La scoperta di Andersen disegnatore di Fabrizio Carbone

La scoperta di Andersen disegnatore Una mostra a Roma La scoperta di Andersen disegnatore Roma. 20 dicembre. Le favole tristi di Hans Christian Andersen sono ben presenti nella mente di tutti. «Il brutto anatroccolo» per fare un esempio. Ma chi conosceva il poeta danese come disegnatore? Ecco una mostra aperta nella moderna Biblioteca nazionale di Castro Pretorio per ricordarci che sono passati cento anni dalla sua morte. L'ambasciata di Danimarca ha fatto un bel regalo di Natale a Roma, scoprendo il mondo intimo di Andersen: un uomo brutto con una infanzia infelice e povera e una vita di pochi affetti. «Magari avessi imparato a disegnare!», scriveva il poeta nelle sue lettere dall'Italia, nel corso di un viaggio memorabile. Andersen non era un «accademico» del disegno, ma sentiva la necessità di appuntare su rettangolini di carta, che teneva sempre nel taschino della giacca, i profili delle architetture antiche come di quelle barocche; i paesaggi napoletani e fiorentini. Così costruiva segni sicuri, libero dagli schemi in cui gli «artisti» erano allora costretti. Parte della mostra è dedicata ai disegni italiani. Ma le cose più belle di Andersen nono i quaderni di disegni per Otto Zinck, i ritagli di carta e gli otto pannelli del paravento che aveva in casa e che terminò poco prima di morire. Qui la libera fantasia del favolista può esprimersi in tutta la sua vivacità. Andersen precorre i tempi: inventa il collage, rits~lia disegni da libri e riviste, compone fantasie, accostando macchie di colore astratte. Andersen povero, autore di melodrammi, conosceva Ludvig Zinck, compositore e maestro di canto al Teatro reale dell'Opera di Copenaghen. Si recava a casa sua ogni giovedì per pranzo e passava l'intero pomeriggio con Otto, il figlio. Era il 1830: Hans Christian aveva vent'anni. Raccontava favole e riempiva pagine e pagine di quaderni: dalla sua matita uscivano personaggi tra il ridicolo e l'orrido, tristi e buffoni, fantastici compromessi tra animali e uomini. Uno dei quaderni, inedito, è presentato in originale. Un secondo è copia. Tanto per citare un'immagine, si resta meravigliati dalla figura stilizzata di un uomo compresso dentro una bottiglia tappata. Ci sono poi schizzi e disegni che fanno pensare a Chagall, e alla satira tedesca dell'espressionismo. Il poeta era appena rientrato da un viaggio in Germania, dalla visita ai musei di Dresda e Berlino, dove era rimasto incantato dal fantastico mondo di Hieronimus Bosch e Hugo van der Goes. Andersen aveva ripreso quei temi, ma col suo taglio più moderno e diretto. Mago di fiabe, il poeta danese possedeva l'arte di ritagliare con le forbici simmetrie e storie da carta colorata. La mostra ce ne offre alcuni esempi che stupiscono per la sintesi e l'invenzione. Ecco, ad esempio, un cuore da cui nasce la forca di un impiccato. In un grande ritaglio è contenuta una storia tipica di Andersen: silouhette di cigni, gnomi, soldati, fiori e altri animali, legati tutti da un intreccio di fili. Erano lavori che l'artista regalava ai picco- li amici. Da un ritaglio di giornale costruiva un personaggio. Metteva insieme etichette, ritratti, biglietti di lotterie, collage, suoi disegni e poesie di poche strofe. Nel marzo del 1873, Andersen ricevette in regalo da un'amica un paravento. Come folgorato da quei pannelli mobili si mise a decorarlo con foga. Lo ultimò in un anno, annunciandolo alla sorella della sua amica: «Ho cercato — scrive — di rappresentare un'idea poetica o un fatto storico in ognuna delle sezioni... Mi dicono che l'insieme è una grandiosa fiaba». Hans Christian lo aveva suddiviso in otto sezioni: l'infanzia, il teatro, la Danimarca, la Svezia e la Norvegia, la Germania, la Francia, l'Inghilterra e l'Oriente. E' un gigantesco lavoro di collage che, finito, sembra frutto di un unico disegno. Sono invece immagini ritagliate e inserite una nell'altra: figure di personaggi storici, di letterati e poeti si uniscono al paesaggio. Ogni pannello sembra una scena teatrale che partendo dal basso si svolge in prospettiva surreale verso l'alto. La mostra finisce qui. E' ben ordinata e raccolta: spiega con efficacia la vita di un poeta sfruttando la sua stessa genialità di disegnatore. Serve a far conoscere di più il mondo di Hans Christian Andersen. Fabrizio Carbone