Aborto: se il medico dice no

Aborto: se il medico dice no Le polemiche sul caso di Filomena C. a Milano Aborto: se il medico dice no Milano, 8 novembre. La recente polemica sul caso di Filomena C, malata di reni, cui il primario ginecologico dell'ospedale nel quale era in cura (reparto nefrologia) ha rifiutato l'aborto terapeutico — nonostante due medici avessero attestato il grave rischio da lei corso nel proseguire la gravidanza — riporta di particolare attualità la sentenza della Corte costituzionale che, il 18 febbraio scorso, ha sancito la legittimità dell'intervento di interruzione di maternità se e quando, per la salute della madre, esista serio e provato pericolo. Ad occuparsi e rendere noto quanto è successo alla giovane sono stati tre sanitari del Centro italiano medico per i problemi dell'aborto (Cimpa): una sigla ancora non molto conosciuta. L'iniziativa è sorta nel marzo di quest'anno, con lo specifico intendimento di battersi per l'applicazione del dettato della Corte costituzionale in materia di aborto. Vi aderiscono una trentina di medici, per la maggior parte ginecologi, ed un avvocato; uffici in via Delle Asole 2, ospitati nella sede dell'Associazione italiana educazione demografica. «Durante l'ultimo congresso, nel maggio scorso — dice il dottor Guido Tassinari, esponente dell'esecutivo nazionale dell'Aied —, abbiamo deciso di includere tra i nostri fini anche la depenalizzazione dell'aborto. Questo perché molte donne incinte, che non possono e non vogliono avere figli per serie ragioni di salute fisica o psichica, continuano ad interpellare i nostri medici: quasi quotidianamente veniamo a conoscenza di situazioni drammatiche ma non possiamo risolverle in alcun modo. Eventuali interventi di interruzioni di maternità sarebbero infatti in contrasto con la ragione stessa per cui esistiamo: che è prevenire le gravidanze indesiderate mediante la corretta conoscenza e l'uso dei metodi di contraccezione». Fra queste donne, alcune — come appunto Filomena C. — finiscono con il rivolgersi al Cimpa. «Il caso di Filomena — prosegue il dottor Tassinari — dimostra il velleitarismo di certi slogans femministi che pretendono l'interruzione di gravidanza libera, gratuita, con regolare assistenza in ospedale. Ammesso che si arrivi ad una liberalizzazione totale, dove e quali sono le strutture ospedaliere che vorranno, e saranno in grado, di eseguire gli interventi?». Quella di Milano è per ora l'unica sede Cimpa esistente nel nostro Paese. Gli uffici dell'Aied in via Delle Asole prevedono anche il primo, e solo, consultorio italiano di sessuologia. Vi lavorano una psichiatra-ginecologa (la dottoressa Roberta Ribali), un andrologo (il professor Salvini), due psicologi (la dottoressa Berlucchi e il dottor Premoli). Per la maggior parte dei casi, i pazienti vi giun¬ gono «in coppia»: prezzo ufficiale per visita, settemila lire. Una tariffa che non è mai più alta, ma sovente, quando a chiedere assistenza sono persone non abbienti, risulta ben minore. Direttore medico nazionale dell'equipe di specialisti di ostetricia e ginecologia dell'Aied, il professor Giuliano Gelli, primario al Karolinska Institutet di Stoccolma (il primo clinico italiano a ricoprire tale carica nel prestigioso centro sanitario svedese) e all'ospedale di San Giuliano Milanese. Ornella Rota « La Stampa » di oggi 9 novembre 1975 è uscita in 545.700 esemplari

Luoghi citati: Milano, Stoccolma