Come si organizza un servizio "porno di Francesco Fornari

Come si organizza un servizio "porno A Genova, "centro di produzione,, delle riviste Come si organizza un servizio "porno Ogni seduta viene compensata con cinque-diecimila lire - Per le "pose particolari" si può arrivare a cinquantamila - Più facile trovare gli uomini, spesso marittimi stranieri (Dal nostro inviato speciale) Genova, 8 novembre. «Pornografia, foto, filmini»: le mani affondate nelle tasche di un impermeabile che ha conosciuto tempi migliori, l'uomo sussurra il suo richiamo nelle orecchie dei passanti. Marinai di tutte le nazionalità, in prevalenza marocchini e tunisini, curiosi, scansafatiche, oziosi si aggirano lungo i vicoli dove si può comperare di tutto: dalle sigarette di contrabbando, in bella mostra su improvvisate bancarelle, alle radio a transistor, dagli orologi «made in Suisse» alle catenelle d'oro. Anche pistole, stando all'offerta che mi ha fatto un giovanotto mentre mi passava accanto. Siamo nel Sestriere di Prè, uno degli angoli più caratteristici della vecchia Genova, una moderna corte dei miracoli, regno di lenoni, prostitute, contrabbandieri, truffatori, ladri e, secondo alcuni, uno dei più importanti «centri di produzione» del materiale pornografico che «illustra» le più scollacciate riviste «per soli uomini» in vendita attualmente in Italia. La dottoressa Del Puglia, ispettrice capo della polizia femminile di Milano, mi aveva detto che la maggior parte del materiale fotografico osceno arriva da Genova. «Esiste uno. misteriosa agenzia che provvede a rifornire queste riviste». La stessa cosa mi era stata confermata da qualche editore di questa stampa particolare: mezze ammissioni velate di reticenza: «Non conosco nessuno personalmente, ogni tanto arriva un rappresentante da Genova col materiale. No, non si tratta mai della stessa persona, cambiano sempre. Porta le fotografie stampate, oppure i fotocolor. Nessuna fattura, si paga subito in contanti. Nessun nome, nessun indirizzo». Fotografie anonime, il più delle volte eseguite con una tecnica elementare, stampate su carta di qualità scadente, realizzate in ambienti squallidi: cantine, garages, gabinetti. Una branda ricoperta da lenzuola macchiate, corpi nudi di uomini e donne in atteggiamenti inequivocabili. Occhi stralunati, labbra serrate in sorrisi gelidi, incarnato pallido, malaticcio, capelli in disordine, unghie spezzate con antichi residui di lacca. Oscenità e volgarità. Buon mercato Mi ha detto il direttore di una di queste riviste: «Alcuni servizi fotografici si possono pagare anche centomila lire». In genere se la cavano con molto di meno: venti, trentamila lire. Ma il mercato è in espansione, la richiesta aumenta ogni giorno, la stessa fotografia può essere rivenduta tre, quattro volte. Non esiste l'esclusiva in questo settore. Una serie di cartoline offertami in via Prè per cinquemila lire, riproduceva scenette che la settimana scorsa erano pubblicate su una rivista pornografica di forte tiratura. Ma si trattava addirittura di fotografie scattate cinque anni fa e già pubblicate su decine di giornali. Girando da un bar all'altro, offrendo da bere ad alcuni personaggi che mi erano stati indicati in precedenza, sono riuscito ad avvicinare uno di questi fotografi. Remo: un nome certamente fittizio. Dimostra più di cinquantanni, anche se ne ha senz'altro parecchi di meno. Lavora al porto saltuariamente, se ho ben capito è una specie di scaricatore «abusivo», di quelli che vengono reclutati da un giorno all'altro e versano una parte dell'ingaggio all'appaltatore. In passato è stato denunciato per commercio di materiale pornografico. Dice d' essere un fotografo dilettante: quand'era più giovane era facile la domenica vederlo gironzolare nei pressi dello stadio con una macchina appesa al collo. Ha cercato per anni di ottenere una tessera qualunque che lo accreditasse nella professione di fotogra fo. «Ma non sono stato fortunato, nessuno mi ha aiutato. Avrei potuto diventare qualcuno», sospira convinto. Perché si è messo a fare fotografie pornografiche? «Ho incominciato fotografando qualche amica. Sa com'è, le donne sono vanitose, se sono belle amano guardarsi. Le fotografavo nude, in campagna, e poi gli regalavo le foto. Un giorno un amico ha visto qualche copia e mi ha proposto di stampargliene altre per venderle». Gli affari hanno incominciato ad andare bene, «Remo» ha comperato una macchina nuova, un riflettore per lavorare «in interno». Poi ha cercato delle modelle, si è organizzato. Dove trova le modelle? «Beh, non è difficile. Donne del giro, ragazzine che hanno bisogno di quattrini». Ogni «seduta di posa» viene ricompensata con cinque, diecimila lire. Così poco? «Si tratta di foto normali, per quelle particolari si paga di più ma rendono anche parecchio». qdcèndavdtrsidmcscndsnhlrqpsctdtjs' cbm i n a a e o o i n d ù e Le pose particolari sono quelle che vedono uomini e donne insieme. Come fa a convincere gli uomini? «Non è molto difficile. In genere sono marittimi stranieri, gente di colore. Nessuno li conosce, a loro non importa niente. A volte non vogliono neppure il denaro: gli basta potersi intrattenere con la donna. E bere: ce ne sono di quelli che si scolano una cassetta di birra in mezzo pomeriggio». La donna riceve, in media, ventimila lire. «Ma ho pagato anche 50 mila lire per realizzare servizi particolarmente piccanti», ricorda compiaciuto. Vorrei parlare con qualcuna delle modelle, ma «Remo» diventa improvvisamente restio. «Non so neppure chi sono, dove abitano». Ma come ha fatto ad incontrarle? «Me le presentano gli amici, io non so nulla». Inutile insistere, chiedergli di presentarmi questi amici. «Non mi va di parlare, io non voglio far passare dei guai agli altri. Ho accettato di parlare con lei soltanto perché mi ha garantito di non rivelare la mia identità». Un'identità che non conojsco neppure: un incontro oc' casionale in un bar, qualche bicchiere di whisky, un pacchetto di sigarette fumato a metà. «Ho perso un paio d'ore con lei. Mi dia qualcosa», pretende «Remo». Diecimila lire gli sembrano un compenso equo. Sorridente, amichevole, vuole ringraziarmi a modo suo: «Mi dia l'indirizzo, se un giorno farò qualche servizio particolarmente sexy gliene mando delle copie. Così vedrà come so lavorare». Un giovanotto con le tasche piene di pacchetti di sigarette e accendini «elettroconici», come dice lui, accetta di accompagnarmi per cercare una sua amica che «ha fatto delle fotografie». La troviamo in un bar vicino a p. Caricamento: nome esotico, luce rossa all'interno. Due avventori seduti davanti al lungo bancone, cinque o sei ragazze sparpagliate nella sala. In attesa. Una gioca a «flipper»: giovane, graziosa, i capelli biondi tagliati corti. E' lei. La mia guida mi presenta come fotografo: ci sediamo ad un tavolo, beviamo una bibita, poi il giovanotto ci lascia soli. Mi saluta con una strizzatina d'occhi. La ragazza dice di chiamarsi Janet e di essere inglese. Parla un italiano stentato, il suo inglese però è altrettanto sgrammaticato. Ha 22 anni. Le dico che devo fare fotografie per un giornale erotico e che cerco modelle. Vuole sapere di che cosa si tratta. «Se devo posare nuda ci sto, ma non voglio storie. Nessuno vicino, niente uomini». Insisto, le spiego che si tratta di una rivista particolare, che è necessaria la presenza di un «partner». Prima rifiuta, poi dice che potremmo anche metterci d'accordo a condizione che il «partner» lo scelga lei. «Vengo col mio fidanzato: è un bell'uomo, vedrà che andrà tutto bene». Mi chiede 200 mila lire. Dopo una lunga discussione scende alla metà. «Non una lira di meno», dice. Adesso ha fretta di concludere, vorrebbe che andassimo subito dal «fidanzato», le foto potremmo farle a casa sua, inutile perdere tempo. In meno di un'ora, pur non essendo dell'ambiente, sono riuscito a trovare una coppia disposta a lasciarsi fotografare in atteggiamenti erotici. Non è stato difficile trattandosi di una donna del «giro». Ma a Milano, l'ispettrice di polizia mi aveva detto che sovente le modelle fotografate non sono prostitute ma donne sposate, commesse, impiegate, anche studentesse. «Conosciamo donne che si prostituiscono due o tre volte al mese per arrotondare lo stipendio; studentesse che ci stanno per potersi comperare un vestito nuovo, o una borsetta». Faccio una prova Un fotografo mi assicura che « con un po' di abilita, qualunque donna può trasformarsi al punto da diventare irriconoscibile». Faccio una prova: telefono a cinque sedicenti indossatrici e fotomodelle, ragazze che si guadagnano da vivere accettando di «fare» i campionari, andando in giro di paese in paese sull'auto del rappresentante, aiutandolo a scaricare ogni volta decine di abiti per portarli nelle «boutiques», dove li indosseranno uno dopo l'altro, costrette a cambiarsi di corsa in uno stanzino, magari nella toeletta, per ricominciare daccapo in un altro negozio, così per otto, dieci volte in una giornata, e tutto questo per un pranzo e 15, nel migliore dei casi ventimila lire. Spacciandomi ancora per fotografo di riviste «sexy» faccio la mia proposta. Ottengo tre netti rifiuti, un «ci devo pensare, mi richiami più tardi»: soltanto una accetta di incontrarmi «per discutere». Diciannove anni, capelli color tiziano, alta, ben fatta. Licenza media («ho interrotto gli studi perché preferivo lavorare»), ha incominciato come commessa (ma lei dice «venderne») in una «boutique» di via XX Settembre. «Un giorno un rappresentante mi ha chiesto se volevo lavorare per lui. Adesso sono tre anni che faccio l'indossatrice. Ho fatto anche il Samia a Torino per due volte». Ha già posato nuda «per fotografi amici». Mi mostra qualche foto: seduta su una sedia a dondolo, una stoffa drappeggiata in grembo nasconde in parte la sua nudità. In mezzo ad un prato, soltanto con la parte inferiore di un minuscolo «bikini». Le spiego che in questo caso si tratterà di foto diverse, con altre donne, con uomini, in atteggiamenti «spinti». «Posso mettere una parrucca?». Può mettere tutto quello che vuole, anche una mascherina sugli occhi. «Ma faremo solo finta di fare quelle cose?», chiede esitando. Più o meno, rispondo, le fotografie devono essere reali. Per aiutarla a superare l'imbarazzo le offro centomila lire per una giornata di lavoro. E' d'accordo, ma ad una condizione: «Non voglio far niente con gli uomini. Soltanto fingere di fare all'amore e basta». Francesco Fornari

Persone citate: Del Puglia

Luoghi citati: Genova, Italia, Milano, Sestriere, Torino