Il ragazzo in carcere racconta come uccise Pier Paolo Pasolini di Fabrizio Carbone

Il ragazzo in carcere racconta come uccise Pier Paolo Pasolini L'inchiesta della magistratura sulla tragica fine dello scrittore Il ragazzo in carcere racconta come uccise Pier Paolo Pasolini "Respinsi le sue proposte; fu lui ad aggredirmi" - L'autopsia, compiuta ieri sera, ha rivelato che il regista era ancora vivo quando il diciassettenne lo travolse con l'auto - Interrogati due compagni dell'uccisore: i difensori del giovane chiedono la perizia psichiatrica - La madre di Pasolini si è costituita parte civile (Nostro servigio particolare) Roma, 3 novembre. Pier Paolo Pasolini era ancora vivo quando la sua «Alfa GT 2000», guidata da Giuseppe Pelosi, il diciassettenne che ha confessato l'omicidio, lo ha travolto: questo il risultato dell'autopsia. Stasera è terminata la prima ricognizione esterna. La morte è avvenuta per emorragia interna e rottura del cuore. Era in agonia quando l'auto gli ha schiacciato il torace. Il professor Merli ha trovato tracce di vernice sul palmo della mano destra del poeta-regista e in molte altre parti del corpo. Il capo della squadra mobile, Masone, ha detto stasera che si continuerà ad indagare fino a che non ci sarano dubbi sulla tragica fine di Pasolini: « Se analizziamo tutii gli elementi — ha dichiarato — non troviamo riscontri che facciano pensare alla presenza di complici sul luogo dell'omicidio ». Il dubbio, avvalorato però solo dalla logica, resta. La squadra mobile ha rintracciato tre amici del Pelosi: Claudio Seminara, Adolfo De Stefanis e Salvatore Deicida, tutti tra i 18 e i 19 anni. Il loro racconto, sia pure con sfumature diverse, coincide con quello fatto dal presunto assassino di Pasolini. Presunto, per la legge, anche se ha confessato. Oltre al racconto dei tre ragazzi, che termina al momento in cui Pasolini e Pelosi si allontanano in auto da piazza dei Cinquecento, ci sono altre due testimonianze precise, quelle di Vincenzo Panzironi, il proprietario del ristorante della via Ostiense dove Giuseppe Pelosi ha mangiato in compagnia di Pasolini, e di Ubaldo De Angelis, l'uomo che ha visto lo scrittore mentre, assieme al giovane, faceva benzina al distributore automatico della « Mobil », sempre sulla via Ostiense, passata la basilica di San Paolo. Possiamo così ricostruire i movimenti di Pier Paolo Pasolini dalle 22 alle 24 di sabato 1 novembre e come trascorse il pomeriggio il presunto assassino. Raccontano gli amici del Pelosi: « Siamo andati a ballare (e non al cinema, n.d.r.) e poi, chi a piedi e chi in autobus, siamo arrivati in piazza dei Cinquecento ». I quattro vedono l'auto con a bordo Pasolini. Poi il Pelosi si allontana, sale a bordo e parte. Pochi minuti dopo ritorna: gli amici, intanto, sono entrati nel bar. Pelosi li raggiunge: poche battute e infine si allontana definitivamente in macchina. Chi sono questi ragazzi? Sbandati, senza altro. Ma c'è chi, parlando del loro ambiente, fa cenno ad un bar del Prenestino dove gira la droga. Parla Vincenzo Panzironi: « Ho visto Pasolini e il giovane nel mio ristorante. Cono¬ scevo il regista; veniva spesso a mangiare. Questa volta lui ha bevuto solo una birra. Il ragazzo invece ha mangiato parecchio ». Ubaldo De Angelis era al distributore di benzina, a mezzanotte e un quarto: « Ho riconosciuto Pasolini anche perché sono un suo ammiratore. Armeggiavano davanti alla pompa e li ho visti bene. Il regista era senza occhiali ». Dalla stazione della « Mobil » al luogo del delitto ci sono trenta minuti di strada. Il calcolo va fatto tenendo conto dell'ora tarda. Pier Paolo Pasolini e Giuseppe Pelosi arrivano in via dell'Idroscalo quando manca un quarto all'una. Torniamo allora nel punto dove è stato trovato il cadavere. Da qui allo spiazzo che viene usato come Campetto di calcio ci sono ottanta metri e il percorso è segnato da continue tracce di aggressione. Che cosa è successo? Pino Pelosi si difende affermando che Pasolini non era stato ai patti; che voleva altri rapporti sessuali; che fu lui per primo ad aggredire, ma su quest'ultimo punto chi conosceva bene il regista afferma il contrario. Dice Franco Cittì, regista: « Pier Paolo non avrebbe mai aggredito il ragazzo, non credo poi che possa essere stata una sola persona a ucciderlo. C'è un punto che mi lascia perplesso: Pier Paolo portava sempre gli occhiali. Perché li aveva lasciati nel cruscotto della macchina? » Ma il vero fatto che non quadra, in tutta la ricostruzione, è la camicia di Pasolini, trovata a terra, letteralmente intrisa di sangue. La camicia è intatta. Non si capisce perché, essendosela levata, era insanguinata. Gli è stata tolta dopo morto? La forza fisica di Pasolini, gli occhiali e la camicia sono gli unici tre punti a soste¬ gno di una differente versione della sua morte. Contro ci sono le testimonianze precise di chi l'ha visto tranquillo al ristorante e al distributore di benzina. Se qualcuno, per qualsiasi motivo, avesse voluto uccidere Pasolini non si sarebbe fatto vedere troppo in giro. Veniamo così all'ultima ipotesi. Pelosi, sul luogo del tragico appuntamento, ha idea di derubare l'artista oppure di portarsi via l'auto. Perde la testa. Pensa di potersi sbarazzare facilmente dell'uomo e lo colpisce all'improvviso con estrema violenza. Tramortito, Pasolini cerca la fusa e per ottanta metri viene colpito ancora. E' quasi morto. Pelosi non capisce più nulla: lo investe con la macchina, sfondandogli il petto e spaccandogli il cuore. Poi fugge all'impazzata finendo contro mano. Così lo vedono i carabinieri, lo inseguono e lo arrestano. Questa sera la madre di Pasolini, la signora Susanna Chiercossi, si è costituita parte civile contro l'uccisore del figlio. L'avvocato Nino Marazzita ha avuto l'incarico, nel frattempo, di inviare alla magistratura un telegramma di protesta: si denuncia la violazione del segreto istruttorio che ha contribuito a fornire all'opinione pubblica una parziale versione dei fatti che — dice la parte civile — sono ancora da accertare. L'avvocato Tommaso Spaltro, che difende Pino Pelosi, subito dopo l'autopsia ha dichiarato all'Ansa: « Sono sbalordito per il comportamento del giudice che non ha ancora disposto il trasferimento del ragazzo dal carcere di " Regina Coeli " dove si trova in isolamento. Essendo un minorenne che ha agito da solo e non, come appare ormai certo, con il concorso di maggiorenni, la giurisprudenza vuole che il mio assistito venga rinchiuso in un istituto minorile ». E' stata chiesta anche una perizia psichiatrica sul giovane. L'avvocato Manca, che ieri aveva assistito — come difensore d'ufficio — all'interrogatorio del Pelosi, ha aggiunto: «Appariva stravolto e voleva che venisse avvertita la madre di ciò che aveva fatto. Ripeteva dì continuo questa frase: "Io che non sono nessuno ho ucciso un uomo tanto importante" ». Manca ha anche detto che Pasolini aveva promesso al giovane ventimila lire. Sempre secondo la dichiarazione che l'avvocato d'ufficio ha rilasciato all' "Ansa" «lo scrittore e il giovane, prima di scendere dall'auto sullo spiazw, nei pressi dell'idroscalo di Ostia, avevano già avuto un rapporto orale nell'automobile ». L'avvocato ha ancora aggiunto che « questa circostanza, riferita dal ragazzo al giudice, è stata riscontrata anche dai tecnici della "scientifica" ». Sempre secondo l'avv. Manca «Giuseppe Pelosi ha detto al giudice di essersi rifiutato di avere altri rapporti con Pasolini in cui avrebbe dovuto avere un ruolo passivo: ciò sarebbe stato, secondo il giovane, il motivo dell'ira e dell'aggressione di Pasolini ». Fabrizio Carbone Roma. Una delle più recenti immagini di Pier Paolo Pasolini (F. Carla Cerati - G. Néri)

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