Tormentata indipendenza per l'Angola di Ferdinando Vegas

Tormentata indipendenza per l'Angola Da mezzanotte di ieri la colonia diventa autonoma dal Portogallo Tormentata indipendenza per l'Angola Luanda, 10 novembre. Il contrammiraglio Leonel Cardoso, alto commissario portoghese in Angola, ha solennemente proclamato oggi l'indipendenza del territorio, che diverrà effettiva a partire dalla mezzanotte di oggi. (Ansa-Afp) A mezzanotte l'Angola è diventata indipendente, almeno nel senso che ha cessato di dipendere dal dominio coloniale del Portogallo; il governo di Lisbona ha ritirato le ultime truppe, con notevole anticipo sul termine massimo (20 febbraio 76) fissato dagli accordi di Alvor del 15 gennaio, mantenendo tuttavia la data pattuita, 1*11 novembre, per ammainare a Luanda, la capitale, una bandiera che vi sventola da secoli. Di fronte al divampare della guerra civile fra i tre movimenti indipendentisti angolani, da parte portoghese la liquidazione ha così assunto un caratteie fallimentare, si è trasformata in un precipitoso abbandono, se non addirittura in una fuga, a cominciare dalla massa dei trecentomila civili. Uscito in tal modo di scena il Portogallo, ora gli angolani devono fare dell'indipendenza nominale una concreta realtà, che non sia però quella tragica cui il Paese pare avviato, con la prospettiva finale di perdere nuovamente, nella sostanza, l'indipendenza stessa. A differenza del Mozambico e della Guinea, dove Lisbona potè ordinatamente trasmettere il potere ai rispettivi gruppi di liberazione, uno per colonia, nell'Angola invece si contendono la successione tre movimenti: il Mpla (Movimento popolare per la liberazione dell'Angola) di Agostinho Neto; il Fnla (Fronte nazionale di liberazione dell'Angola) di Holden Roberto; e l'Unita (Unione nazionale per l'indipendenza totale dell'Angola) di Jonas Savimbi. Dietro ad ognuno di essi — ecco il punto critico — stanno forze internazionali, in aspra contesa per il controllo politico ed economico dell'Angola. Non che manchino i motivi interni di contrasto, etnici ed ideologici, fra i tre movimenti; ma su questi motivi si sono inseriti, sfruttandoli ed esasperandoli, gli opposti interessi delle grandi potenze, assecondate da Stati africani. In linea generale molto schematica si può dire che si sta svolgendo, con l'Angola come posta in palio, una battaglia di retroguardia, l'ultima impegnata dal colonialismo. Su questa posizione convergono, da un lato, il Sudafrica, che vuole meglio proteggere i baluardi avanzati di quella roccaforte del razzismo bianco che esso in effetti è; dall'altro lato, gli Stati Uniti ed altri Paesi occidentali, ai quali fanno gola le ingenti ricchezze racchiuse nel forziere angolano, tanto sovrabbondante di materie prime da meritare l'appellativo di « scandalo geologico ». Tali ricchezze sono pure appetite dallo Zaire, che così trova una valida ragione per continuare ad esercitare, essendovi direttamente coinvolto, la missione di « longa manus » degli interessi americani; basti solo pensare al petrolio della cosiddetta « cn- clave » di Cabinda, la cui prò- duzione nel 1980 dovrebbe ar- rivare, secondo le varie stime, a 130-200 milioni di tonnellate l'anno. Sul fronte opposto si trova invece schierata l'Unione Sovietica, per comprensibili ragioni di politica di potenza, ben più che ideologiche; e si trovano egualmente quei Paesi africani come la Tanzania, il Mozambi- co, il Congo, che hanno regimi interni « progressisti », e coerentemente, si battono per affrancare l'Africa indipendente dalla presa del neocolonialismo. Senza contare, nel caso del Congo, l'interesse tangibile per il petrolio della confinante Cabinda; donde le voci, però smentite, d'un ingresso di truppe congolesi ne\\'enclave, così come non risultano confermate le notizie su un intervento dello Zaire. L'unica, ma grande, anomalia di questi schieramenti è rap¬ j presentata dalla collocazione ; della Cina, sullo stesso fronte degli Stati Uniti e del Sudafri ca: una scelta che si può spie gare soltanto nell'ambito del conflitto cino-sovietico, a causa | del quale Pechino vede la situa zione internazionale attraverso un'ottica deformante sino al punto di indursi ad autentiche acrobazie, pur di trovarsi nel campo opposto a quello di Mosca. Senza questa ossessione risulterebbe incomprensibile il j favore accordato dalla Cina al , Fina anziché al Mpla. ii Mpla, infatti, è l'unico dei tre movimenti che abbia una impostazione seriamente ideologica, in senso marxistico, almeno nei dirigenti (e questo, oltre alle anzidette ragioni di potenza, spiega l'appoggio sovietico); che superi le angustie del tribalismo per rivolgersi a tutti gli angolani; infine, elemento fondamentale, che abbia saputo crearsi un'estesa base sociale, dagli intellettuali e dall'esiguo proletariato urbano alle masse popolari. 11 suo obiettivo, una volta raggiunta l'indipendenza, è l'instaurazione di un diffuso « potere popolare », già in costruzione mediante una rete di organizzazioni di base. La lotta condotta dal Mpla risponde quindi ai criteri d'una « resistenza popolare generalizzata », è una classica guerriglia, mentre il Fnla e l'Unita, da ultimo accordatisi, rispondono, con reparti inquadrati da mercenari bianchi, provenienti dal Sudafrica e dallo Zaire, e con l'appoggio dell'organizzazione di estrema destra degli ex coloni portoghesi. Oltre che in questo sostegno esterno, la forza del Fnla e dell'Unita, ma anche il loro limite, sta nelle rispettive basi tribali: il popolo Umbundu, nell'Angola meridionale, per l'Unita (circa il 40 per cento del totale della popolazione), e il popolo Bakongo, a Nord, per il Fina. E poiché i bakongo si estendono oltre confine, nello Zaire, ecco un altro motivo dell'appoggio dato al Fnla da Mobutu, il quale è per di più preoccupato di avere un'Angola «progressista» lungo un confine di 2400 chilometri. L'intreccio tra fattori interni ed esterni è dunque molto fìtto e complesso, tale appunto da giustificare le più serie apprensioni sul destino dell'Angola. Creazione artificiale dell'epoca coloniale, come tutti gli Stati ora indipendenti dell'Africa nera, l'Angola si conserverà unita oppure prevarranno le forze della disgregazione? Ferdinando Vegas

Persone citate: Holden Roberto, Jonas Savimbi, Leonel Cardoso, Neto