Ora il bandito sardo ha alzato il prezzo di Remo Lugli

Ora il bandito sardo ha alzato il prezzo Sempre allarmante il bilancio della criminalità Ora il bandito sardo ha alzato il prezzo Si uccide e si rapina di meno, ma i sequestri continuano con sistemi più evoluti - Nel Nuorese certi inserimenti industriali hanno creato pericolose illusioni e la mentalità consumistica provoca gravi squilibri (Dal nostro inviato speciale) Nuoro, 4 novembre. Attualmente in Sardegna ci sono quattro persone sequestrate: Attilio Mazzella da Tortoli, rapito il 9 luglio, Tonino Cesellia da Orgali, rapito il 19 luglio, Mimmia Builita da Negheddu San Nicolò, rapito il 16 ottobre (poche ore dopo il rilascio sui monti del Gennargentu del trentino Enio De Vecchi, che aveva trascorso 52 giorni in mano ai banditi), e ring. Carlo Travaglino, milanese, funzionario dell'Arde rapito a Orgosolo il 28 ottobre. Mazzella ha già battuto tutti i record di durata del sequestro in Sardegna, se si escludono quei rapimenti che si sono conclusi quasi certamente con la morte delle vittime delle quali, comunque, da anni non si sa più nulla (e in molti casi era stato pagato in buona parte il riscatto). Siamo tornati ai periodi peggiori, più bui del banditismo sardo, quel marzo del '68, ad esempio, quando vi furono contemporaneamente, come oggi, quattro ostaggi nelle mani dei banditi. Se si esaminano le statistiche si può avere l'impressione che le cose vadano meglio, sotto certi aspetti. Riferiamo alcuni dati della provincia di Nuoro che, come si sa, fa testo in fatto di criminalità. Negli anni 73-'74 e '75 fino al 20 ottobre gli omicidi sono stati rispettivamente: 16, 16 e 7; i tentati omicidi 16, 23 e 9; le rapine 7, 10 e 4; i sequestri per estorsione 4, 4 e 4. Si è ucciso meno, si è rapinato meno, ma si è continuato a sequestrare con la medesima intensità numerica. E la situazione è peggiorata se si considera la qualità dei sequestri, l'illecito ricavo che se ne è fatto. Mentre in passato ci sono voluti otto anni per raggiungere la somma di un miliardo con i proventi dei sequestri, i familiari dell'industriale De Vecchi hanno dovuto versare un miliardo tondo per ottenere la libertà del loro congiunto. I banditi-pastori si sono aggiornati, hanno deciso di alzare di colpo il loro fatturato rivolgendosi ad una clientela continentale (due mesi prima per il trentino Maffei erano stati pagati" 700 milioni). «Non illudiamoci che il banditismo sardo stia estinguendosi — dice il vicequestore dott. Antonio Fiori — anche se notiamo delle punte basse per certi reati: l'andamento è sempre stato ciclico. Ora il banditismo si evolve, si adegua alle nuove condizioni di vita, modifica ì reati sfruttando i migliori messi di comunicazione e di trasporto». L'avv. Giannino Guiso osserva: «Direi che le condizioni socio-economiche sono peggiorate. L'insediamento brutale dell'industria come ad Ottana ha creato illusioni, certi pastori hanno venduto il gregge e poi non hanno trovato da occuparsi in fabbrica. La mentalità consumistica ha causato uno squilibrio che necessariamente porta o porterà un incremento della criminalità». Anni fa era frequente l'assalto alle corriere; ad Oniferi bloccarono addirittura un treno, come nel Far West. Ora non più. I banditi hanno capito che c'è troppo rischio e scarso vantaggio; puntano sul sequestro nel quale il rischio è minimo e anche se l'impegno della custodia dell'ostaggio è lungo, l'enorme ricavo finale ripaga tutto. «E' mutata la tecnica operativa nelle trattative — dice un ufficiale dei carabinieri — anche i banditi-pastori si sono affinati. I processi servono come lezione: non si fanno più incontri con emissari di giorno, dopo che una banda fu scoperta appunto per uno di questi incontri diurni. Fanno fare a chi deve portare il denaro centinaia e centinaia di chilometri in auto, per tutta l'isola, per poi. in un punto qualsiasi dell'itinerario, sbucare da dietro un cespuglio, bloccare la macchina e prelevare il riscatto». Sono mutate anche le composizioni delle bande. Prima per un sequestro bastavano quattro-cinque uomini, adesso sono dieci o dodici. Ci sono quelli che agiscono, rapinano, custodiscono e ci sono quelli che, in luoghi magari molto distanti, tengono i contatti con i familiari. C'è sempre una mente e una manovalanza, ma i responsabili dell'ordine pubblico sono concordi nel ritenere che non vi sia una mente sola. «Le bande mutano di composizione, si formano, operano, si dissolvono, si ricompongono in diversa maniera con scambio di elementi. A volte basta un incontro in un bar per decidere un sequestro». I custodi dei sequestrati sono quasi sempre i latitanti che sono i padri della criminalità. Il fenomeno della latitanza è antico: in Sardegna c'erano 439 latitanti nel 1830, addirittura 864 nel 1843. Adesso sono 38 in provincia di Nuoro, una cinquantina in tutta l'isola. Ciriano Calvisi di Bitti è latitante da 13 anni (il record fu di Giovanni Tolu, che restò alla macchia per 30 anni, dal 1850 al 1880). La Barbagia di Orgosolo, di Fonni, di Mamoiada è quasi sempre il teatro nel quale i reati di sequestro hanno il loro svolgimento. Anche quando qualcuno viene rapito in provincia di Sassari o di Cagliari è sempre in provincia di Nuoro, in Barbagia, che viene rilasciato, perché è qui che è stato custodito. Il terreno montagnoso si presta, ricco com'è di grotte e di macigni enormi, a volte sovrapposti, i cui interstizi sono altrettante vie per raggiungere vuoti interni che costituiscono ripari sicurissimi. Oppure le tane sono all'interno di grandi cespugli di lentisco o di mirto, apparentemente impenetrabili. Più volte i sequestrati hanno raccontato, dopo la liberazione, di avere udito le voci dei carabinieri mentre passavano vicinissimi al na- scondiglio in cui erano co-1 stretti sono la minaccia delle armi. E come in Barbagia avviene la custodia dei sequestrati, così molto spesso fra i sequestratori c'è almeno un orgoso- lese. Orgosolo sta attraversando un relativo periodo di tranquillità: negli ultimi tre anni vi si è registrato soltanto un paio di delitti; furono 13, ad esempio, nella sola annata del '54. Significa forse che la criminalità sta scomparendo in questa terra orgosolese? No, rispondono con sicurezza gli uomini delle forze dell'ordine che hanno una lunga esperienza in Sardegna. «Se non si ammazzano tra di loro è segno che certi contrasti atavici non sono più sentiti dai giovani — dice il vicequestore Fiori —; che nei giovani c'è una trasformazione. Ma il mutamento avviene unicamente per rimanere compatti e poter lavorare meglio nell'attività del crimine». E un ufficiale dei carabinieri: «La mancanza di omicidi può significare che c'è qualcuno che li tiene uniti e questo qualcuno può essere un latitante. 1 latitanti hanno interesse che nella loro zona non succeda nulla di grave per evitare le grosse battute delle forze di polizia che li disturberebbero costrìngendoli a continui spostamenti». Tutto sommato, dunque, anche se certi reati sono in diminuzione, non si può dire che la criminalità sia in re¬ gresso. «E come potrebbe esserlo — afferma il professor Raffaele Camba, criminologo dell'Università di Cagliari — se non si è fatto niente per prevenirla, se si è continuato nella solita routine repressiva? Di tutto quello che suggerì, anni fa, la commissione parlamentare d'inchiesta sulla criminalità della quale anch'io facevo parte come deputato liberale, non è stato realizzato nulla. Si era suggerita, fra le altre cose, l'abolizione della pastorizia nomade, prima causa della criminalità, attraverso la ristrutturazione fondiaria: e poi la creazione di cooperative agro-pastorali, il riordinamento dei quadri della magistratura con un adeguato numero di magistrati e di cancellieri, ma tutto è rimasto sulla carta. Non possiamo meravigliarci se la delinquenza sarda continua con il solito suo ritmo, se segue i consueti cicli, se si ammoderna passando dalle antiche "bardane" (gli assalti dì cavalieri armati a un paese) ai sequestri dei continentali con trattative sofisticate. Per debellarla non serve la repressione, occorre la prevezione che però ci si ostina a non attuare». Remo Lugli