Brandt attacca dc e estremisti di Tito Sansa

Brandt attacca dc e estremisti Al Congresso del Spd Brandt attacca dc e estremisti (Dal nostro inviato speciale) Mannheim, 11 novembre. Con un discorso esplosivo di oltre due ore, l'ex cancelliere Willy Brandt, da molti considerato politicamente defunto, ha aperto oggi il XVI Congresso del partito socialdemocratico tedesco, del quale è presidente. Erano le ore 11 dell'undicesimo giorno dell'undicesimo mese, il momento nel quale, per antica tradizione, in Germania si apre il Carnevale, con scherzosi discorsi di principi in costume. Ma quello dell'ex cancelliere non è stato un discorso tranquillo, come molti si attendevano, ma un'autentica miccia, che ha acceso la campagna elettorale per le «politiche» dell'anno prossimo. Le grandi linee di quelli che saranno i cardini della lotta elettorale del 1976 sono state tracciate oggi nel palazzo «Giardino delle rose» di Mannheim. Ma rose non sono state né per l'opposizione democristiana, accusata di fare l'occhiolino alle destre, né per i giovani riformisti di sinistra all'interno dello stesso partito socialdemocratico. Brandt, ritornato il combattente di altri tempi, non ha risparmiato né gli uni né gli altri, si è capito dal suo discorso che l'obiettivo primo da raggiungere è quello di strappare voti al centro, togliendo ogni timore ai «borghesi, nella cui saggezza ho fiducia». Quattro punti sono emersi dalla relazione del presidente socialdemocratico: 1) una aperta dichiarazione di guerra ai democristiani, da lui definiti non soltanto «incapaci di governare», ma ad- dirittura «un fattore di rischio per la sicurezza interna ed internazionale»; 2) la condanna totale dell'estremismo politico, peraltro congiunta con un monito a non esagerare nell'inquisizione; 3) la necessità di adottare riforme sociali anche in un momento di crisi e di difficoltà di bilancio; 4) un appello a non perdersi in diatribe interne tra «buoni socialdemocratici» e «cattivi socialisti» ma a presentarsi compatti come «socialisti democratici». Due anni e mezzo fa, al Congresso di Hannover, quando parlò nella doppia veste di capo del partito e del governo, reduce dal trionfo elettorale dell'autunno precedente, Willy Brandt aveva il facile compito di programmare, sulle ali dell'entusiasmo per il successo in politica estera e per il benessere economico all'interno. Oggi, un anno e mezzo dopo le sue ingloriose dimissioni da cancelliere e undici mesi prima delle prossime elezioni, trovandosi di fronte ad un elettorato malcontento per la crisi economica e per la disoccupazione, Brandt ha dovuto sfoderare tutte le armi del lottatore per risvegliare l'opinione pubblica e i formatori di essa (gli scrittori, i giornalisti, gli scienziati) dal torpore e dalla indifferenza nei quali sono immersi da un paio d'anni. Dimenticati gli insuccessi personali e quelli del proprio partito (sconfitto in quasi tutte le ultime elezioni regionali), l'ex cancelliere ha scelto la via dell'attacco frontale a preferenza di quella del compromesso e dell'adattamento, suggerita da diversi strateghi del partito. Secondo l'opposizione democristiana e anche secondo alcuni osservatori neutrali, ha forse esagerato un pochino, usando toni talvolta tribunizi. Le reazioni sono state vivaci e indignate, è stato accusato di essere un incendiario, un demagogo, un calunniatore, un allarmista. Ma evidentemente Brandt, scegliendo la via della chiusura totale tanto a destra quanto a sinistra, sapeva sì di attirare su di sé le ire delle estreme, ma anche di poter rassicurare la popolazione tedesca. Ed è a questa gran massa della maggioranza silenziosa che egli ha parlato, pensando alle elezioni del '76, la cui ombra grava sul Congresso. Nella scia del discorso del presidente del partito, il quale ha appena sfiorato i suoi temi preferiti di un tempo (politica estera, relazioni con l'estero, problemi della difesa, Europa), si sono messi l'ex presidente della Repubblica, Gustav Heinemann e il ministro della Giustizia, Jochem Vogel. Il risultato primo che deve venir fuori da questo Congresso — quale che sia il contenuto e il calore delle discussioni interne dei prossimi giorni — è la compattezza dietro il cancelliere Helmut Schmidt, l'appoggio pieno alla politica del Governo ed all'alleanza con il partito liberale. Ai giovani Jusos di sinistra e ai sindacalisti che insistono per riforme rivoluzionarie, la «vecchia guardia» socialdemocratica ha fatto capire che si muovono in una dimensione isolata dalla Germania 1975, e perciò senza speranza. Tito Sansa

Persone citate: Brandt, Gustav Heinemann, Helmut Schmidt, Vogel, Willy Brandt

Luoghi citati: Europa, Germania, Hannover, Mannheim