Per ritrovare l'udito
Per ritrovare l'udito Le esperienze della Clarke School Per ritrovare l'udito Il bambino rieducato attraverso tutti i mezzi di comunicazione Sino a pochi anni fa i bambini sordi non venivano istruiti all'uso della protesi acustica prima dei 5 anni, ora anche a 1 anno, purché ben seguiti, i piccoli possono essere forniti di un apparecchio. Assistiamo in questi ultimi anni a un rovesciamento delle tesi in fatto di rieducazione uditiva: prima si pensava che dalla voce nascesse il linguaggio e da questo il pensiero, ora, si afferma, senza pensiero non c'è linguaggio e quindi voce. Ultima « moda » americana è, inoltre, la rieducazione del non udente attraverso la comunicazione totale, un sistema che si avvale di tutti i mezzi, mimici, orali, labiali, sonori, anziché prediligerne uno solo. «Ma nessuno sviluppo tecnico e nessuna teoria scientificamente avanzata può farci dimenticare che, se vogliamo sviluppare il rendimento dell'udito, dobbiamo sfruttare al massimo i residui uditivi anche nei bambini sordi profondi», ha affermato il prof. Arthur Boothroyd, direttore della più importante scuola statunitense in fatto di rieducazione uditiva, la Clarke School, durante una conferenza organizzata dal Centro ricerche e studi Amplifon di Torino. L'affermazione è stata accompagnata da una nutrita documentazione relativa alle centinaia di studenti che passano, per ben dieci o dodici anni, dalla Clarke School, dove entrano mediamente all'età di 5 anni per uscirne a 16-18. Ma ciò che più conta, questi bambini entrano spesso con un bassissimo residuo uditivo e ne escono capaci di comunicare oralmenmente in modo quasi perfetto e in taluni casi in condizioni di effettiva parità di inserimento lavorativo e sociale con gli udenti. La cifra portata è del 90 per cento, anche per i soggetti con più di 90-100 decibel. Il ricupero riguarda sia l'udito che l'espressione verbale orale. Attenti però, avvisa il professor Boothroyd, non esistono formule magiche valide per tutti, è indispensabile individuare per ogni soggetto il tipo di rieducazione relativa, se si tratta di un sordo profondo, ad esempio, il mezzo uditivo non è sufficiente, lo si dovrà integrare con quello mimico o labiale. « Pur mantenendo fermo il principio della massima utilizzazione dei residui uditivi — ha affermato il professor Boothroyd, — non scartiamo a priori altri mezzi, soprattutto in considerazione dell'alta specializzazione che l'applicazione di questo mezzo comporta ». Una buona metodica può essere così riassunta: individuazione precoce della sordità (è possibile scoprirla anche nel bambino appena nato), precoce riabilitazione dei residui uditivi tramite la strumentazione (apparecchi acustici) e procedure appropriate (uso significativo dei suoni, orientamento verso i suoni). Qual è il ruolo della famiglia, è stato chiesto. « Determinante, soprattutto nei primi periodi della rieducazione. Ciò che importa è che i genitori sappiano capire i bisogni di questi barn bini, che sono uguali a quelli degli udenti ma con alcune caratteristiche proprie », ha affermato il professor Boothroyd. Il modello rieducativo indicato non è forse in contrasto con l'indirizzo attuale che tende all'integrazione scolastica precoce? « Forse solo il 30 per cento dei bambini sordi può essere integrato subito. Quindi attenti a non esporre i piccoli a un eventuale insuccesso, se l'esperienza non riesce il bambino maturerà di sé una immagine molto povera. Meglio dunque effettuare l'inserimento quando già è stata praticata una buona riabilitazione ». L'approccio puramente orale, quale viene applicato nella Clarke School, in quanto comporta una difficile preparazione e un'attrezzatura ad alto livello, oltre che un costo non indifferente, può essere esteso alle scuole pubbliche? « E' effettivamente difficile ottenere buoni esiti nella scuola pubblica — ha concluso il professore Boothroyd. — Se infatti l'insegnamento fallisce al ragazzo non udente non rimane più nulla. Per questo sì ritorna a parlare di uno sviluppo in senso globale del linguaggio ». Aida Ribero
Luoghi citati: Torino
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