Il culto suicida del Denaro di Nicola Adelfi

Il culto suicida del Denaro Voi e noi di Nicola Adelfi Il culto suicida del Denaro Nell'ultimo bollettino della comunità di Nomadelfia trovo un episodio e lo riferisco quasi alla lettera. Una suora missionaria, appena arrivata in Italia, racconta sul treno come trascorreva i giorni tra popolazioni stremate dalla fame e dalle malattie. La gente sta ad ascoltare stupita e alcuni si commuovono fino alle lacrime. A un certo momento un signore interrompe la missionaria: « Suora, io non farei una vita come la sua neanche per un milione al giorno ». E la suora di rimando: « Neppure io ». E' un caso eccezionale, direte voi; semmai l'episodio conferma la regola generale che oggi non si lavora più per amore del prossimo o per dare un senso alla propria esistenza o sia pure per sentirsi a posto con la coscienza. Oggi si passa la vita quasi esclusivamente in adorazione del dio Denaro, come mi scrive da Portici (Napoli) il prof. Emidio Falotico. E' l'ossessione e la malattia del nostro tempo. « Per questo nuovo dio — aggiunge il lettore — si è disposti a tutto: si spaccia la droga nelle scuole, si calpestano i valori essenziali della vita, non si esita a sterminare la propria famiglia ». Sì, in genere è così, non dico di no. In un giorno qualsiasi basta dare un'occhiata ai giornali. Non c'è quasi delitto di sangue che non sia un sacrificio compiuto sull'altare di quel dio. Uomini di fama e da tutti ossequiati non si fanno scrupolo di rubare a piene mani. Ragazzi sui dodici anni compiono rapine con la pistola in pugno. La prostituzione, compresa quella maschile, è considerata un lavoro niente affatto degradante: la propria prostituzione e quella di congiunti prossimi, moglie e figlie. E quante nuove maniere la mente umana trova ogni giorno per arricchire bene e presto. Pensate ai dentisti di Palermo incriminati nei giorni scorsi. Erano arrivati persino a inventare una nuova specie umana: ossia donne e uomini dotati di 56 denti e mascelle che producevano molari come catene di montaggio. A un cliente veniva asportato un molare? Ebbene, il dentista non esitava a scrivere sul prontuario di avere tolto allo stesso individuo il molare per altre ventidue volte nel giro di pochi mesi. E gli enti mutualistici pagavano senza battere ciglio, trascurando di avvertire il mondo della scienza che a Palermo era in corso una mutazione genetica senza precedenti nell'evoluzione della specie umana. Adesso, invece della scienza, di quel fenomeno si stanno occupando i giudici. Pare che solo negli ultimi quattro anni i dentisti di Palermo abbiano frodato alle mutue qualche cosa come tre miliardi di lire. I guadagni di un solo odontoiatra della mutua ammontavano a un paio di centinaia di milioni l'anno: se calcoliamo che i giorni lavorativi sono più o meno 200 in un anno, quel dentista incassava in media un milioncino il giorno solo con i mutuati. La cifra diventa molto maggiore se si tiene presente che egli è ritenuto bravo, e il suo studio era affollalo da una clientela facoltosa. Ora, mi domando io, quel dentista miliardario e i suoi colleghi ammanettati dai carabinieri a Palermo non potevano vivere ugualmente bene senza rubare? Avevano i mutuati da una parte, molti e ricchi clienti dall'altra: dunque potevano darsi un tenore di vita più che agiato e dormire sonni tranquilli. Lo so bene, dal carcere finiranno in una clinica privata e dopo poche settimane i loro avvocati riusciranno a fargli avere la libertà provvisoria. E' quasi sempre così con i ricchi in Italia. Tuttavia i processi ai ricchi costano molto denaro, e chi sa quale prezzo morale quei dentisti dovranno pagare per la vergogna caduta su loro e sui loro congiunti. Ma è tutto così il mondo in cui viviamo? Per parte mia, non lo penso. Ogni giorno ricevo lettere di gente che ha poco denaro e tuttavia si tiene su coi morale. Per esempio, nella posta più recente trovo una lettera del pensionato torinese Felice Vigna, 78 anni, di cui 44 passati in fabbrica come operaio. Ha una pensione di poco superiore alle 100 mila lire il mese, la moglie spesso inferma, e mi scrive: « Però non mi lamento. Ho regolato le mie spese su quella somma, e siccome sono modesto e di poche esigenze, la faccio bastare. Devo andare da qualche parte? Prendo la bicicletta e pedaIo. Risparmio e giova alla salute ». Il signor Vigna ha fatto solo le scuole elementari, ma si esprime bene. Nella sua lunga lettera c'è un altro punto che desidera sottolineare. « Sono pienamente d'accordo con lei quando scrive che la migliore forma di governo è il sistema democrtitico. Tuttavia, affinché quel sistema funzioni bene, ci vogliono anzitutto dei buoni democratici. Ma quanti sono in Italia? Ho sempre sentito dire che la democrazia significa rispetto per il diritto degli altri. Ma in Italia è così? Io vedo che anche chi ha molto, lotta per avere ancora di più, e sempre di più, sebbene sappia che oggi con la crisi economica c'è poco da spartire; e in genere chi è forte riesce a spuntarla, naturalmente a scapito dei tapini come me ». E queste sono le conclusioni: « Quindi io direi che ci vuole un governo che riesca a governare emanando leggi giuste e facendole rispettare da tutti, e non solo dai poveri Pantaloni. Questo sì, ci vorrebbe. Lasciando invece le cose come stanno, andremo ancora una volta nella melma di una dittatura ».

Persone citate: Emidio Falotico, Felice Vigna, Vigna

Luoghi citati: Italia, Napoli, Palermo, Portici