LA FERRARI MONDIALE di Giovanni Arpino
LA FERRARI MONDIALE Monza - Dopo 11 anni il trionfo della macchina italiana LA FERRARI MONDIALE (Regazzoni primo. Lauda campione) (Dal nostro inviato speciale) Monza, 7 settembre. Regazzoni per Monza, Lauda per tutti. Ferrari regina. Il verdetto del 46° Gran Premio d'Italia sembra un'equazione matematica, che la scuderia del cavallino ha risolto con ogni crisma. Clay, partito in testa, ha fatto corsa da solo, Niki la «faina» ha controllato i suoi 52 giri senza rischiare neppure un'unghia, Emerson Fittipaldi, campione uscente, ha eseguito un «samba» egregio per ottenere il secondo posto e onorare la sua prestazione. Un'autentica orgia, questa domenica che comincia «a piedi nudi nel parco» (superando quindi ogni suggestione dell'omonimo film) e termina in un crescendo da festa paesana. Chi beve birra e chi champagne, chi si spoglia (ed è un austriaco) in onore di Lauda, chi pretende un inno nazionale in più, anche se in ritardo ted è svizzero) in onore di Regazzoni. La micidiale selezione imposta dal circuito velocissimo non ha mai impensierito i due «moschettieri» della Ferrari. Aramis e Porthos hanno svolto il loro compito con una precisione assoluta. Ma pro! 7)rio in questo momento va ricordato lo straordinario lavoro di «équipe» portato avanti dalla scuderia di Maranello: hanno vinto, insieme, i grandi piloti e i meccanici, gli ingegneri e i progettisti, i collaudatori più oscuri e tutti gli addetti ad una «comunità» d'eccezione, davvero esemplare. La 312 T è il vertice di un iceberg che ha in profondità, sotto il titolo mondiale, una serie di impegni e di sacrifici, di studi e di fantasia creativa, senza eguali nel mondo. Per questo ha vinto, «stracciando» ogni avversario, e non solo grazie al magnifico e bollente «napoletano del Cantori Ticino» o l'astuto, calcolatore ragazzo di Salisburgo. Ecco, si sono spenti i ruggit'< impossìbili dei «mostri» di Formula 1. L'anello di Monza, una sorta di boomerang (e per poco risultava fatale a Leila Lombardi), tace, dopo l'incredibile happening consumatosi fin da venerdì scorso. Forse ci metterà più tempo la calpestatissima erba a ricrescere che i ricordi a cancellarsi. Ma è un happening da imprimere invece nella memoria, per la sua cruda autenticità, per i significati tecnici e industriali che offre, per la gioia che ha spremuto da cen¬ tomila e più cuori entusiasti. E' un momento magico e raro, in Italia, ed è augurabile che suggerisca qualcosa a chi ha doveri e impegni da assolvere. Intorno al Gran Premio è scoppiata persino una tempesta di gentilezza: gente che ti versa da bere, che ti confida i suoi cronometraggi privati, che ti abbraccia. E' giusto che Clay e Niki se li godano in pieno, che il clan Ferrari scoppi di felicità. Ma è necessario ripetere il valore intero e unico di questa vittoria che è italiana in tutte le sue strutture portanti. Certo, vien da sorridere se si pensa ai volti dei «capi» che, apparso il sole dopo i tremendi acquazzoni del mattino, lo scrutavano napoleonicamente quasi fossero ad Austerlitz: e tuttavia il paragone calza, pur forzando un'immagine leggendaria. Ridono tutti, a Monza: gettando impermeabili improvvisati, cotone per gli oredehi, avanzi di salsicce, bicchieri dì carta. La domenica vincente disintossica dalla tensione e dà ragione a chi prevedeva la grande rinascita della Ferrari. E lui. il commendatoreingegnere-presidente, è là, a Maranello, solo, ironico, soddisfatto, sapiente. La gente passa a mandrie, qualcuno regge una bandiera italiana che nello spazio bianco ha il nome del «mago di Modena », e nello spazio rosso ha un minuscolo cavallino rampante. Be', direte che sembra esagerato, ma non è così. Soprattutto agli «altri», più o meno invidiosi e complimentosi, non sembra affatto così. In un Paese obiettivamente difficile. Ferrari e « la » Ferrari dimostrano che è ancora possibile far funzionare la logica, il mestiere, la capacità inventiva e organizzativa. Ora Ferrari ha raggiunto il suo traguardo. Ha un solo obbligo: ripetersi. Giovanni Arpino
Persone citate: Emerson Fittipaldi, Lauda, Leila Lombardi, Regazzoni
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