Curcurù è innocente e Caruso fu ucciso dagli ignoti "killer,, che lo tallonavano

Curcurù è innocente e Caruso fu ucciso dagli ignoti "killer,, che lo tallonavano Colpo di scena: dopo la condanna a 21 anni, la libertà in appello Curcurù è innocente e Caruso fu ucciso dagli ignoti "killer,, che lo tallonavano Sapeva di essere braccato e aveva cercato rifugio nella soffitta del giovane - Quando questi lo scacciò, dovette scendere incontro ai sicari, che lo aspettavano sul ballatoio - E' l'unica ricostruzione che può spiegare le diverse ferite Non è un assassino. Ciro Curcurù, 29 anni, condannato in primo grado a ventun anni di carcere per omicidio, è stato assolto In appello. Era accusato di aver ucciso con undici coltellate nella sua soffitta in via Sant'Agostino 8, la notte del 12 aprile del 1972, Giuseppe Caruso, detto « Pino », 23 anni, un uomo che viveva ai margini della legge. La corte d'assise d'appello (presidente Germano, giudice a latere Herr, cane. Bonino) ha modificato 11 capo di imputazione in lesioni gravi, riconoscendo colpevole il Curcurù di quell'unica coltellata che egli ha sempre confessato di aver vibrato nel corso di un diverbio scoppiato a causa delle proposte sessuali avanzate dal Caruso. Per questo reato, la corte ha condannato Curcurù a un anno e sei mesi. L'imputato ne ha già scontati più di tre. Dopo essere stato riaccompagnato alle Nuove per le formalità di legge, Curcurù ne è uscito Ieri sera, riassaporando il gusto della libertà. Il « giallo » di via Sant'Agostino, come è stato concordemente definito da inquirenti, magistrati e avvocati, è destinato a rimanere tale, anche se la corte d'assise d'appello ha fatto tutto quello che era possibile per risolverlo. Sono stati effettuati ben due sopralluoghi nello stabile di via Sant'Agostino ed è chiaramente emerso che tutti gli inquilini degli alloggi che danno sul cortile Interno dovevano ave: udito le grida di invocazione e aiuto del Caruso, mentre veniva « giustiziato ». Ma nessuno ha mai ammesso nulla, ad eccezione di una unica testimone. Maria Parlato, coinqulllna del Curcurù, che però non ha visto niente ma ha solo sentito le grida di aluto cessare improvvisamente. La corte ha respinto la richiesta del pubblico ministero al processo, il sostituto procuratore Repaci, per una nuova superperizia, ma ha risentito 11 perito d'ufficio Griva, valutando attentamente le conclusioni alle quali era giunto l'esperto. Il primo barlume di speranza per Curcurù era proprio venuto da un riesame della perizia d'ufficio. Grlva ha infatti sostenuto «che una sola coltellata, non mortale, quella alla spalla, si può attribuire al coltello dell'imputato, mentre le altre dieci sono state vibrate da un'altra lama». Anche l'aver affermato che il Caruso è morto per emorragia, dissanguato dalle ferite, ha la sua importanza, perché conferma implicitamente la testimonianza della coinquilina di Curcurù, Maria Parlato, quando costei afferma di «aver udito dei passi risalire di corsa le scale (chi poteva essere se non il Curcurù?) e contemporaneamente cessare le invocazioni di aiuto del Caruso», che quindi in quel momento veniva assalito da altre persone. Tutti questi elementi però non erano bastati al pubblico ministero per convincerlo dell'innocenza del Curcurù. Il sostituto procuratore generale Repaci aveva quindi chiesto la condanna dell'imputato a 18 anni di carcere, concedendogli però le attenuanti generiche (tre anni in meno rispetto alla precedente sentenza). Dopo il p.m. hanno preso la parola 1 due difensori del Curcurù, il professor Gallo e l'avvocato Andreis. «Se è ve'O, e il perito d'ufficio con le sue affermazioni praticamente ci dà ragione, che il delitto non poteva essere compiuto da una sola persona, allora cade ogni accusa contro l'imputato — ha esordito II professor Gallo —. Nel processo di primo grado Curcurù è stato accusato di essere l'autore materiale del delitto o di aver ucciso il Caruso in concorso con altri. Il presunto complice, Angelo Naccari, è stato assolto in primo grado per insufficienza di prove. Restava dunque l'accusa di concorso in omicidio con altri aggressori non identificati. Ma per uccidere con altri bisogna mettersi d'accordo e ragionevolmente non si commette il delitto nella propria abitazione». « Che la versione del Curcurù — ha proseguito il difensore —, quella che egli rese quando si costituì a Bari dopo un tentativo di fuga, fosse l'unica in grado di resistere al vaglio processuale, lo abbiamo scoperto nel corso del processo d'avpello ma non per colpa dell'imputato. Curcurù non aveva alcun motivo di uccidere Caruso, mentre aveva tutte le giustificazioni di respingere anche con la violenza le sue proposte oscene. Caruso aveva chiesto a Curcurù di ospitarlo pur potendo alloggiare a Torino in una pensione, dove aveva una camera, perché era inseguito e sapeva da chi. Ma nei patti c'era soltanto una ospitalità forzata e niente di più. Così, quando il Curcurù lo scaccia dalla soffitta, vibrandogli una coltellata alla spalla, è costretto ad andare incontro ai suol aggressori. Scende di corsa le scale, ma si ferma impietrito quando due ombre sbucano dal ballatoio del primo piano. Ora è il Curcurù che fugge risalendo di furia le scale, mentre Caruso urla per i colpi ripetuti che si abbattono su di lui ». L'avvocato Andrels, dal canto suo, ha Illustrato al giurati la personalità dell'imputato: « Curcurù apparteneva soltanto anagrafìcamente all'ambiente dello stabile di via Sant'Agostino. Moralmente ne era estraneo. E' stato costretto a dare ospitalità al Caruso e si è giustamente ribellato alle sue proposte oscene. Ma non ha ucciso, anche se per arrivare alla verità è stato necessario rifare il processo ».

Luoghi citati: Bari, Torino