Mammut: pericoloso esempio di Mario Deaglio

Mammut: pericoloso esempio L'azienda, a corto di liquidità, dichiarata fallita dal tribunale di Genova Mammut: pericoloso esempio Domani incontro a Roma Genova, 2 dicembre. I prossimi giorni saranno decisivi per il futuro della «Mammut», l'azienda dichiarata fallita sabato scorso dal tribunale di Genova, e delle «Fonderie di Multedo», la società di cui la «Mammut» è la principale azionista. Per giovedì è fissato un incontro a Roma, nella sede del ministero dell'Industria, e davanti alle autorità di governo slederanno 1 rappresentanti degli Enti locali liguri, della Finmeccanica, della Gepi, sindacalisti, nonché il curatore del fallimento, professor aglianl. II problema principale è quelle che la «Mammut» possa continuare la sua attività, e in questo senso i sindacati hanno presentato ieri un'istanza al tribunale: stamane 1 rappresentanti della Regione Liguria hanno ribadito questa necessità al dottor Ricaldone, presidente del tribunale, e l'Impressione è che la magistratura non sia allena da una certa disponibilitr. a concedere l'esercizio provvisorio, purché si reperiscano i fondi per 1 primi interventi finanziari. La riunione di Roma, quindi, è praticamente decisiva. Che cosa risponderanno Sinmeccanica e Gepi? Nella procedura, ormai avviata del fallimento della «Mammut» si inserisce, anche la vicenda dell'altra società, le « Fonderle di Multedo», i cui azionisti saranno chiamati in assemblea 11 giorno 11 per deliberare sulla perdita di esercizio. Ma, come si è detto, il 75 per cento del capitale sociale è in mano alla «Mammut», che a sua volta ha una esposizione debitoria nei confronti delle «Fonderie» di circa tre miliardi e mezzo. Sia la «Mammut» sia le «Fonderie», si faceva notare oggi a Genova, sono due aziende con passività depurabill; una volta compiuto questo primo passo, si potrà procedere alla loro ristrutturazione e potranno riprendere la piena attività con risultati economici apprezzabili. Il carico di lavoro delle due società è notevole, ma per mantenere le commesse in corso e quelle già acquisite è necessario che il lavoro non cessi negli stabilimenti di Savona, Arenzano e Genova. Sostanziali novità, oggi, non se ne sono registrate. SI è però appreso che la Procura della Repubblica ha aperto un'Istruttoria sommarla nel confronti dell'Ingegner Nicolò De Ferrari e del dottor Francesco Rocci, rispettivamente presidente e amministratore delegato della «Mammut» già raggiunti Ieri da una comunicazione giudiziaria: l'accusa a carico del due amministratori è, per li momento, di distrazione di contante. — J Il compito dell'autorità monetaria // caso della Mammut, l'impresa di Arenzano dichiarata fallita ieri, rappresenta nell'attuale, difficile, situazione economica un fatto nuovo ed allarmante. Pur in mezzo a difficoltà crescenti, infatti, l'industria italiana era finora riuscita ad evitare il fallimento di imprese di una certa importanza. 11 numero dei fallimenti si è mantenuto a livelli sorprendentemente bassi per tutto il periodo della recessione. Ora. invece, proprio mentre in alcuni settori produttivi si cominciano ad intravedere segni abbastanza sicuri di un risveglio della domanda e della produzione, una società con un fatturato di dieci miliardi viene dichiarata fallita perché non riesce a trovare il denaro per pagare un debito di una ventina di milioni di lire. Com'è possibile un fatto del genere? Si è parlato di ui.a «congiura » contro la Mammut ma. al di là di tale possibilità, nel caso specifico la risposta è che quando la situazione è indistintamente difficile per tutti, nessuno si affanna a chiedere il fallimento del proprio debitore. Ciascun imprenditore dà prova di notevole pazienza nel riscuotere i propri crediti, ben sapendo che gli altri hanno la medesima pazienza con lui. Quando un simile stato generale di difficoltà si attenua, questa solidarietà tra le imprese tende a ridursi. L'impresa più efficiente riceve nuove ordinazioni, necessita di nuovo denaro per espandere la produzione, e richiede quindi il pagamento dei vecchi debiti. L'impresa più debole si trova in difficoltà a far fronte a tale richiesta e si può così arrivare all'istanza di fallimento. C'è il pericolo, cioè, che i fallimenti rappresentino una sorta di « coda » dolorosa della recessione. Il fallimento di un'impresa ne può infatti provocare una serie di altri. Chi vanta crediti nei confronti dell'impresa fallita viene subito guardato con sospetto dai suoi stessi creditori: se non verrà più pagato, infatti, dove troverà il denaro per pagare a sua volta i propri debiti? Le difficoltà di un'impresa si riverberano così in una sorta di « escalation » sulle imprese fornitrici. E' necessario proprio in questa fase delicata che le autorità monetarie intervengano, predisponendo aiuti finanziari supplementari per le imprese che, senza loro colpa, si trovano in difficoltà. Alle autorità monetarie compete la responsabilità di far sì che non si verifichino proprio ora le lacerazioni nel tessuto produttivo che si sono evitate nei periodi più duri della recessione. Che fare, però, dell'impresa fallita? La peggior cosa sarebbe un puro e semplice intervento di salvataggio che inserisse di peso la Mammut in qualche carrozzone pubblico, cambiandole magari solo il nome. La Mammut ha indubbiamente un patrimonio di maestranze preparate che non deve andare disperso; non bisogna dimenticare, però, che in questi anni non è nemmeno riuscita a pagare i contributi sociali per i propri dipendenti. Così non deve continuare: sono necessari profondi mutamenti nelle strutture e negli scopi dell'impresa. La sua funzione, come anche quella di altre imprese in difficoltà, va ripensata nel quadro di grandi obiettivi economici nazionali, dì piani dettagliati per i vari settori produttivi, cioè in una parola di una politica industriale. Nessun pe¬ riodo è in realtà più propizio di questa fine di recessione, per impostare un'azione coerente di lungo termine. C'è da augurarsi che i responsabili dell'economia sappiano sfruttarlo. Mario Deaglio

Persone citate: Francesco Rocci, Multedo, Nicolò De Ferrari, Ricaldone