Viaggio nella battaglia che tormenta l'Angola di Francesco Fornari

Viaggio nella battaglia che tormenta l'Angola Tre gruppi si contendono il nuovo Stato Viaggio nella battaglia che tormenta l'Angola I movimenti di liberazione si sono volti, dopo l'indipendenza, l'uno contro gli altri - I Paesi cui fanno gola le ricchezze angolane (Dal nostro inviato speciale) Luanda, 5 dicembre. La capitale della Repubblica popolare dell'Angola è ricoperta dì manifesti: su tutti i muri sono affissi ritratti del presidente Agostinho Neto e degli eroi dell'Mpla morti in battaglia alternati ad avvisi che esortano la popolazione a combattere unita per la libertà. «Antes morremos todos que deixar passar o inimigo» (moriremo tutti prima di lasciar passare il nemico): questa è la parola d'ordine ripetuta nei comizi, scritta sui muri, sui monumenti. Ma la guerra adesso è lontana da Luanda: molte cose sono cambiate dal 10 novembre, vigilia dell'indipendenza, quando le truppe dellTnla, appoggiate dai soldati dello Zaire, si erano attestate a meno di 20 chilometri, minacciando di travolgere la capitale da um momento all'altro. Ovunque l'Mpla è passato al contrattacco: a Nord ha respinto gli «invasori» oltre Ambriz, a circa 300 chilometri, a Sud ha bloccato gli uomini dell'Unità ed i loro «alleati» sudafricani a Lobito, il più importante porto commerciale della regione. I giornali non dedicano neppure una riga alle notizie dal fronte, la radio si limita a striminziti bollettini che parlano, senza troppa enfasi, di continue vittorie. Sono arrivato nella notte e in attesa delle credenziali per poter svolgere il mio lavoro (il governo della nuova Repubblica popolare dell'Angola ha messo in atto un faraonico apparato burocratico, bisogna riempire di continuo decine di moduli e richieste per ottenere permessi e lasciapassare) debbo accontentarmi delle notizie diffuse dall'ufficio delle pubbliche relazioni del ministero delle Informazioni che in merito sono piuttosto scarne e confuse. Luanda, comunque, appare tranquilla, le strade sono percorse da una fiumana di gente che prende d'assalto i pochi negozi aperti, i mercati sono affollati. La precipitosa partenza dei civili portoghesi, fuggiti all'inizio di novembre, quando i partigiani dell'Mpla, dell'Fnla e dell'Unita si combattevano dappertutto ed avevano trasformato Luanda in un infuocato campo di battaglia, ha creato seri problemi al nuovo governo. Molti negozi sono chiusi, le attività commerciali ed industriali sono semiparalizzate. Funzionano soltanto i servizi essenziali, anche se con qualche intoppo perché l'assenza dei tecnici portoghesi ha creato ovunque difficoltà notevoli. Per due giorni, 1*8 ed 11 9 novembre, la capitale è rimasta senz'acqua per un guasto dell'acquedotto che nessuno era in grado di riparare. Nei lunghi anni della dominazione portoghese, le autorità di Lisbona non si erano affatto preoccupate di creare dei quadri tecnici locali, se-! gclvtnanpdssTipdtpfntzRdztvbg guendo la regola prima applicata da ogni potenza coloniale: mantenere il popolo schiavo nell'ignoranza più assoluta. Per questo, oggi, il governo di Agostinho Neto si trova a dover affrontare ogni giorno decine di piccoli e grandi problemi. Sull'Angola, finalmente indipendente dopo secoli di schiavitù, grava dunqur lo spettro della guerra civile. Tre movimenti si contendono il potere: l'Mpla (Movimento popolare per la liberazione dell'Angola) di Agostinho Neto, che si è insediato nella capitale, controlla una grossa fetta di territorio ed ha ottenuto il riconoscimento da parte di alcune nazioni. L'Fnla (Fronte nazionale di liberaziona dell'Angola) di Holden Roberto che controlla parte del Nord, l'Unita (Unione nazionale per l'indipendenza totale dell'Angola) di Jonas Savimbi, che può contare, sembra, sull'adesione della maggioranza della popolazione e controlla il Sud dell'Angola. Dietro ad ognuno di essi stanno forze internazionali che si contendono il controllo politico ed economico del Paese. Da una parte si trovano gli Stati Uniti, il Sudafrica e lo Zaire: ai primi fanno gola le ingenti ricchezze angolane (petrolio, rame, diamanti, oro, manganese, ferro, uranio), il Sudafrica vuole proteggere ed ampliare i confini dell'ultima roccaforte del razzismo bianco evitando che l'Angola si trasformi in un nuovo Mozambico, un vicino considerato piuttosto scomodo dal governo di Pretoria; lo Zaire è interessato a sua volta alle ricchezze angolane e legato agli interessi americani dalle proprie dipendenze economiche e militari con quella potenza. Sul fronte opposto (Mpla) si trova invece schierata l'Unione Sovietica, per le medesime ragioni di politica e di economia. La Russia, inoltre, ha un motivo in più per impegnarsi a fondo nell'affare angolano: la possibilità di stabilire una base sull'Atlantico, sino ad ora dominio incontrastato degli americani. L'operazione tentata in Portogallo senza successo, stando agli ultimi sviluppi politici di quel Paese, potrebbe riuscire in Angola. Accanto all'Urss sono schierati inoltre quei Paesi africani (Tanzania, Mozambico, Congo) che si battono per affrancare l'Africa indipendente dalla morsa del neocolonialismo. Fino a pochi giorni or sono sulla questione angolana gravava anche la presenza della Cina, che aveva concesso il suo appoggio allo Fnla (forse per mantenersi su posizioni opposte a quelle di Mosca), ma recentemente il governo di Pechino ha ritirato i propri «consiglieri» militari. Per ora le dimensioni del conflitto che travaglia l'Angola sono limitate: si combatte a Nord e a Sud, è vero, ma non esiste un vero fronte. Unite al tempo della dominazione di Lisbona nella guerriglia contro i portoghesi, le forze dei tre movimenti si danno battaglia nella boscaglia, disputandosi ogni villaggio, ogni capanna. Ma secondo l'Mpla, sovente gli avversari si ritirano di fronte ai soldati della Repubblica popolare dell'Angola senza combattere. Soltanto a Sud i combattimenti hanno preso l'aspetto di una vera e propria guerra per l'intervento di una colonna blindata di soldati della Repubblica sudafricana che, secondo le fonti d'informazione governative, aveva raggiunto Lobito con l'intenzione di puntare su Luanda ma è stata bloccata, respinta e semidistrutta. Queste le notizie, ma rimane pur sempre l'incubo orribile che l'Angola possa trasformarsi da un momento all'altro in un nuovo Vietnam. Francesco Fornari

Persone citate: Holden Roberto, Jonas Savimbi, Neto