I lettori discutono di Tito Sansa

I lettori discutono I lettori discutono / bancari parlano dei loro stipendi (e anche degli altri) In merito all'articolo « Bancari in agitazione » i sottoscritti Rappresentanti Sindacali Fidac-Cgil, Fib-Cisl e Fabi della Banca Nazionale delle Comunicazioni, inviano due ruolini paga relativi ad un diplomato appena assunto (18 mesi di anzianità) e ad un cassiere titolare, caporeparfo, con 22 anni di anzianità. II diplomato con 18 mesi di anzianità guadagna nette 293.000 lire (346 mila al lordo). Il cassiere caporeparto, con 2 persone a carico, ha avuto 426 mila lire nette, comprese L. 43.086 di indennità di rischio, che non percepirebbe se fosse addetto ad altro ufficio. Noi vorremmo che ogni Rappresentante dei lavoratori (FF. SS., PP.TT., Giornalisti, Industria, ecc.) presentasse la fotocopia dei propri emolumenti, allora potremmo parlare di giungla retributiva con cognizione di causa. Fa6i, Fib-Cisl, Fidac-Cgil della Banca Naz. delle Comunicazioni, filiale di Bologna Ogni tre anni circa, avvicinandosi le scadenze contrattuali dei bancari, « La Stampa » indice la campagna « stipendi bancari ». Cifre azzardate, dichiarazioni dei rappresentanti sindacali travisate, scioperi che non solo danneggiano le attività economiche della nazione, ma che naturalmente ci permettono di godere di favolosi « ponti » o almeno di lunghi week-end, il tutto con titoli e commenti che generano perplessità tra i lettori. Purtroppo per noi, non tutti gli istituti bancari sono Casse di risparmio, né banche di diritto pubblico. La stragrande maggioranza degli impiegati di banca dipende da istituti di credito privati, piccoli, medi e grandi, ed i loro stipendi sono ben lontani dalle cifre ultimamente pubblicate (che ci risultano lorde, non al netto delle ritenute, come sembra di capire dai vostri articoli). Non vogliamo entrare nel merito della natura del nostro lavoro, o del rischio che quotidianamente ne deriva (le rapine alle nostre agenzie o ai portavalori non fanno più notizia neanche su « Stampa Sera »), ma vi invitiamo a pubblicare il listino di un capufficio di banca, con tredici anni di servizio, del quale alleghiamo la fotocopia. E accanto, vorremmo vedere la pubblicazione del listino di un poligrafico con pari anzianità, di un correttore di bozze, o meglio ancora di un giornalista, naturalmente con tutte le indennità a conguaglio della voce stipendio. Se polemica ci deve essere, che essa non sia a senso unico. Seguono 13 firme tutte di Torino Nella fotocopia del listino dello stipendio di settembre mandato dal capufficio con tredici anni di anzianità figura un totale netto di 584.711 lire. (In questa somma sono comprese le voci: stipendio base, assegno di grado, contingenza, indennità di mensa, concorso spese tranviarie, indennità caro pane). Papa Pacelli e Dollmann C'è da credere a Tito Sansa quando scrive (« La Stampa » del 28 c.m.: « Dollmann testimonia su Pio XII e Ardeatine ») che la deposizione di Dollmann nel procedimento Rossignani-Katz non ha convinto. Se è vero (ma nessuno si è premurato di controllare?) che l'interrogato « ha ricordato che quando Hitler venne a Roma nel 1938, Papa Pacelli si ritirò a Castel Gandolfo... » nemmeno noi stentiamo a credere che l'ex colonnello delle SS sia inattendibile. E ciò per il semplice motivo che quando Hitler venne a Roma (il 3 maggio 1938) Eugenio Pacelli non era ancora papa (lo sarebbe diventato soltanto il 2 marzo 1939). Il papa di allora era Achille Ratti, Pio XI, che effettivamente, alla venuta di Hitler a Roma, si ritirò a Castel Gandolfo. Carlo Micheluttì, Torino Jemolo e la scuola Temolo si è dimenticato delle scuole? Nel suo pur ottimo articolo sul messaggio di Leone e i problemi del Paese non trovo neppure un accenno ai problemi degli insegnanti. Potrebbe l'illuminato giurista toccare, in un prossimo intervento, anche questo problema, nella più ampia prospettiva della crescita culturale e della dignità umana. Giovanni Ribeldone, Torino La Regione Piemonte spende i soldi male? A proposito delle spese per i Comitati di controllo, questione sollevata dallo stesso presidente Viglione, sono anch'io, come il lettore di Vercelli, dell'avviso che possano, e debbano, essere ridotte perché eccessive. Ad esempio la partecipazione alle sedute dei membri supplenti non è che « possa » essere ridotta perché facoltativa: Io « deve ». Essi possono essere convocati nel solo caso di impedimento dei membri effettivi e quando, per effetto di tali assenze, la Sezione non possa validamente decidere, il che si verifica, a termine di Regolamento, nella sola ipotesi che non si raggiunga il numero di quattro, che è quello legale. Resta il fatto che talune Sezioni (Torino, Cuneo, Novara) non sarebbero state in grado di smaltire il loro lavoro (deliberazioni esaminate nel 1974 rispettivamente: 91865, 41733 e 41034) se gli atti non fossero stati affidati, per la relazione, e spesso anche per l'istruzione, anche ai membri supplenti. Aumentare gli organici per permettere che tutte le pratiche siano istruite dai funzionari, come avviene ad Asti e in quasi tutte le Sezioni lombarde, sicché tocchi ai Commissari riferire in modo sommario, mi sembra snaturi la funzione dei nuovi Organi di controllo, in gran misura elettivi. Né mi sembra che il rimedio escogitato — di creare nuove Sezioni ad Alba, Casale, Ivrea, Mondovl, Pinerolo — sia stato risolutivo. Casale ha esaminato, nel 1974, 82 atti per seduta, Pinerolo 87, contro i 268 di Novara e i 390 di Torino. Il suggerimento del lettore vercellese, di imporre un numero limitato di sedute per ciascuna Sezione non è attuabile: devono essere i membri delle Sezioni a fissare un calendario non troppo folto in relazione al numero e alla importanza degli affari da trattare. Mi pare che un rimedio pratico sia di ridurre l'importo dei gettoni di presenza e scegliere a Commissari ex funzionari, ex magistrati, professionisti a riposo (ve ne sono di tutti i partiti) che assicurano la necessaria capacità tecnica e, impiegando del tempo libero, non hanno esigenze di laute indennità. E' una proposta questa che presuppone il ribaltamento di un costume e non so se si abbia il coraggio politico per portarla avanti. Se ne esistesse solo una briciola non si sarebbe parlato solo delle spese dei Comitati di controllo ma anche di quelle, altrettanto e più ingenti, per la pubblicazione e diffusione gratuita di 25.000 copie per ogni numero di due riviste, del Consiglio e della Giunta, scarse di informazioni serie e studi meditati ma ricche di esercitazioni narcisistiche, come della sempre gratuita distribuzione di parecchi volumi costosi e spesso ripetitivi di cose già pubblicate anche più di una volta: ultimo quello, in ricca veste, diffuso a cura e previa separata lettera, affrancata a piena tariffa, del presidente Sanlorenzo, di raccolta delle leggi regionali. Avv. Francesco Sacco, Cuneo Fondi d'anzianità concorda, ma... Concordo con quanto dice il dott. De Benedetti dell'Unione industriale sui fondi di anzianità relativamente al fallò che essi costituiscono un peso insostenibile per le aziende. Direi che lo stesso vale anche per gli scatti di anzianità che avrebbero una logica solo se fosse dimostrabile che, come il barolo, il dipendente migliora col tempo. Il problema è grave ed avrebbe dovuto essere affrontato prima: noto il meccanismo, si sapeva dove si andava a finire. Comunque, come lavoratore dipendente, una cosa mi preme mettere in evidenza. Per il futuro si faccia quello che meglio si crede; per il passato rispetto dei diritti acquisiti vuol dire che la quota già maturata deve essere consegnata al dipendente all'atto della risoluzione del contratto di lavoro. Direi di più. Al momento in cui la quota accantonata non si rivaluta più dovrebbe essere esigibile (con modalità da stabilire) anche durante il perdurare del rapporto di lavoro perché il legittimo proprietario ne faccia l'uso che più ritiene opportuno. Domenico Seren Rosso, Torino