Conflitto tra Congresso e Ford sull'Angola e i fondi della Cia di Vittorio Zucconi

Conflitto tra Congresso e Ford sull'Angola e i fondi della Cia Il parlamento Usa condanna una strategia anticomunista Conflitto tra Congresso e Ford sull'Angola e i fondi della Cia C'è Vincubo del Vietnam (Dal nostro corrispondente) Washington, 20 dicembre. La crisi revisionista che ha colpito gli Stati Uniti dopo la «denixonizzazione» del 1974 ha indotto il Parlamento a denunciare, nelle ultime 24 ore, gli aiuti segreti della Cia ai partiti italiani e ai fronti unti-marxisti dell'Angola, La Commissione di sorveglianza sulle attività segrete Usa ha votato per la pubblicazione di un rapporto nel quale risulterebbe che la Cia ha versato circa 2 miliardi di lire l'anno alla democrazia cristiana dal 1948 al 1970, arrivando ad un massimo di 6,5 miliardi (divisi fra de e psdi) in una singola elezione politica (1972?). Contemporaneamente, il Senato ha bloccato ogni ulteriore aiuto segreto all'Fpla e all'Unita, i due gruppi di guerriglia che cinesi, sudafricani, americani e Zaire, riuniti in un'alleanza tanto estemporanea quanto grottesca, stanno finanziando e usando per combattere i comunisti deil'Mpla. Fra la decisione sul «caso italiano» e quella sull'«affare angolano » v'è — dal punto di vista americano — un'evidente connessione: in entrambe emerge la scelta di denunciare, e quindi di fatto impedire, una certi; strategia anticomunista internazionale, fondata sul puro quantitativo (i fondi, le armi, gli agenti) e rivelatasi in misura crescente fallimentare (e l'importanza non sta nella scoperta che i democristiani avrebbero ricevuto fondi Cia, ma nella denuncia americana dei finanziamenti). Dal Campidoglio di Washington, avviato in una escalation revisionista che non si arresterà facilmente, parte un messaggio assai chiaro per tutte le forze politiche che avevano pigramente appreso ad affidarsi all'appoggio americano, quasi come unica fonte di legittimazione politica: un capitolo internazionale, con le sue vittorie e le sue sconfitte, si sta chiudendo e partiti, fronti, organizzazioni anti-marxiste dovranno sempre più trovare in sé la forza per la battaglia politica, contando sugli Usa come accessorio, e non come supplente. Non si tratta dunque più di contrasto fra il legislativo americano (le Camere) e l'esecutivo (la Casa Bianca), ma della revisione profonda di una politica culminata — e morta — nel Vietnam, che solo una lettura grossolana può percepire come un urto interno fra poteri dello Stato. E' un fenomeno storico, questo, che difficilmente trova paralleli nel passato, che mai si vide la classe dirigente di un impero volontariamente autodenunciarsi, anche al rischio di incrinare la solidità dei propri domini. E' una sorta di «XX congresso» in chiave moralista La potenza e la libertà delle comunicazioni di massa rende poi gigantesca l'eco del revisionismo americano, che si sta rivelando la vera celebrazione del bicentenario americano, più di ogni iniziativa folcloristica. La destra, le forze moderate e conservatrici, sono attonite di fronte a questa azione che esse considerano «puro suicidio» (e questo spiega la folla di candidati di estrema destra presenti nella campagna elettorale, da Reagan a Wallace a Jackson). Ford ha definito «tragicamente grave» la decisione di tagliar gli aiuti ai guerriglieri anti-comunisti in Angola, e Kissinger gli ha fatto eco. Ma sarebbe un grave errore leggere nel «XX congresso» americano una vittoria della «sinistra». La contestazione della Cia, ad esempio, sembra nascere da un potente riflusso moralistico — ora che il terrore della guerra fredda e dunque la disponibilità ad accettare tutto nel nome della «sicurezza» si sono allentati — di fronte alle deviazioni dell'«agenzia» ormai quasi indistinguibile dai suoi nemici per crudezza di operazioni. Ma, insieme, essa si alimenta nella rivolta, tipicamente «conservatrice» in termini di politica americana, contro l'espansione dell'apparato governativo e la progressiva centralizzazione del potere, incarnato prima in Nixon, oggi nella Cia. Smontando dall'interno la ormai sviluppatissima macchina del governo, deputati e senatori si propongono la rigenerazione del sistema politico, coscienti o no dei riflessi internazionali delle loro azioni. E' uno di quei grandi, periodici spasmi della democrazia americana cui assistiamo con rispetto e ammirazione. La denuncia dei fondi segreti passati dalla Cia a democristiani e ai socialisti (nel 1970, Nixon avrebbe però personalmente rifiutato una richiesta di aiuti in danaro avanzata da Fanfani, secondo il rapporto) durante vent'anni sembra dunque servire propositi di contestazione interna, dove l'obiettivo ul¬ timo è impedire che mai la Cia applichi all'interno degli Stati Uniti la strategia di «influenza» messa in atto in Italia. Lo slesso può essere detto per l'Angola, dove si aggiunge però una componente «vietnamita» molto evidente nel fermare la mano della Cia. Il Parlamento americano, che oggi è la sola espressione democratica del Paese, essendo il governo interamente un gruppo di nominati e cooptati — da Ford a Kissinger — sembra proporre dunque una nuova politica, ma in «negativo», come è inevitabile nel caso di corpo istituzionale troppo eterogeneo per produrre in «positivo». Esso sta scrivendo, con denunce, inchieste, critiche, la Magna Carta di «quello che non si dovrà più fare». Spetterà alla nuova amministrazione, ai successori di Ford e Kissinger, disegnare la futura strategia internazionale dell'America, e il compito appare tremendo. Se la rivelazione della «Italian Connection» della Cia appartiene infatti più alla lotta interna americana che a disegni internazionali (ed è, dal punto di vista italiano, assai più una conferma che una rivelazione), l'embargo decretato contro gli aiuti segreti ai controrivoluzionari angolani (Holden Roberto, genero di Mobutu, e Savimbi, leader del gruppo «Unita») è un'attiva ingerenza nella sfera d'azione del potere esecutivo. Ogni argomento portato dalla Casa Bianca a sostegno degli aiuti (33 milioni di dollari già dati, 28 in sospeso) poteva essere — ed è stato — letto in chiave di Vietnam. Persino la tesi principale — rispondere colpo su colpo alla penetrazione di materiale e influenza sovietiche attraverso il Mpla di Agostinho Neto — è stata smantellata a priori da un Senato memore di avere votato quasi all'unanimità la risoluzione del Tonkino, fondata su un incidente navale risultato poi falso. Risulta infatti che le armi Usa avrebbero preceduto nel tempo i rifornimenti sovietici, mentre Holden Roberto sarebbe stipendiato dalla Cia (10.000 dollari l'anno, cifra notevole in Angola) dal 1961. Se queste notizie sono esatte, come il Parlamento ritiene che siano, è difficile rimproverare ai senatori di aver detto no ad un'operazione cominciata nel segno dell'intrigo e delle bugie. «Se la gente alla Casa Bianca non ha imparato la lezione del Vienam — ha detto il senatore Clarck — gliela insegneremo l noi». Ma non è tutto questo, di fatto, una resa all'«espansionismo sovietico» e alle «infiltrazioni comuniste»? La domanda, che la Casa Bianca propone drammaticamente invitando il Senato a rivedere il suo veto per gli aiuti, può avere una risposta positiva soltanto se si considerano i fondi occulti, i mercenari sudafricani, i regimi alla Thieu come la risposta migliore al marxismo. Ciò che invece l'azione del Parlamento Usa vuol indicare, pur confusamente e talora irrazionalmente, è che quel tipo di risposta è obsoleto e pericoloso, e un altro tipo di confronto — sulle idee, sull'amministrazine, sulla rispondenza corretta alle istanze nazionali e nazionalistiche nei Paesi di nuova formazione — dovrebbe essere impostato con «l'altra riva del fiume», cercando nell'azione diplomatica e nella denuncia politica il mezzo per esporre e fermare le infiltrazioni comuniste, ove ci siano. Dunque, è un messaggio difficile questo che viene dal «revisionismo» americano, che propone agli alleati dell'America non già una «resa», ma un'assunzione di maggiori responsabilità. Alle quali forse — e da qui nasce il panico — non tutti sono preparati. Vittorio Zucconi Lupuda. Due giovani aderenti al Mpla con un cannoncino antiaereo montato su una jeep sfilano alla parata per la celebrazione dell'indipendenza dell'Angola (tel. Upi)