Migliaia di donne, con pentole e tegami in corteo per l'aborto libero e gratuito
Migliaia di donne, con pentole e tegami in corteo per l'aborto libero e gratuito Migliaia di donne, con pentole e tegami in corteo per l'aborto libero e gratuito Con lo slogan "d'ora in poi decido io", hanno protestato contro "la legge-truffa che è in discussione in Parlamento" - Manifestanti a Roma da tutte le regioni e anche dall'estero Roma, 6 dicembre. La voce delle donne sul tema dell'aborto e della maternità responsabile è risuonata oggi nelle vie e nelle piazze della capitale. Non la voce educata delle commissioni femminili dei partiti, avvezze alle sfumature e alle schermaglie del gioco politico, né quella mediata dai grandi mezzi d'informazione. La grande manifestazione internazionale — c'erano delegazioni dalla Francia, la Svizzera, l'Inghilterra — indetta per protestare «contro la leggetruffa in discussione presso il Parlamento» ha richiamato a Roma decine di migliaia di donne, femministe, studentesse, operaie, casalinghe, socialiste, militanti dei «gruppi», e ha tagliato in due la città, assordata per tutto il pomeriggio da grida, canti, slogan, un vocio acuto e ininterrotto. «D'ora in poi decido io» era scritto sul primo striscione che, alle 16,30, è partito da piazza dell'Esedra. Subito dopo venivano le donne della Sicilia: da Palermo, Catania, Gela, Siracusa, 120 in tutto, molte anziane, le più giovani in compagnia dei figli e dei mariti, «armate» di pentole e mestoli da cui ricavavano un suono monotono e grave, «com'è la nostra vita fatta di fatica e sfruttamento: ma ora diciamo basta». Ogni delegazione aveva propri striscioni e parole d'ordine. Le militanti di «Lotta continua», «Avanguardia operaia», «pdup per il comunismo» dichiaravano non l'appartenenza ai rispettivi gruppi ma i collettivi di lavoro o di studio in cui operano. Anche i movimenti femministi tendevano a indicare i momenti di convergenza, sui temi concreti che caratterizzano la loro azione, piuttosto che le rispettive individualità. Per un'ora e mezzo il corteo s'è snodato lungo via Cavour, i Fori imperiali, piazza Venezia, fino a raggiungere piazza Mastai dove la manife- stazione si è conclusa. Un solo momento di tensione s'è avuto quando alcune centinaia di giovani della sinistra extraparlamentare — venendo meno a impegni precedentemente presi — hanno voluto inserirsi nel corteo, portando propri slogan, temi di lotta estranei a quelli espressi dalle donne che, rivendicando il diritto all'autonomia almeno in questa battaglia, ne rifiutavano «la componente di violenza e di sopraffazione». «Io sono del pei, eppure sono qui» era scritto sul cartello che una donna reggeva. Molti, dalla folla che assisteva alla manifestazione, l'hanno applaudita. E così è avvenuto quando sono state riconosciute militanti dell'Udì, mescolate fra le file del corteo. Pur con sfumature diverse, le donne venute a Roma per l'occasione hanno gridato le stesse esigenze: «Vogliamo i contraccettivi e una sessualità diversa per non abortire, vogliamo l'aborto libero e gratuito per non morire», «la maternità non è una vocazione, ma un ruolo impostoci dall'istituzione», «la nostra sessualità e il nostro corpo sono stati finora gestiti dagli altri — il padre, il marito, la chiesa, lo Stato, i medici, gli affaristi — adesso diciamo no e vogliamo riappropriarcene, con consapevolezza e con coraggio». 1. m.
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