Ragazza dimenticata della "banda Corbari,, di Liliana Madeo

Ragazza dimenticata della "banda Corbari,, DONNE NELLA RESISTENZA Ragazza dimenticata della "banda Corbari,, Una medaglia d'oro, dopo il martirio di 31 anni fa a Castrocaro Roma, 19 ottobre. La Gazzetta Ufficiale non hit ancora pubblicato la notizia, ma sembra ormai certo clic la medaglia d'oro alla memoria verrà assegnata a Iris Versati, partigiana, morta a ventunanni nell'agosto del '44. Iris Versati è l'unica dei quattro partigiani impiccati a Castrocaro c poi tenuti appesi per due giorni e due notti ai lampioni di piazza Aurelio Salii di Forlì, che lino ad ora non ha ricevuto nessuna onoreQccnza. Subito dopo la Liberazione ci si ricordò degnamente dei suoi tre compagni d'arme: Silvio Corbari, Adriano Casadei, Arturo Spazzoli. Ma nei suoi confronti si usò un altro metro di giudizio. Non parvero elementi decisivi, evidentemente, i due anni che la ragazza passò sulle montagne nei rischi della clandestinità e assolvendo in modo mirabile a mansioni di grande responsabilità, il suo coraggio, l'avversione al sopruso c all'ingiustizia, la tensione morale, il sangue freddo, l'amore per la libertà, la passione politica, e la morte inline che la fulminò durante uno scontro a fuoco con fascisti e tedeschi. Deve aver avuto un peso determinante invece, il fallo che si trattava di una donna, e la considerazione che altre sono le mansioni «naturali» per una donna, altrove sta il posto a lei adatto: se poi fa la guerra, rappresenta un'eccezione bella e buona, sia pure in tempi eccezionali e calamitosi come quelli in cui Iris Versati bruciò la sua breve esistenza. Figlia di poveri conladini, era nata a Fenico San Benedetto di Romagna quando già il fascismo opprimeva e umiliava il paese. Ancora ragazzina era dovuta andare in città, a servizio. La separazione dalla famiglia. la solitudine, la scoperta di stridenti ingiustizie sociali l'avevano maturata. Cominciò presto a prendere coscienza dello sfruttamento c della violenza che subiva. Comin¬ ciò a leggere. Nel '-Ì2 ritornò a casa, a Tredozio, L'anno dopo era già parte attiva del movimento antifascista: faceva la staffetta per il collegamento dei partigiani che si erano spostali nelle campagne. Una mattina i repubblichini vennero a cercarla: lei riusci a fuggire, i suoi furono deportali in Germania da dove il padre non sarebbe più ritornato, la casa rimase vuota e semidistrutta. Uuando Tredozio fu occupala dai partigiani della «banda Corbari», nell'inverno del '44, Iris decise di andare con loro. Aveva vent'anni. Fu in tesla a tulle le spedizioni, le imboscate, i combattimenti. All'alba del 18 agosto una delle azioni fece confluire tre reparti tedeschi e un battaglióne di militi intorno a una casa colonica di Carnio di San Valentino, dove si trovava il comando della «banda» con Corbari, Spazzoli. Casadei, Iris. I quattro, nel tentativo di sganciarsi, aprirono immediatamente il fuoco. Spazzoli cadde sotto una raffica. Corbari precipitò in un avallamenlo fratturandosi una gamba. Casadei, che era riuscito a mettersi in salvo, tornò indietro per portare aiuto al suo comandante. Iris, che era ferita a una gamba, non lento neppure la fuga: dalle finestre della casa continuò a sparare per coprire la fuga degli altri, finché un ufficiale tedesco apparve sulla porla della stanza. Lo colpi con una raffica. Coi, piuttosto che cadere nelle loro mani, si puntò la pistola alla tempia, Il suo corpo fu profanalo c impiccalo insieme con gli altri. Che si siano aspellati trent'anni per rendere onore, ufficialmente, alla sua memoria è un fallo che induce alla riflessione. Soprattutto perché ancora oggi, con atteggiamento anche troppo diffuso, si continua a sminuire la portala del contributo femminile alla causa della Resistenza, e cosi si espropriano le donne della loro storia. Certo, nessuno ignora quanlo numerose furono le an¬ tifasciste che in quegli anni vennero processale, condannate, torturale, uccise, vissero e operai cut1 nella clandestinità. Né si è cancellato il ricordo degli scioperi promossi da tante categorie di lavoratrici, le manifestazioni di protesta, i gesti di coraggio e di fermezza di cui furono protagoniste le donne di Sesto lmolese, le spigolatrici di Molinella, le lavoratrici delle manifatture tabacchi di Milano e Bologna. le tessilriei del Salernitano, le operaie lessili di Biella, le tabacchine di Lecce... Ma la storia è falla soprattutto di gesti oscuri, di personaggi anonimi, di vicende personali intessulc di pazienza, dolore, umiltà, speranza. E se gli uomini poterono combattere, furono le donne che glielo resero possibile, soprattutto quelle che rimasero a casa a mandare avanti la famiglia, a proleggere i loro compagni con la complicità e l'allctto, a lavorare, a l'are scorrere in una parvenza di normalità la vita delle città e dei paesi, a mantenere vivi ceni ideali e eerte aspeilative. Tutto questo, troppo spesso, dalla cultura ufficiale è ingiustamente sottovalutato. L'ultimo esempio si ebbe nell'aprile scorso quando, nell'anniversario della Liberazione, il ministero della Difesa fece stampare e alfiggere in tutta Italia un manifesto in cui erano raffigurate due donne, di età diverse, nell'ano di deporre fiori sulla tomba di un caduto. Un modo per ribadire: che degli uomini e l'azione e la dimensione politica, delle donne i sentimenti e l'ambilo privato; che i primi hanno pensato, combattuto, organizzato le fila della Resistenza, sono morti; che le seconde, trepide spose e madri, hanno inteso il ritorno dei loro cari e ne hanno pianto — dignilosamcnie — la scomparsa. Una sintesi slorica che travisa il senso della partecipazione popolare alla Resistenza e rispecchia non disinteressali preconcetti. Un falso. Liliana Madeo