Chrysler in cura di Mario Ciriello
Chrysler in cura Polemiche sulF industria in crisi Chrysler in cura (Dal nostro corrispondente) Londra, 13 dicembre. La Chrysler britannica è stata salvata, l'operazione non ha dissolto tutti gli interrogativi, ne ha anzi creati di nuovi. Su un solo punto non ci sono dubbi: s'è impedito che migliaia di altri lavoratori ingrossassero il già immenso esercito dei disoccupati. Ma resta incerto il futuro, sia di questa azienda sia dell'intera industria automobilistica britannica; s'indebolisce la « credibilità » della strategia economica governativa; affiorano minacciosi contrasti politici nello schieramento laborista; e il «premier» Harold Wilson faticherà non poco a ristabilire tra i suoi ministri un'atmosfera di fiduciosa collaborazione. Il ministro dell'Industria, Eric Varley, è stato sul punto di dimettersi. Il salvataggio ha quasi spezzato i soccorritori. In breve, l'antefatto. La Chrysler United Kingdom Ltd. grava da tempo sulle spalle della casa madre negli Stati Uniti. Il disavanzo s'è fatto sempre più oneroso: e il triste record del '74, oltre 17 milioni di sterline, sarà battuto da quello del '75, tra i 30 e i 40 milioni. All'inizio dell'autunno, il presidente della Chrysler Corporation, John Riccardo (chiamato « II Lanciafiamme » o « Il Padrino »), annuncia da Detroit che, senza un contributo del governo britannico, l'azienda sarebbe stata chiusa dal 1° gennaio. Cominciava cosi tra Riccardo e l'amministrazione Wilson un duro negoziato conclusosi in questi giorni e il cui esito sarà riferito ai Comuni martedì. In linea di massima, il compromesso sembra noto. Il governo inietterà nell'esangue azienda sui 180 milioni di sterline. Il ministero del Tesoro garantirà un prestito di circa 35 milioni di sterline; uno stanziamento sui 55 milioni, sempre di sterline, dovrebbe permettere la realizzazione di un nuovo modello; altri 70 milioni dovrebbero compensare la Chrysler fino al 79-80, per eventuali perdite derivanti da scioperi o agitazioni; e altre forme di aiuto completeranno il «pacchetto». Questi 180 milioni o poco più terranno in vita la Chrysler e salveranno il posto di lavoro di circa 16 mila dei 25 mila dipendenti. Gli altri novemila saranno gradualmente licenziati. In teoria, un'amministrazione socialista dovrebbe essere lieta e fiera di aver impedito un nuovo dramma industriale e umano: ma non è così. Il ministro dell'Industria Varley non voleva lanciare questo costoso salvagente, e il suo atteggiamento era condiviso dal ministro degli Interni, dal ministro per i prezzi e i consumatori dal ministro della Difesa e da altri. Questo, perchè l'operazione era in violento contrasto con la nuova strategia industriale del governo, strategia che prevede assistenza soltanto per le ditte fondamentalmente sane e capaci di competere vigorosamente sui mercati internazionali. Si salvino, insomma, i « cavalli vincenti » e non si sprechino altri fondi statali per offrire grucce alle « anatre zoppe ». Non basta. Il governo darebbe questi soldi senza esi gere una partecipazione azio naria nell'azienda, come vuo le invece il « manifesto » la borista. E sembra aver dimenticato le conclusioni di uno studio ufficiale, secondo cui in Inghilterra c'è un « eccesso di capacità » dell'industria automobilistica e la Chrysler o la Vauxhall sono già di troppo. Perché Varley ha ceduto, perchè è prevalsa la tesi di Wilson, condannata persino da giornali tut t'altro che conservatori? Perchè il premier ha ricordato che 35 mila nuovi disoccupati spezzerebbero la collaborazione con le Unions su cui si regge l'ardua lotta per risanare l'economia. Mario Ciriello
Persone citate: Eric Varley, Harold Wilson, John Riccardo, Varley
Luoghi citati: Detroit, Inghilterra, Londra, Stati Uniti
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