Il cardinal Maglione ministro del Papa di Carlo Falconi

Il cardinal Maglione ministro del Papa UN " NAPOLETANO MUTO,, Il cardinal Maglione ministro del Papa Roma era stata liberata il 4 giugno precedente e due giorni dopo, con lo sbarco degli Alleati sulle coste della Normandia, era cominciata la riconquista della Francia. Tra il 18 e il 22 dello stesso mese gli americani vincevano la grande battaglia navale delle Filippine. Varsavia, trasformata dai tedeschi in un gran campo trincerato per arginare l'avanzata dei russi verso Occidente, era insorta il 1° agosto e i tedeschi avevano risposto coi più colossali massacri della popolazione civile di tutta la guerra. 11 mondo intero, insomma, esplodeva da un continente all'altro e nessuno aveva tempo e modo di seguire avvenimenti o episodi che pure ;n tempi normali avrebbero fatto notizia. Chi in tutto quel trambusto aveva saputo, ad esempio, dell'anticipato ritorno in famiglia, a Casoria, del cardinale Segretario di Stato, Luigi Maglione, più affaticato e sofferente del normale? Egli soleva farlo ogni estate con assoluta discrezione. Comunque anche in Vaticano la sua partenza era avvenuta senza eccessive preoccupazioni. Fu quindi una notizia inaspettata anche nei Sacri Pala.:/i quella della sua morte improvvisa avvenuta il 22 agosto di quell'anno, il 1944, quinto da ! quando reggeva l'alto incarico. Le agenzie di stampa di liuto il mondo si passarono ia notizia quasi con indifferenza, poi non vi tornarono più se pra. E fu l'oblìo pressoché definitivo non solo per quellV.ltimo anno di guerra e per il primo dopoguerra ma anriie fino ad oggi: e un oblìo probabilmente immeritato, ma senz'altro in carattere con tutta la sua vita. Il « napoletano muto » doveva infatti definirlo più tardi Wladimir d'Ormcsson, ambasciatore di Francia per la prima volta tra il maggio e l'ottobre del 1940 dopo esser già stato in amichevoli rappo ti con lui agli inizi della sua nunziatura in Francia. Ricordando la cordialità e la quisi loquacità del nunzio, egli non sapeva rendersi conto del cambiamento operatosi nel porporato. Cosa che del resto era già accaduta al suo predecessore Charles-Roux, che annotò sorpreso nelle proprie memorie la « estrema riservatezza di linguaggio e grande parsimonia di parole » del prelato dopo che era stato assunto a primo ministro del papa. Secondo Galeazzo Ciano, che lo avvicinò pochi giorni dopo la nomina a segretario di Stato, il 18 marzo 19 >9, Maglione era un « meridionale pieno d'ingegno e di spirito che a stento riesce a frenile con l'educazione clericale gli impulsi del suo temperameir.o esuberante ». Giudizio in apparenza facile e piuttosto ovvio, ma che in realtà fissa il ritratto del personaggio nella sua fisionomia di sempre molto più dei precedenti. Come testimoniano un episodio relativo agli inizi della carriera diplomatica del Maglione e :n incarico affidatogli poco dopo. L'episodio accadde alla fine del 1906, quando il Maglione stava per incominciare l'ultimo anno dell'allora Accademia dei Nobili ecclesiastici ed era ormai sulla trentina avendo percorso un curriculum tutt'altro che fulmineo, ma onorevole, di studi terminato can tre lauree: in filosofìa, teologia e diritto canonico. In quegli stessi giorni approdò all'Accademia di piazza della Minerva, ignara matricola, il Suturo maestro eli camera di ben quattro papi. Arborio Malia di Sant'Elia. Il piissimo nuovo arrivaro fu gradevolmente impressionato di ogni particolare e ili ogni usanza dell'Accademia; solo di una cosa si preoccupò subito: di non trovare fia i superiori un direttore spirituale fisso. Si rivolse quindi all'Arcivescovo Presidente per averne spiegazione e questi gli fece notare che sarebbe slato un lusso eccessivo per l'Accademia, che contava già tre superiori contro nove ospiti, tutti per di più da sacerdoti, disporre anche di un direttore spirituale permanente. Comunque aggiunse: « Quando avrà bisogno di qualche consiglio per il suo spirito, si rivolga al signor Maglione ». E il Meila, scrivendo alcuni decenni dopo i suoi ricordi, spiegò the « il signor Maglione », sebbene allievo dell'ultimo corso de gli studi interni, « era già conosciuto come uomo di superiore vocazione, di alto sapere e di sicuro consiglio * Un uomo, insomma, già allora di sicuro controllo di sé. un napoletano già muto. E la conferma più indiscutibile dovevano darla, pochi anni dopo, nel 1912. la sua nomina a direttore spirituale del Collegio ecclesiastico Capranica e la durata stessa dell'incarico fino al 1918, quando dovette lasciare Roma. Delle qualità non comuni del Maglione dà atto, del resto, tutta la sua carriera che, se ebbe pochissime tappe, le ebbe solo imporranti e vistose. Dopo neppur due anni di apprendistato e nove di officialato in Segreteria di Stato, il 28 febbraio 1918 fu infatti destinato a Berna quale rappresentante provvisorio della Santa Sede. Tutti sanno l'importanza che la Svizzera ebbe durante la prima guerra mondiale sia per l'attività diplomatica che per quella spionistica. La designazione del Maglione attestava quindi la considerazione che avevano di lui i suoi superiori, tanto più Jo- I vendo sostituire un diploma ì tico dell'abilità di monsignor! Francesco Marchetti Selvag- ] giani. A guerra finita, del resto, il cardinal Gaspara, segretario di Benedetto XV, lo i incaricò di preparare la ripre-1 sa delle relazioni diplomati- j che con la Repubblica fede- j rale svizzera, relazioni che erano state interrotte nel gen naio del 1874. E il Maglione attuò così bene la consegna che non solo la ripresa fu realizzata, ma lo stesso governo svizzero fece sapere al Vaticano di desiderare per primo nunzio della ripresa lo stesso Maglione. Come infatti avvenne (1° settembre 1920). Simile successo e quelli mietuti in seguito nell'espletatone dell'ufficio non potevano essere compensati equamente che con una nunziatura di primo grado. Ma il Maglione non fu soltanto premiato con una nunziatura del genere, bensì addirittura con la prima nunziatura loitt-coitrt di quel momento, e cioè con la sede di Parigi, dove lo attendeva un'altra successione preoccupante, quella al più prestigioso nunzio che la Santa Sede avesse allora nel suo organico: Bonaventura Cerretti, che a Parigi aveva svolto lo stesso ruolo sostenuto dal Maglione a Berna riallacciando le relazioni diplomatiche tra il Vaticano e Parigi. I più grandi meriti ottenuti da Maglione nella nuova sede, per lo meno agli occhi della Santa Sede, furono soprattutto due: quello di aver attuato un ampio e sagace ricambio dell'episcopato locale in senso socialmente e politicamente progressista (si pensi alla nomina di monsignor Liénart a vescovo di Lilla e di Verdier ad arcivescovo-cardinale di Parigi) e quello di avere evitato anche il minimo scisma durante la rischiosa battaglia di annientamento del movimento dell'Action Franqaise decisa personalmente da Pio XI per consolidare il ralliement dei cattolici e la Terza Repubblica. Giunto infatti a Parigi ne! maggio del 1926, il Maglione non fu soltanto testimone ma in parte anche attore dell'esplosione del clamoroso conflitto che nell'autunno successivo spaccò letteralmente in due la Chiesa cattolica francese a cominciare dall'episcopato e dal clero, in gran maggioranza maurassiani. Naturalmente egli aveva agito dietro ordini precisi, anzi perentori, del papa. Ma il diffìcile non fu tanto il cominciare quanto il proseguire adottando di volta in volta le direttive di guerra che partivano da Roma. Maglione giunse al punto di rendersi responsabile dei toni più intransigenti assunti dalla repressione e soprattutto delle intolleranze dell'epurazione (che riuscì effettivamente spietata)? Il cardinal Verdier, nelle sue memorie, ha registrato la confidenza lattagli un giorno dal Maglione, non senza « una specie di violenza »: «Tengo a dirvi che non sono per niente implicato nel regime penale inflitto all'Action Francaise ». Frase piuttosto ambigua che, se garantisce la sua non partecipazione alla richiesta o alla elaborazione del piano epura ti vo, non sembra coprile altrettanto delle eventuali responsabilità esecutive. In particolare sembra che sia sua la decisione del rifiuto delle esequie | religiose a Bainville. I Sfuggono tuttora i motivi j per cui egli fu ritirato da Pai ligi nel 1936 e poi tenuto inu; tilizzato a Roma per due anni come « cardinale da tappezzeI ria ». Quel che è certo è che ! non era affatto caduto in di] sgrazia, per lo meno nei ri| guardi del Segretario di Stato I Pacelli. Questi, infatti, il gior! no stesso della sua incorona! zione, lo volle suo Secretano ! di Stato, nonostante che solo i da pochi mesi, dal luglio del 1938, Maglione avesse assunto la prefettura della S. Congregazione del Concilio. Quasi coetanei (Pio XII aveva esattamente un anno più di lui), il Pacelli e il Maglione avevano convissuto in Segreteria di Stato per un decennio dal 1907 al 1917 quando la Segreteria pontificia contava appena venti membri tra alti dirigenti e componenti delle due sezioni (27 con quelli dei Brevi apostolici) e quando a quel minuscolo centro di potere facevano capo soltanto dodici tra nunziature, internunziature e delegazioni apostoliche. L'intimità dei legami era quindi quasi ineluttabile. Nel caso del Pacelli e del Maglione però non ci fu neppure una loro sospensione (se non per qualche mese) dopo che il Pacelli fu inviato nunzio a Monaco di Baviera. Rappresentante della Santa Sede a Berna, infatti, il Maglione tornò ad essergli vicino per anni, specie nei periodi di riposo che il Pacelli usava prendere in Svizzera (nel primo dei quali, anzi, ebbe occasione di conoscere a Lorschach e quindi di chiamare presso di sé la famosa suor Pasqualina Lehnert). Oltre la stima reciproca per le comuni doti intellettuali, i due si sentivano legati, nella diversità dei caratteri, dall'identica severa impostazione di vita. Il fatto che dopo la scomparsa del Maglione Pio XII non abbia più voluto collaboratori del rango d'un Segretario di Stato e stato, e può essere, interpretato nei modi più diversi. Ma non sembra in alcun modo che sia stato dovuto alla delusione provata dalla collaborazione offertagli dall'amico Maglione, il quale tenne soprattutto a scomparire davanti all'amico divenuto Papa e lo servì, comunque potesse pensare e giudicare le sue direttive nel proprio intimo, con la più assoluta fedeltà. Ancora e sempre, fino all'ultimo. « napoletano muto ». Carlo Falconi