A 13 anni è ucciso dai carabinieri mentre fugge da un'auto rubata di Remo Lugli

A 13 anni è ucciso dai carabinieri mentre fugge da un'auto rubata Tragica conclusione di una sparatoria presso Milano A 13 anni è ucciso dai carabinieri mentre fugge da un'auto rubata Era figlio di un netturbino immigrato - La sua vita, dice la madre, era nella strada - Con altri tre giovanissimi amici avrebbe tentato di travolgere un milite con la vettura ; poi la fuga nei campi - Forse hanno sparato per primi - I tre complici si sono costituiti nel tardo pomeriggio e negano di avere avuto delle armi (Dal nostro inviato speciale) Milano, 12 novembre. A 13 anni è morto sotto una raffica di mitra sparata da un carabiniere, mentre fuggiva da un'auto rubata. Gerardo Diglio, nativo di Cerignola (Foggia), figlio c°i un netturbino, avrebbe compiuto i 14 tra sei giorni. Era soprattutto figlio della strada. Non era andato più in là della seconda elementare, nonostante avesse più di una volta ripetuto questa classe. In passato era già stato sorpreso a rubare su automobili. Un anno fa lo avevano anche internato in un collegio, il Marconi di Baggio, ma c'era rimasto soltanto un mese e di nuovo era tornato alla sua vita consueta. I genitori, Lorenzo Diglio e Antonia Mansi, 53 anni, sono immigrati da Cerignola sette anni fa, con sette figli; ora la più piccola ha 8 anni, il maggiore 24; due di loro sono sposati e abitano per loro conto. La famiglia ha avuto in assegnazione un appartamento dell'Ina a Quintostampi, una frazione di Rozzano, poco oltre la periferia di Milano. Una casa modesta, ma tenuta con ordine. Germano era il più inquieto, lontano già da alcuni anni dalla scuola, non in grado ancora, per la giovane età, di trovarsi un'occupazione, trascorreva la maggior parte delle giornate con gli amici. «Dopo il caffelatte, al mattino — racconta la madre — correva subito fuori a cercare gli altri ragazzi. "Poi vengo", mi diceva, ma lo rivedevo soltanto a mezzo giorno, a tavola. E non appena finito, subito scappava. Qualche volta rientrava a metà pomeriggio, per la merenda, oppure la sera, per la cena. Poi non usciva più». La madre racconta a ciglio asciutto. Sospira: «Me lo hanno rovinato i cattivi amici». Vediamo cosa accade stamattina. Alle 9,30 un pullmino dei carabinieri della stazione di Locate di Triulzi, con a bordo i militi Luigi Zanon, 33 anni, e Roberto Scaramuzza 40, arriva in via Rosselli di Fizzonasco, una frazione di Pieve Emanuele. E' una zona di fabbriche, di strade deserte, di campi coltivati e anche di brughiera, di canali, di filari di piante. Via Rosselli termina contro un canale e un filare di pioppi, con un enorme spiazzo asfaltato, di 20 metri per 50. Oltre l'asfalto, su una carrareccia coperta dalle foglie cadute dagli alberi, si intravede, nella foschia, una Fiat 127 color nocciola. I carabinieri la raggiungono, vedono che ha il deflettore destro spaccato, una chiavetta da scatola di sardine infilata nel cruscotto per l'accensione. E' evidente che si tratta di un'auto rubata. Prelevano il libretto e raggiungono gli uffici di una non lontana fabbrica per telefonare all'intestatario della vettura. Avuta la conferma del furto, ritornano verso lo spiazzo. Ora intorno e dentro alla 127, intenti forse a smontare qualche pezzo, ci sono tre giovani. Un altro è a bordo di una Mini e quando si accorge del pullmino, suona il clacson per dare l'allarme ai complici. Questa, ovviamente, è la versione che è stata resa più tardi dai due carabinieri. Uno dei militi scende, l'altro avanza lentamente col pulmino per cercare di bloccare la strada alla «Mini». Questa vettura ha uno scatto improvviso, punta contro il carabiniere a terra, secondo quest'ultimo (oppure sta cercando di infilare uno stretto spazio rimasto libero tra l'automezzo dei carabinieri e la sterpaglia). Va a sbattere con il parafango anteriore sinistro contro un palo di ferro della illuminazione. Il giovane che è a bordo balza a terra e si dà alla fuga unendosi agli altri tre che già stanno correndo lungo la carrareccia I due carabinieri affermano che a questo punto hanno sentito alcuni spari di rivoltella. Zanon ha in mano il mitra, spara prima due colpi singoli a poi una raffica; Scaramuzzi ha la pistola e spara anche lui alcuni colpi; in aria, a scopo intimidatorio, sostengono. Ma uno dei giovani cade. Lo raggiungono. Rantola. I militari corrono a telefonare, fanno intervenire un'ambulanza, il ragazzo viene portato al Policlinico di Milano ma poco dopo il suo ricovero muore: un proiettile gli ha trapassato il polmone. Nell'attesa dell'ambulanza parecchie persone vanno sul posto, vedono il ragazzo. C'è chi lo riconosce. La notizia si diffonde subito a Quintostampi, che dista appena tre chilometri da Fizzonasco. Il fratello maggiore di Gerardo, andando al bar Rocco, alle 11, l'apprende. Si informa all'ospedale, presso i carabinieri, e in tal modo il ragazzo morto, che era sconosciuto perché privo di documenti, viene identificato. Più tardi lo stesso fratello di Gerardo va a rintracciare gli amici che erano con lui, e li convince a presentarsi ai carabinieri. Alle 16 i tre entrano nella caserma di Locate di Triulzi. Frattanto il sostituto procuratore dott. Carnevali, compie il sopralluogo assieme al maggiore Di Masi, comandante il gruppo carabinieri di Lodi. Si eseguono tutte le misurazioni, sullo spiazzo e lungo la carrareccia, tra gli automezzi che sono stati lasciati sul posto (la «Mini» ha ancora i fanalini di posizione accesi) e tra il punto da dove i carabinieri hanno sparato e dove il ragazzo è caduto (72 metri). Più tardi il magistrato raggiunge la caserma e va a interrogare i complici di Gerardo Diglio. Sono Mario Miolla, 16 anni, da Pisticci (Matera), senza fissa dimora; Claudio Sita, 14 anni, e Luigi Dassisti, 16 anni, entrambi da Rozzano. Sono stati arrestati. Tutti hanno subito precedenti denunce per furti contro il patrimonio. I giovani in fuga hanno sparato? Loro dicono di no e armi non ne sono state trovate. Ma i carabinieri insistono nella loro tesi? Non si sa, nessuno si pronuncia su questo punto. Remo Lugli 1' Milano. Gerardo Diglio (Telefoto Giancarlo De Bellis)