Ha tentato per la seconda volta di morire sulla tomba del figlio che uccise con il gas di Remo Lugli

Ha tentato per la seconda volta di morire sulla tomba del figlio che uccise con il gas Ha tentato per la seconda volta di morire sulla tomba del figlio che uccise con il gas Una vita di stenti e privazioni - Nel '73 si chiuse nell'alloggio col bimbo di due anni e aprì il gas: lei si salvò, il piccino morì - Denunciata, fu assolta per infermità di mente e internata in manicomio - Domenica è uscita dalla clinica e nel cimitero si è avvelenata: sopravviverà (Dal nostro inviato speciale) Genova, 10 novembre. Laura Bestoso, 42 anni, infermiera, nativa di Torino: queste generalità sono state scritte ancora una volta nei registri dell'ospedale San Martino per una identica causa, tentato suicidio. La prima volta fu nel settembre '73, il giorno 24: a Rapallo, nell'alloggio che allora abitava, la Bestoso aveva tentato di togliersi la vita con il gas insieme con il proprio bambino, Massimo, di 2 anni. I vicini avevano sentito l'acre odore per le scale, era stata fatta irruzione nell'appartamento: madre e figlio erano in fin di vita, il bambino era morto subito dopo il ricovero, lei si era salvata dopo una lunga degenza in ospedale. Ieri la Bestoso, dopo essersi arbitrariamente allontanata dal ma! nicomio giudiziario di Castiglione delle Stiviere (Mantova) che la ospita, è venuta in Liguria, è tornata a Rapallo, e sulla tomba del suo bambino ha ingerito una forte dose di barbiturici. Si salverà anche questa volta. La sua storia ha radici lon j tan6j forse nella sua infanzia ' di bambina, figlia di genitori separati, cresciuta passando da un collegio all'altro Ventidue anni fa, ancora nubile, ha una figlia. Più tardi si sposa e la sua bambina. Lucia, ricalca la vita della madre passando attraverso vari collegi. Il marito di Laura Bestoso non è felice, presto avviene la separazione e, più avanti, il divorzio. La Bestoso, che nel frattempo si è trasferita in Liguria, si mette a convivere con un altro uomo e con lui, nel '71, ha un bambino, Massimo. Ma anche questo incontro non è felice: il convivente lavora poco, gioca, spende malamente il modesto stipendio della donna che fa l'infermie- ra. In un periodo in cui abitano ad Albisola, anche Lucia convive con la madre e il suo uomo, ma la ragazza si trova a disagio, cerca di uscire presto da quella situazione e ci riesce frequentando prima un corso di puericultura e poi impiegandosi presso l'istituto per l'infanzia di Savona. Nell'autunno del '73, Laura Bestoso è occupata presso una clinica privata di Santa Margherita Ligure e abita a Rapallo in un povero alloggio, più che disadorno, vuoto: solo un paio di mobili e due materassi a terra, per lei e per il bambino. L'uomo viene saltuariamente a chiederle denaro. Lei vive in precarietà, fra continue difficoltà, affidando il figlio, negli orari di lavoro, a vicini e conoscenti. E' così che matura in lei l'idea della morte per entrambi, lei stessa e il bimbo. Tappa ogni fessura delle finestre e della porta con delle lenzuola, apre il rubinetto del gas e si sdraia su un materasso con il figlio tra le braccia. Il tentativo finisce come si è detto. Un mese dopo quella tragica data, quando è ancora in ospedale, la Bestoso viene arrestata per omicidio colposo e rinviata a giudizio. Al processo è prosciolta per totale infermità di mente all'epoca de? fatto ed è internata in un ospedale psichiatrico giudiziario, quello di Pozzuoli, per un periodo non inferiore a dieci anni. Nel marzo scorso la Bestoso è trasferita nel manicomio giudiziario di Castiglione delle Stiviere, che è un istituto «aperto», non solo perché viene data la possibilità ai ricoverati di usufruire di permessi e di licenze, ma anche per il tipo di trattamento che viene praticato dai medici. Per la Bestoso comincia un nuovo periodo, che sembra una riconquista della vita. Offre la propria esperienza di infermiera e il personale sanitario del manicomio l'accetta entro certi limiti, anche per ridarle fiducia. Dice il professor Micheletti, direttore dell'ospedale psichiatrico di Castiglione: «Lavorava con passione e con competenza. Le sue condizioni psichiche erano notevolmente migliorate. Qualche volta parlava del passato e non poteva evitare di manifestare il proprio continuo dolore per la perdita del bambino. Cercava di farsi coraggio e di pensare al futuro. Aveva recentemente partecipato a un concorso per un posto d'infermiera j rofessionista in un ospedale locale e l'aveva vinto assicurandosi l'impiego. Avrebbe dovuto prendere servizio in uno dei prossimi giorni e l'avrebbe fatto grazie alla concessione da parte del giudice di sorveglianza e nostra del permesso di poter uscire al mattino e rientrare alla sera». Negli ultimi giorni di ottobre la Bestoso chiede al dottor Gamba, giudice di sorveglianza, un permesso per recarsi a Rapallo a visitare la tomba del figlio. Il magistrato glielo concede e lei parte sabato primo novembre. La stessa sera è di ritorno. Appare triste, non ha voglia di parlare: chi le è più vicino riesce a sapere che ha trovato la tomba trascurata. Passano ancora alcuni giorni. Giovedì 6 novembre, al pomeriggio, la Bestoso chiede di uscire dal manicomio per recarsi in paese e fare degli acquisti, una cosa consueta, e il permesso le è subito accordato. Esce, ma la sera non rientra. Viene denunciata la sua scomparsa. Di lei si torna a sapere qualcosa alle 13 di ieri, quando viene trovata bocconi sulla tomba del piccolo Massimo Bestoso, nel cimitero di Rapallo. La portano nell'ospedale del luogo e di lì viene poi trasferita al San Martino di Genova: esattamente come due anni fa. Dice la dottoressa Lescovelli, dell'ospedale psichiatrico di Castiglione delle Stiviere, del cui reparto la Bestoso era ospite: «La notizia del tentato suicidio ci ha sorpresi, non pensavamo che potesse attuare un simile gesto. Giudicava¬ mo che si fosse ripresa bene. A ripensare alla sua situazione si può però comprendere come possa essersi instaurato in lei questo nuovo periodo di depressione. Certo la Bestoso si sentiva sola: l'uomo che le aveva dato il bambino raramente si faceva vivo con una lettera; della propria famiglia d'origine ha due sorelle, a Torino, che da quando è morto Massimo hanno tagliato i rapporti con lei. La figlia Lucia, da tre mesi si è sposata, con un ingegnere di Genova e abita a Savona. Infine deve avere influito sulla Bestoso il timore che l'ospedale presso il quale aveva vinto il concorso per un posto da infermiera, potesse rifiutarne l'assunzione, all'ultimo momento, apprendendo la sua condizione di ospite dell'ospedale psichiatrico giudiziario». Remo Lugli

Persone citate: Castiglione, Gamba, Laura Bestoso, Lescovelli, Micheletti