Trovate banconote di quattro riscatti

Trovate banconote di quattro riscatti Trovate banconote di quattro riscatti Sono D'Amico, Stucchi, Perfetti, Malabarba Vibo Valentia, 11 novembre. Clamorosi e forse decisivi sviluppi nelle indagini per il sequestro dell'armatore romano Giuseppe D'Amico. I carabinieri di Locri hanno perquisito l'abitazione del commerciante Vincenzo Crupi, 49 anni, e rinvenuto banconote «segnate» che provenivano dai riscatti pagati dai familiari del D'Amico, dell'industriale di Lecco, Giovanni Stucchi, di Egidio Perfetti e di Angelo Malabarba. L'uomo è stato fermato e con lui anche i suoi due soci in affari, Francesco Viale, 56 anni e Antonio Scala, di 53. Tutti e tre risiedono a Locri e sembra facciano parte del clan dei Nirta. La somma sequestrata al Crupi è di 12 milioni. Le banconote «segnate» sono quattro da 100 mila e una da 50 mila. Il giudice istruttore di Vibo Valentia, dottor Nunzio Naso, che si occupa delle indagini, ha avuto un colloquio con l'armatore D'Amico. Non è stato solo un incontro formale, vi sono stati atti istruttori veri e propri. Nel tentativo di riconoscere i carcerieri di D'Amico, nove persone, tutte residenti nel triangolo Piatì Bianco - San Luca (la zona della Locride nel cui circondario si trova la prigione dove per 45 giorni D'Amico è stato tenuto segregato) hanno sfilato davanti all'armatore e al magistrato, in un susseguirsi di confronti all'americana. I nomi dei nove non sono stati resi noti in quanto coperti dal segreto istruttorio. Anche sui risultati di tale indagine non è stato detto nulla; il fatto, comunque, che nessuno dei nove sia stato fermato o arrestato fa pensare che l'esito sia stato negativo. Pare che tra essi vi fosse anche un fratello di Antonio Giorgi, il quarantaduenne pastore di San Luca conosciuto nell'ambiente mafioso con il soprannome di «u ciceru» (il cece), genero del noto boss ! Francesco Nirta, anch'egli ar' restato in f elazione al sequestro D'Amico. Nirta fu riconosciuto dall'armatore in un confronto avvenuto nel carcere di Lamezia Terme, il 26 agosto scorso, come colui che sedeva al fianco del complice che guidava l'automobile che lo trasportò sul luogo del rilascio. Giuseppe D'Amico fu rapito a Roma la notte tra il 29 e il 30 giugno scorso. Fu liberato dopo 43 giorni. La famiglia pagò un riscatto di un miliardo e 200 milioni. a. d. lavoro nei campi, è andato a casa sua ed ha bussato. Non avendo ottenuto risposta, l'agricoltore ha preso una scala ed è salito fino all'altezza della camera da letto dove ha scorto, distesi sul letto matrimoniale, i corpi dei due giovani. Ha allora chiamato soccorso; poco dopo sono giunti altri parenti delle vittime, i quali hanno aperto le finestre e chiamato il medico del paese. Quest'ultimo non ha potuto far altro che constatare la morte dei coniugi. Dagli accertamenti eseguiti più tardi dai carabinieri della stazione di Monteforte d'Alpone, è risultato che le esalazioni sono uscite dalla stufetta lasciata accesa nella cucina al pian terreno, con l'intento di scaldare anche la stanza da letto al primo piano. Durante la notte, però, mancando una sufficiente aerazione, la fiamma ha bruciato l'ossigeno, provocando la formazione di ossido di carbonio. Giacomo ed Irma sono morti nel sonno.

Luoghi citati: Lamezia Terme, Lecco, Locri, Roma, Vibo Valentia