Pastori e petrolchimici coabitazione difficile di Remo Lugli

Pastori e petrolchimici coabitazione difficile Verifica dello sviluppo nel Nuorese Pastori e petrolchimici coabitazione difficile Il piano degli insediamenti ha subito forti ritardi - Ancora lontano il sogno di fare di tutta la zona "una Biella delle fibre artificiali" - La corsa a farsi iscrivere nelle liste di disoccupazione (Dal nostro inviato speciale) Nuoro, 25 ottobre. E' giunto il momento della verifica per gli impianti industriali della Sardegna centrale. Nel '73, quando tremila operai di 98 imprese erano impegnati nella costruzione di questo grande complesso dell'Anic e della Montedison, la Fibra del Tirso e la Chimica del Tirso, si diceva che alla data odierna avrebbero lavorato nei due stabilimenti 4500 dipendenti e altri 2500 avrebbero trovato lavoro, sempre entro il '75, nello stabilimento della Siron, consociata della Sir, che si doveva affiancare a quelli dell'Anic e della Montedison. Fibra e Chimica del Tirso funzionano, ma con 2700 dipendenti, anziché 4500, e lo stabilimento Siron non è ancora cominciato. V'è di più. Il programma non si limitava ad Ottana: doveva creare una serie di poli industriali tali da dar vitalità a tutta la sacca depressiva della Sardegna centrale (grosso modo corrispondente alla provincia di Nuoro). Pure ad iniziativa della Sir dovevano sorgere stabilimenti nel Sologo, con 2250 dipendenti, e nel Sarcidano con 1650. In queste due zone nessuno è ancora occupato. Nel Sarcidano si stanno adesso costruendo alcuni capannoni (vi lavorano 146 tra muratori e manovali) e s'è registrato quindi uno slittamento di due anni sul programma. Nel Sologo, e più precisamente nel comune di Lula dove la Sir doveva costruire, non c'è proprio nulla, neanche lo scavo della fondazione. Una vertenza burocratica concernente la licenza di costruzione ha bloccato l'avvio dei lavori. Il sindaco di Lula pretendeva di rilasciare la licenza dopo aver ottenuto il parere favorevole di una commissione che doveva esaminare gli aspetti ecologici, ma la commissione non poteva svolgere il proprio lavoro perché mancava ancora il regolamento di esecuzione della legge che la istituiva. Dopo molto tempo perduto, il Comune ha rilasciato la licenza, ma con condizioni che la Sir giudica illegittime, pretese assurde. Rovelli, che della Sir è proprietario, a questo punto ha chiesto di trasferire lo stabilimento che sarebbe dovuto sorgere nel Sologo ad Ottana, affiancandolo all'altro suo che ancora è sulla carta. Dice Salvatore Nioi, sindacalista della Cgil: «Con questi bastoni jra le ruote che si sono messi alla fabbrica del Sologo non si è fatto altro che il gioco di Rovelli, il quale già in partenza era poco propenso a costruire questo stabilimento e amava puntare tutto su Ottana, come adesso chiede». Spiega Gianfranco Putzu, presidente del «Consorzio per l'area di sviluppo industriale della Sardegna centrale»: «Al la indicazione dei vari centri dove le industrie dovevano sorgere, eravamo giunti dopo un attento esame delle sacche di depressione, esame al quale avevano partecipato anche le popolazioni, seppure a modo loro, con occupazioni stradali e manifestazioni di piazza. Quindi non si può recedere dal piano, si deve insistere perché la Sir costruisca nel Sologo come preventivato». Già l'idea di questi impianti che sono senza dubbio inquinanti, nonostante le due ciminiere della Fibra e della Chimica del Tirso che si alzano fino a 180 metri per disperdere meglio i fumi e nonostante le assicurazioni che danno i progettisti, era stata accettata di malavoglia. «Abbiamo detto sì — dice Putzu — soprattutto in considerazione del fatto che in Sardegna c'erano già altre industrie petrolchimiche, quella della Sir a Porto Torres, nell'estremo Nord, e quella della Saras di San Rocco, nell'estremo Sud. L'accettazione nostra era confortata soprattutto dalla speranza di poter avere qui anche l'industria manifatturiera di trasformazione dei prodotti dell'industria di base. Cioè, ad esempio, una fabbrica di indumenti fatti con la fibra sintetica. Dobbiamo ancora puntare su questo nostro obiettivo. A Macomer dovremmo riuscire ad impiantare una serie di laboratori di tipo artigianale o di media industria. In vent'anni vorremmo che la Sardegna centrale diventasse la Biella delle fibre artificiali. Certo è che l'avvio non è promettente». L'avv. Mario Lai, sindaco di Ottana, deve far fronte alle pressioni che vengono da chi credeva di avere finalmente un'occupazione e invece deve ancora attendere. «Si era preventivato di accogliere manodopera da un bacino piuttosto vasto e ora, per accontentare anche i comuni periferici, siamo costretti a dire no a lavoratori di Ottana i quali non riescono a capire come si possa rimanere a spasso dopo avere ospitato nel nostro territorio una fabbrica così imponente e così ecologicamente scomoda». Lai spiega che da un po' di tempo c'è la corsa all'iscrizione nelle liste di disoccupazione: vi si affollano pastori e casalinghe; ognuno ha scoperto il diritto al lavoro e lo pretende, spesso senza conoscere i limiti delle proprie possibilità; ci sono donne che sì e no sanno fare la propria firma e chiedono di essere assunte come impiegate, credono che basti infilarsi un camice nero per poter ottenere lo stipendio. Già si avverte che l'improvvisa presenza di un grande complesso industriale nella piana di Ottana, che è parte della Barbagia di Ollolai ed ha sempre appartenuto a un mondo arcaico, può essere motivo di tensioni sociali. «C'è il pericolo che si crei un'aristocrazia operaia — dice il sindacalista Nioi — e quindi un attrito con la massa dei pastori e dei contadini legati alla tradizione culturale sarda. Non si dimentichi che anche i più grossi proprietari terrieri hanno guadagni di un paio di milioni all'anno, somma che gli operai raggiungono con facilità. E infatti si notano già certi particolari che sconvolgono l'economia spicciola: l'affitto di un paio di camere in un paese che prima poteva costare dieci o quindicimila lire al mese è passato in certi casi a 70-80 mila». Il sindaco Lai (de) sottolinea un altro aspetto negativo per la convivenza tra i due mondi, industriale e rurale: «In base a una delibera del Cipe sono stati stanziati 16 miliardi da assegnarsi a cooperative tra dipendenti dell'Eni-Montedison per la costruzione di abitazioni e di questa somma ad Ottana toccano 834 milioni. Perché questo favoritismo, perché questa disparità, perché sì all'operaio della Montedison, che è già un privilegiato, e no al pastore, che dorme nell'ovile? La classe politica dimostra di non avere il senso per i problemi che scottano». Per quanto riguarda la" sistemazione abitativa dei dipendenti dei vari stabilimenti si è deciso di evitare la costruzione di grossi edifici vicino al posto di lavoro, per impedire la creazione di ghetti e al tempo stesso la morte civile dei paesi dai quali i lavoratori provengono. Primi fra tutti i sindacati hanno caldeggiato la soluzione della ristrutturazione, attraverso la concessione di mutui, delle vecchie abitazioni e la creazione di arterie di scorrimento veloce in modo che il pendolarismo comporti al massimo percorrenze di trenta minuti. Si stanno già costruendo strade nuove, raddrizzando, ampliando quelle esistenti, con uno stanziamento di 25 miliardi che il Consorzio per lo sviluppo industriale ha ottenuto dalla Cassa del Mezzogiorno. C'è anche un progetto (costo 20 miliardi) per una ferrovia tra Ottana e Abbasanta (23 km) che dovrebbe servire agli stabilimenti per il trasporto dei materiali al porto di Oristano. Il Consorzio industriale chiede che vi partecipi anche lo Stato attraverso le ferrovie in modo che poi la linea serva anche al trasporto di persone e che la si prolunghi fino a Nuoro (altri 30 chilometri), città che ora è collegata solo a Macomer con una ferrovia a scartamento ridotto i cui convogli viaggiano a 25 chilometri all'ora. Remo Lugli

Persone citate: Anic, Fibra, Gianfranco Putzu, Mario Lai, Nioi, Putzu, Rovelli, Salvatore Nioi