Ucciso, non suicida, lo studente pavese? Ora indaga anche la "squadra politica"

Ucciso, non suicida, lo studente pavese? Ora indaga anche la "squadra politica" Nuove prove avvalorano la convinzione dei genitori Ucciso, non suicida, lo studente pavese? Ora indaga anche la "squadra politica" Pescato ieri nel Ticino morto nel fiume circa (Nostro servizio particolare) Pavia, 7 settembre. E' sempre più misterioso il caso dello studente in medicina Giovanni Armeri, di 26 anni, figlio dell'ex farmacista di Zerbolò, nel Pavese, scomparso il 19 marzo scorso e poi ripescato morto nel Ticino il 13 aprile successivo. Il cadavere era stato trovato in località Cascina Moriano. L'automobile, una Volkswagen, con cui il giovane era uscito quella sera, venne localizzata il 9 luglio nei pressi del ponte in barche di Bereguardo, e recuperata soltanto qualche giorno fa. Aveva le portiere bloccate e all'interno vi erano i due cani dello studente, morti. Ora, sempre nel Ticino, è stato ritrovato da alcuni pescatori il «borsetto» che il giovane aveva con sé la sera in cui scomparve. Ufficialmente si era parlato di suicidio, ma i genitori non hanno mai creduto a questa tesi e, a metà giugno, avevano avanzato l'ipotesi di un delitto nel corso di un'intervista. Il ritrovamento dell'automobile prima e, ora, del «borsetto» fanno pensare che la loro convinzione potrebbe essere fondata. Le portiere della Volkswagen, come abbiamo detto, era¬ ntprccsudddtpssricldcdBlssslrdpslprt o il "borsetto" di Giova un mese dopo - Perchno chiuse dall'interno dove si trovavano i due cani scomparsi insieme con l'universitario. Sembra strano pensare che lo studente si sia gettato con l'auto nel Ticino a scopo suicida e possa poi essere uscito dall'abitacolo malgrado le porte chiuse. E il «borsetto» dello studente come può essere finito dove è stato trovato se la vettura era chiusa? Non è più probabile che qualcuno se ne sia impossessato la sera della scomparsa del giovane sba razzandosene poi, gettandolo in acqua? Ma allora, come credere alla tesi del suicidio? Alle indagini, riprese dopo le dichiarazioni dei genitori di Giovanni Armeri, risulta che partecipi anche la squadra politica della questura. Bisognerà anche stabilire se la morte di un amico dello studente, ufficialmente rimasto vittima di un incidente stradale qualche tempo dopo la scomparsa dell'universitario, sia stata del tutto accidentale: qualcuno avanza l'ipotesi che la vittima avesse scoperto cose interessanti sulla scomparsa dell'Armeri. A metà giugno, un mese dopo il ritrovamento del cadavere di Giovanni Armeri, i genitori parlando con i cronisti *- anni Armeri, scomparso hé si fa meno probabile i e o o e o ù e a a o e ? o ri a aa. e o ae o aiie leii avevano affermato: «Nostro figlio è stato ucciso. Ci sono prove inconfutabili». Poi avevano aggiunto alcuni particolari. «Mio figlio — spiegò la mamma — era uscito di casa il 19 marzo subito dopo aver cenato e aveva trascorso la serata giocando a carte con amici. Ho sentito Giovanni tornare a casa e cambiarsi d'abito, poi l'ho visto uscire di nuovo. Ho pensato che vo*, lesse far rientrare i cani, - ! quindi non mi sono preoccupata. Mi sono invece allarmata quando ho sentito uno scalpiccio sul marciapiede prospiciente l'abitazione. Erano passi di qualcuno che calzava scarpe con tacchi di cuoio. Ho sentito anche il rumore di una macchina con il motore al minimo. In casa erano rimaste le luci accese e la porta spalancata». «Ho atteso sino alle 5,30 — continuò la donna — poi mi sono alzata. La macchina di Giovanni non era al suo posto e non c'era neppure traccia dei due cani. Giovanni calzava stivaletti con i tacchi di gomma, quindi i passi non erano di mio figlio, erano di qualcuno conosciuto da lui e anche dai cani che non si erano messi ad abbaiare. Mio fi¬ il 19 marzo e trovato l'ipotesi del suicidio glio dev'essere stato sorpreso e cloroformizzato, poi caricato su un'auto (non la sua Volkswagen che dev'essere stata condotta via da un'altra persona) e, ancora intontito, gettato nel Ticino ». Il ritrovamento dell'automobile con lo strano particolare delle portiere chiuse dall'interno e ora, infine, il ritrovamento del «borsetto» nel fiume fanno sì che la morte dello studente in medicina di Zerbolò sia sempre più misteriosa, f. m. Un giornalista ferito a coltellate in carcere a Monza Monza, 7 settembre. (g. a.) Un detenuto delle carceri di Monza, il giornalista Stefano Surace, direttore responsabile di alcune riviste pornografiche, è stato picchiato a sangue e ferito con tre coltellate durante una violenta rissa fra reclusi. Il giornalista, soccorso dagli agenti di custodia, è stato trasportato all'ospedale con un'ambulanza e medicato per tre ferite da taglio al gluteo destro e alla coscia, nonché per numerose contusioni ed ecchimosi al volto. Il grave episodio di violenza è avvenuto verso le 14. Il giornalista, membro del Comitato dei detenuti per la attuazione della riforma carceraria, aveva avuto una violenta discussione con un gruppo di detenuti che, pare, non condividevano certi suoi metodi tendenti a veder realizzare appunto la riforma. La disputa è avvenuta nel corridoio centrale del carcere, sul quale si affacciano tutte le celle che, ora, vengono tenute aperte per tutta la giornata. Il giornalista è stato violentemente percosso con pugni al viso e quindi ferito con un coltello a scatto. Facendosi largo fra i detenuti, gli agenti di custodia sono riusciti ad arrivare fino a lui e soccorrerlo. Dopo essere stato sommariamente medicato nell'infermeria del carcere, Surace è stato trasportato in ospedale.

Persone citate: Giovanni Armeri, Moriano, Pavese, Stefano Surace, Surace

Luoghi citati: Bereguardo, Cascina, Monza, Pavia, Zerbolò