Industria britannica dell'auto "O si cambia tutto o si muore„ di Mario Ciriello

Industria britannica dell'auto "O si cambia tutto o si muore„ Il grave monito è contenuto in un rapporto governativo Industria britannica dell'auto "O si cambia tutto o si muore„ Ci sono troppe aziende, troppi modelli, eccessiva capacità, bassa produttività individuale Chrysler: 17 mila lavoratori su 25 mila conserveranno il posto (Dal nostro corrispondente) Londra, 16 dicembre. La Chrysler britannica è stata, per ora, salvata: ma si salverà l'intera industria automobilistica del Regno Unito? Sembra una contraddizione in termini, e invece è il quadro che si presenta questa sera, dopo un diluvio di dichiarazioni, previsioni e proposte su cui mediteranno, durante le prossime feste, tutti gli imprenditori, tutti i sindacalisti e tutti i politici. L'annuncio del governo sul futuro della Chrysler è infatti coinciso con la pubblicazione dell'atteso studio sull'industria automobilistica nazionale. E il monito del documento è semplice ma agghiacciante: « O si cambia o si muore ». E' un testo semi-ufficiale, perché opera del Central polìcy review staff, il massimo centro studi del governo, il suo « think tank ». Titolo: «The future of the British car industry » (il futuro dell'industria automobilistica britannica). Mai si è letta requisitoria più sferzante, le sue parole dissolvono le ipocrisie e le illusio¬ ni che dalla fine della guerra hanno impedito il rinnovamento di questo vasto settore. La car industry è malata perché « ci sono troppe aziende con troppi modelli, con troppe fabbriche e con troppa capacità ». Non basta. Le maestranze sono le \ peggiori d'Europa, producono la metà di quelle oltreManica. Tutti sono colpevoli: managers e sindacalisti, gli individui e le loro organizzazioni. In uno dei suoi brani più incandescenti, il volume avverte: « La " guerra di trincea " che esiste oggi negli stabilimenti tra direzione e mano d'opera deve scomparire dalle industrie della Europa occidentale. La nostra situazione è la più drammatica, perché il modo in cui si affrontano nelle aziende automobilistiche britanniche tutti gli aspetti tecnici e umani della produzione è così anacronistico che non può sopravvivere. Lavoratori e dirigenti devono essere consapevoli di questo pericolo e devono modificare i loro atteggiamenti. e Se non lo faranno, annegheranno ». E' impossibile condensare in questo breve spazio centoquarantuno pagine, tutte interessanti, tutte ricche di dati. Conviene additare i punti principali, e le conclusioni: A Durante i prossimi die" ci anni, tutte le industrie automobilistiche europee dovranno far fronte a una concorrenza « durissima », e soltanto le più efficienti sopravviveranno. £% L'industria inglese deve risolvere non uno o due problemi, ma mille. Da quelli creati da un management incompetente, che ha esteso oltre ogni ragionevole limite la capacità produttiva senza migliorare il prodotto, a quelli creati da maestranze irrequiete e scontente, « La produttività individuale è di gran lunga la più bassa nell'area comunitaria ». Il numero dei dipendenti dev'essere ridotto. Se questo « snellimento » non sarà compiuto di propria iniziativa dalle aziende in collaborazione con i sindacati, sarà imposto, e dolorosamente, dalle leggi economiche. Si legge: « Se questa e le altre debolezze non saranno corrette in tempo, la industria perderà forse 275 mila posti di lavoro entro il 1985 e la Gran Bretagna perderà più di un miliardo di sterline l'anno in esportazioni ai prezzi del '75 ». Q Ci può essere la saivezza: ma più importante ancora degli investimenti è il nuovo « spirito » che dovrebbe animare tutti, dai capi agli operai. Se questo « spirito » prevarrà, la car industry potrebbe anche arrivare al 1985 con una produzione di circa un milione 900.000 unità (che fu il record stabilito nel '72J. Più probabile comunque, sempre per V85, una produzione attorno al milione 600 mila unità. Ma è un pronostico impossibile, perché dinanzi alle minacciose ombre di oggi, non si può escludere un'industria ridotta a sole 700.000 unità o meno. Questa «bomba» esplodeva nel primo pomeriggio: più tardi, il ministro per l'industria Eric Varley confermava ai Comuni il « salvataggio » della Chrysler United Kingdom. « Non c'era scelta — diceva Varley —. La casa madre americana si accingeva a chiudere l'azienda, il che avrebbe significato il licenziamento di tutti i suoi 25.000 uomini. Così invece, 17.000 conserveranno il posto ». L'accordo prevede per lo Stato una spesa inferiore al previsto, ma sempre imponente, 162 milioni e mezzo di sterline. 2500 operai resteranno subito senza lavoro, altri nei mesi successivi. Mario Ciriello

Persone citate: Eric Varley, Varley

Luoghi citati: Europa, Gran Bretagna, Londra, Regno Unito