Il giorno della locusta

Il giorno della locusta Mentre arriva il film Il giorno della locusta Nathanael West: « Il giorno della locusta », Ed. Einaudi, pag. 205, lire 1400. Ora che anche in Italia è entrato in distribuzione il film di John Schlesinger, c'è da stupirsi che un regista abbia impiegato quasi quarant'anni per accorgersi del Giorno della locusta: romanzo quant'altri mai cinematografico, in cui gli svelti capitoli hanno già la cadenza di una sceneggiatura di buon taglio, il dialogo è essenziale, e i raccordi narrativi sono improntati dell'economicità di chi è abituato a «vedere» attraverso l'occhio esigente della « camera ». Forse Nathanael West, nato a New York nel 1904, sceso in pellegrinaggio culturale a Parigi negli Anni 20 con una gran barba rossa che fece epoca, romanziere prolifico ma bistrattato dai critici, morto in un incidente d'auto nel 1940, non avrebbe gradito questa osservazione. Ad Hollywood era arrivato per disperazione, accogliendo le possibilità di lavoro che il cinema gli offriva come un ripiego che avrebbe probabilmente significato la fine delle sue ambizioni letterarie. Invece l'aria californiana gli fece bene: Il giorno della locusta, apparso nel 1930, rimane uno dei libri memorabili del Novecento americano. Qui da noi arrivò nel 1951 per consiglio di Vittorini, nell'eccellente versione di Carlo Frutterò, ma ebbe circolazione limitata. Colpa, e quindi merito, della sua modernità. Il romanzo non propina colpi di scena né intrecci a sensazione, né si compiace di additare all'edificazione dei lettori i personaggi « positivi » cari ai gusti degli Anni 50. Vi si aggirano infatti, senza combinar molto, gli esponenti di quell'America eternamente « minore » e provinciale, sprofondata nelle sue frustrazioni, patetica e velleitaria, che ha cominciato a parlare di sé dalla collina di Spoon River. Scenografo, costumista e pittore, anche Tod, il protagonista, si presenta come l'anti-eroe per eccellenza: « Il suo gran corpo goffo, i suoi occhi azzurri e tardi, il suo mezzo sorriso facevano pensare che di talento non ne avesse assolutamente, che fosse, anzi, quasi un idiota ». Il vero centro del romanzo non è Tod, ma Faye, la diciottenne che vuole «sfondare» nel cinema con una determinazione candida e feroce, e tuttavia, poco dotata e incolta com'è, non ha altre risorse che la sua freschezza di bell'animale «non contaminato dal pensiero», stella filante destinata a perdersi nel sottobosco della prostituzione di lusso. Ad inseguirla vanamente, insieme a Tod, sono almeno in tre: il contabile Homer, bovino e servile; il cow-boy inurbato Earle, e Miguel, un messicano che alleva galli da combattimento. Sullo sfondo, fra insopportabili bambini prodigio e vecchi clowns in miseria, stilano le comparse in costume di un film sulla battaglia di Waterloo, sul cui set, fra cannonate a salve e sfracelli veri, Tod si aggira smarrito al pari di Fabrizio Del Dongo. L'America manierista di West è appunto un susseguirsi di fondali di cartapesta e di orrori kitsch, che prolungano fuori degli studiosi una impressione di finzione e di straniamento. I personaggi di West sono dei caratteristi che recitano tutti male, ma con imperturbabile dignità. Siamo al « ridi pagliaccio! » della « folla solitaria ». Giustamente Vittorini lodava la scena finale, in cui una folla isterica si accalca davanti ad un cinema in attesa di Gary Cooper, e si abbandona a un delirio distruttivo e autodistruttivo, come un'armata di locuste impazzite. E' qui che l'arte di West tocca i suoi vertici emblematici e fin profetici, cogliendo allo stato embrionale la solitudine, la vuotaggine, e infine la violenza dell'uomomassa delle società industriali, che vede crollare nella noia le sue illusioni di benessere, e finisce per nutrirsi esclusivamente di «linciaggi, assassini, delitti sessuali, esplosioni, naufragi, case chiuse, incendi, miracoli, rivoluzioni, guerre »: « un povero diavolo che soltanto la promessa di miracoli può destare, e lo desta soltanto alla violenza ». Le anonime, degradate locuste californiane di West hanno un volto che ci somiglia in modo abbastanza impressionante. Ernesto Ferrerò

Persone citate: Earle, Einaudi, Ernesto Ferrerò, Gary Cooper, John Schlesinger, Nathanael West, Vittorini

Luoghi citati: America, Dongo, Hollywood, Italia, New York, Parigi