La malavita in "Rolls Royce,, di Remo Lugli

La malavita in "Rolls Royce,, Milano: il trafficante assassinato sull'auto da 36 milioni La malavita in "Rolls Royce,, "Mario 'o guappo", 33 anni, guadagnava più di 100 milioni al mese vendendo stupefacenti - In uno dei suoi 14 alloggi la polizia ha sequestrato un chilo e mezzo di cocaina - Ucciso su ordine di un boss rivale? (Dal nostro inviato speciale) Milano, 7 novembre. Un grossista che vendeva anche al minuto, questo era Mario 'o guappo, cioè Mario Buraglia, 33 anni, che l'altra notte è stato assassinato a bordo della sua «Rolls Royce» davanti a casa. Poche ore dopo il delitto, la vittima era stata definita dalla polizia uno spacciatore medio di droga. Oggi il dottor Portacelo, capo della squadra omicidi e stupefacenti, è più propenso a considerare il Buraglia uno dei pezzi grossi che si dividono la «piazza» di Milano. In un suo mini-alloggio di via Marco d'Agrate 19, scoperto in un secondo tempo, è stata trovata altra droga: un chilo e 300 grammi di cocaina. Si calcola ne spacciasse sette od otto etti al mese: acquistata a 15 milioni al chilogrammo e venduta a 50, gli avrebbe procurato un guadagno di circa trenta milioni mensili. Ma lui non si accontentava: tagliava la droga con altre sostanze, lidocaina, vitamine, per ricavarne un utile maggiore. Cioè truffava i drogati fino a consegnar loro soltanto una terza-quarta parte della «roba» che essi pagavano per intero. E in tal modo il suo guadagno si moltiplicava per tre-quattro volte. Forse in questo illecito nell'illecito sta il movente del delitto. Non si esclude, infatti, che i due assassini siano drogati che hanno agito per vendetta. C'è però un'ipotesi che ha maggiore consistenza: che il mandante sia un fornitore al quale Mario 'o guappo non voleva pagare una partita di droga o gliela voleva pagare in misura minore, magari adducendo come scusante la scadente qualità della merce. Terza ipotesi: che sia stato ucciso per ordine di un altro boss, al quale la sua attività incominciava a dare fastidio. Gli inquirenti affermano di essere su una buona pista. Per ora hanno arrestato due persone: quella Giovanna Aietà, di 28 anni, una delle sue amanti, che al momento del delitto si trovava sullo stesso corso Lodi (era arrivata con lui poco prima a bordo della «Rolls Royce») e Antonio Stecco, di 28 anni, abitante in piazza Cinque Giornate 6, entrambi per concorso in spaccio di stupefacenti. Queste due persone appartenevano al gruppo dei numerosi collaboratori di Mario 'o guappo, i quali gli consentivano di essere spacciatore al dettaglio senza nemmeno toccare la droga. Nei tredici mini-alloggi che il Buraglia possedeva in corso Lodi 65, si avvincendavano elementi della malavita bisognosi di una temporanea sistemazione, al di fuori dei controlli della polizia: prostitute, ladri, rapinatori. Buraglia dava loro ospitalità e in cambio gli chiedeva il favore di fare, a turno, da intermediari, consegnatori della merce. Quando qualche cliente si avvicinava alla Rolls Royce per una ordinazione (la lussuosa vettura rosso-amaranto era in sosta ogni notte davanti al numero 65 di corso Lodi, con il proprietario a bordo, dall'una alle quattro) Mario 'o guappo scendeva, suonava un certo campanello e faceva scendere ciò che necessitava. La sera dopo il campanello suonato era diverso e così pure la notte successiva, appunto per la rotazione prudenzia1p cui sottoponeva la sede che ospitava la droga. In una delle monocamere in cui erano ospitati due sudamericani sono stati trovati parecchi documenti falsi; dei due ospiti non s'è trovata traccia. La polizia ritiene che siano due corrieri che introducevano la droga in Italia. Mario Buraglia era circondato da donne. La Aietà è indicata come un'amante, non era la sola. Egli viveva in un appartamento di tre locali, pure di sua proprietà, nello stesso palazzo di corso Lodi 65, dove possedeva, nel residence, le tredici monocamere, con un'altra donna, Franca Stoppini, con la quale aveva avuto anche una bambina, ora di 5 anni. Un'altra donna era solita frequentare l'appartamento di via Marco d'Agrate, dov'è stato trovato il forte quantitativo di cocaina; ma questa giovane non era presente quando la polizia è entrata per la perquisizione e non è nemmeno stata identificata. Nella vita di Buraglia c'era la moglie, naturalmente: Concetta Esposito, 30 anni, napoletana come lui, che gli ha dato quattro figli: Ugo di 14 anni, Giuseppe di 11, Edo di 9, Claudio di 5. Erano immigrati a Milano dieci anni fa, quando avevano già due bambini e lui era in Ferrovia, conduttore di treni. Un mestiere e una qualifica che gli erano invidiati da molti. Era, allora, ancora un uomo onesto e la famiglia viveva felice. Mario aveva però la vocazione per la truffa. Aveva dato vita ad un'azienda libraria attraverso la quale prometteva in vendita enciclopedie che non consegnava mai, ritirando però il denaro. «Poi — racconta la moglie — ha cominciato a frequentare altre donne, meglio dire donnacce. La nostra vita comune si è fatta turbo- lenta, con liti frequenti. Ma era inutile gridare, lui non dava ascolto, seguiva il suo istinto e per le donne spendeva anche tutti i soldi di cui poteva disporre». Proprio le donne di strada lo hanno introdotto nel mondo della droga, secondo quanto hanno potuto accertare gli inquirenti. Mario Buraglia è diventato Mario «'o guappo». Le sue tasche hanno incominciato ad essere sempre colme di denaro e contemporaneamente i rapporti con la moglie diventavano ancor più difficili. «A un certo punto ha lasciato la Ferrovia — dice Concetta Esposito — è entrato come direttore nel "The Play Boy", la pizzeria-risto-rante di via Dante, che poi haacquistalo intestandola a me perché lui, a causa di certi suoi precedenti penali, non avrebbe potuto ottenere la licenza. Io sono entrata nel locale, ho incominciato a lavorare, sotto la sua direzione. Mario non viveva più con me, tuttavia di tanto in tanto veniva a casa, in quello che era il nostro alloggio, via Cusi 6, dove ancora abito, per vedere i figli ai quali si dimostrava sempre molto attaccato ». In questa tragica vicenda, Concetta Esposito è addolorata per i figli ai quali ancora ha tenuta nascosta una parte della verità: come è avvenuta la morte del padre. Si dichiara contenta di una sola cosa: che il marito l'abbia sempre lasciata estranea a tutti i suoi traffici illeciti. «Per questo rispetto che mi ha portato gli sarò sempre grata». Tuttavia anche lei deve trascorrere parecchie ore in questura, per collaborare con la polizia come testimone utile. Molti punti oscuri potrebbero essere chiariti da lei. Il Buraglia al momento della morte aveva in tasca assegni per 50 milioni di lire. Fino a che punto questi assegni restano nei limiti degli affari del ristorante-pizzeria e quando entrano nella sfera della droga? Su quegli assegni potrebbero esserci i nomi degli assassini o quelli di altri grossi spacciatori. L'indagine non è certo facile. Remo Lugli Milano. La Rolls Royce del Buraglia nel cortile della questura (Telefoto Ansa)

Persone citate: Antonio Stecco, Concetta Esposito, Mario Buraglia

Luoghi citati: Italia, Milano