recente tradizione. Ciò che manca è, anzi, almeno nelle forme più visibili, proprio quella contestazione della festa «mercificata», che gli anni scorsi, presa a prestito ancora una volta dalla Francia sessantottesca, aveva animato un po' lo scintillante grigiore d'occasione. Non sembrano infatti da ricondurre a quella tematica le recenti irruzioni in alcuni magazzini, dove bande di ragazzi nascosti dietro altisonanti slogan politici hanno requisito, «in nome del popolo», giubbotti e jeans dalle ambite etichette. La malavita piuttosto, e anche questo è ormai tradizione, ha voluto ancora una volta la sua parte nella redistribuzione dell'enorme massa monetaria messa in moto per Natale: ci sono stati i rituali assalti agli uffici cassa pingui di tredicesime, c'è stata la rituale rapina in via Montenapole .ine. Questa Milano assediata dalla nebbia e insidiata dalla rassegnazione vive così la sua consueta assurda stagione di fine di anno: oggi come sempre divisa verticalmente fra chi può disinvoltamente ignorare la crisi e chi si trova invece una congenita predisposizione alle infreddature congiunturali, non sempre guaribili senza complicazioni. a. v.

Luoghi citati: Francia, Milano