Dieci Regioni si oppongono al piano della Montedison

Dieci Regioni si oppongono al piano della Montedison Riunione nella sede della giunta piemontese Dieci Regioni si oppongono al piano della Montedison Chiedono un incontro urgente col governo e la partecipazione "con uguale diritto" alla discussione delle proposte di ristrutturazione -1 piani a medio termine e chimico Due richieste al governo partono stamattina dalla giunta regionale piemontese, firmate dal presidente Viglione: prima del 10 gennaio, giorno del previsto incontro con le organizzazioni sindacali e la Montedison, le Regioni interessate al problema della società (e cioè Abruzzo, Emilia-Romagna, Lombardia, Toscana, Veneto, Campania, Liguria, Sardegna, Umbria e Piemonte) vengano ricevute dai ministri al Lavoro, Partecipazioni statali e Bilancio per un esame comune; nessuna decisione venga presa sull'argomento Montedison senza la partecipazione delle Regioni. Strategia comune Prima dell'Incontro col governo, presumibilmente 11 giorno 9, 1 presidenti delle dieci Regioni si incontreranno a Roma, nella sed; della Regione Lombardia, per decidere la linea da tenere. Ma questa linea è stata praticamente già decisa ieri nell'incontro che la nebbia e gli scdoperi ferroviari e aerei hanno parzialmente boicottato. L'assessore al lavoro dell'Abruzzo, dott. Crescente, è arrivato verso le 18 dopo quattordici ore di viaggio nella n.bbla; due assessori della Toscana sono stabi bloccati dalla visibilità zero. Altri uomini politici hanno avuto difficoltà di trasporti cosicché all'incontro erano presenti Umbria, Emilia-Romagna, Veneto, Lombardia e Abruzzo, oltre naturalmente al Piemonte con 11 presidente della giunta, Vlglione, il vicepresidente Libertini, l'assessore Bajardi, 1 consi¬ glieri Alberton (de) e Rossotto (uld). Presenti anche i segretari regionali della UH, Leone e Ferrari, 11 ssgretario provinciale dell'UU tessili Paganetto, Pozzo della segreteria regionale Cgil. Libertini ha fatto ancora una volta il quadro della situazione: la Montedison aveva 27 mila addetti m Piemonte nel 1970, oggi sono 19.500, il temuto scorporo digli stabilimenti del Cotonificio Valle Susa (7 in Piemonte, 1 in Lombardia) e la riduzione della produzione fibre a Pallanza e Vercelli significa altri 2500 posti di lavoro in meno in due anni. La produzione delle fibre dovrebbe essere, secondo il piano Montedison, concentrata nel sud, ma questa « scelta meridionalistica » ha detto Libertini, è molto sospetta. « Infatti per lo stabilimento dì Ottano che occupa 4500 persone, la Montedison ha ottenuto 700 miliardi di sovvenzioni dallo Stato ». E qui sì inserisce il discorso finanziamenti. In sostanza, secondo Libertini, la Montedison « intende cedere tutte le aziende che non le rendono o che rendono poco, tipo Cvs e trasformarsi in una finanziaria con molteplici interessi; e per questa operazione chiede un aiuto dallo Stato ». E' ovvio che il Piemonte si oppone, per quanto di sua competenza, a questa pretesa di « usare denaro pubblico, per trasformare un'azienda con partecipazione pubblica, in una finanziaria privata ». Ma 11 problema va al di là del Piemonte, il piano Montedison interessa tutta l'Italia e si inserisce nel Plano chimico nazionale. Il presidente Vlglione ha cosi precisato questo concetto: « Abbiamo sempre considerato che l'occupazione negli stabilimenti Montedison e ì programmi ad essa relativi non costituiscono, sia per la loro vastità, sia per le caratteristiche del pacchetto azio¬ nario, un fatto limitabile territorialmente o di natura privatistica. Riteniamo pertanto che decisioni come quelle assunte dalla Montedison per il Piemonte investano tutte le Regioni che hanno rapporti con il Gruppo in quanto costituiscono un metodo di ricatto politico a danno dei lavoratori, metodo che deve essere rifiutato globalmente e la cui gravità anche in questa sede denunciamo ». Per questo motivo è stata organizzata la riunione di ieri, che avrà un seguito a Roma: le Regioni devono formare una strategia unitaria « che abbia come primo obiettivo il rifiuto di ogni licenziamento o, comunque, che veda ogni azione relativa all'occupazione precedentemente discussa e concordata con i lavoratori i quali possono anche essere disposti ad accettare sacrifici, ma se sono essi stessi parte attiva di un piano di riconversione; se questi sacrifici vengono inseriti in un discorso di redistribuzione pubblica delle risorse ». sta circostanza, interpellate per telefono, si sono dichiarate d'accordo con le richieste .suggerite da Vlglione e Libertini. L'Umbria ha proposto che nell'ambito del Piano a medio termine si affronti anche quello chimico sulle basi delle indicazioni presentato dalle Regioni nel convegno dell'ottobre '73 a Temi. Anche il de piemontese Alberton ha proposto che le Regioni « risollecltìno la definizione del piano chimico nazionale senza il quale ogni intervento è destinato a rimanere privo di risultati ». Ha rilevato li l'esigenza di riordino nell'interno della Montedison, che abbraccia troppi settori ed è incontrollabile » ed ha suggerito un'indagine su tutto il problema, che veda coinvolto il Parlamento attraverso la Commissione industria. Poi sono stati posti quesiti particolari: la Lombardia, per esempio, ha anche quello del settore metalmeccanico che fa capo al Gruppo; l'Abruzzo ha quello del licenziamenti dalle attività in subappalto e l'assessore Crescente ha chiesto: « Siateci vicini nella nostra richiesta di sospenderli ». Questa la sostanza del problemi e delle richieste che le dieci Regioni, o meglio, questa « lega delle Regioni » come l'ha definita l'aw. Rossotto, pongono al governo e al Parlamento. In particolare l'esigenza di avere nel settore dell'Industria quei poteri che l'articolo 117 della Costituzione non concede e che la legge 382 dovrebbe consentire parzialmente e solo per quanto riguarda il settore tessile; in secondo luogo l'intervento in condizioni di parità col governo, il Parlamento e gli imprenditori nelle discussioni dei piani, questa volta della Montedison, domani di altre aziende che debbono essere ristrutturate. Domenico Garbarino