Che cosa si può fare per Venezia malata di Giuliano Marchesini

Che cosa si può fare per Venezia malata Incontro di studiosi e di ricercatori Che cosa si può fare per Venezia malata Affidato ad un'equipe inglese lo studio della depurazione delle acque a Porto Marghera - Ma rimane ancora insoluto il problema di fondo, quello del finanziamento e della "legge speciale" (Dal nostro inviato speciale) Venezia, 22 ottobre. Inquinamento lagunare: problema assillante che si trascina da anni. La chiazza violacea che si diparte da Marghera, la corrosione, i canali che in un certo periodo diventano color caffellatte. Sarà possibile difendere adeguatamente Venezia dalle insidie portate dalle sue acque? Ai tanti dibattiti in cui si è tentato di dare una risposta s'aggiunge oggi una «tavola rotonda», promossa dall'Ente della zona industriale di Porto Marghera. Vi hanno preso parte studiosi, docenti universitari, esponenti del Consiglio nazionale delle Ricerche. Piero Lecis, presidente dell'Ente industriale di Marghe ra e del consorzio per la depurazione delle acque, dice che finora s'è fatto un gran parlare dell'inquietante questione dell'inquinamento a Venezia, ma che non c'è stata un'analisi sufficiente delle cause del degrado; peggio ancora — aggiunge — non si è affrontato il problema dei provvedimenti tecnici, sociali ed economici indispensabili alla ricostituzione di un accettabile equilibrio ecologico. Responsabilità Nel discorso di Lecis, c'è spazio anche per una sorta di autocritica: «Anche da parte imprenditoriale, dobbiamo ammetterlo, è mancata un'analisi aperta sulla tematica ecologica, senza una valida individuazione dei fattori generali di degrado, e limitando le conseguenti proposte costruttive necessarie a risolvere i problemi aziendali, avulsi dal sistema lagunare». Ma, secondo il presidente dell'Ente della zona industriale, una parte di responsabilità dell'attuale situazione va attribuita all'affollamento a ridosso della cittadella petrolchimica che incombe sulla città lagunare: ieri il centro urbano alle spalle di Marghera contava poche migliaia di abitanti, oggi ne accoglie ol¬ tre 200 mila. Comunque, è da tener presente che questo impressionante incremento della popolazione è dovuto prevalentemente proprio allo sviluppo dell'attività industriale veneziana, alla concentrazione di operai e tecnici attorno a questo agglomerato produttivo. Tecnologia Non soltanto nell'uomo — riconosce Piero Lecis — si deve ricercare la responsabilità j di un simile stato ecologico, che a suo avviso sarebbe ancora lontano dal punto di «non ritorno»: «Occorre piuttosto ridurre nei tempi più rapidi il "gap" tecnologico, purtroppo enorme, degli impianti indispensabili alla difesa dell'ambiente». E qui è la 1 questione fondamentale, sollevata durante questa «tavola rotonda» sull'inquinamento lagunare. Gli industriali di Porto Marghera ripetono che è irrilevante la quota delle risorse disponibili assegnata alla ricerca scientifica ed ecologica. «Ciò comporta senza dubbio — afferma Lecis — oneri finanziari ìngentissimi sui quali la collettività deve essere responsabilizzata, perché non è pensabile che questi costi possano essere addossati esclusivamente ai processi produttivi, soprattutto quando, come nel caso di Porto Marghera, l'inquinamento è dovuto in larga misura anche ad agenti esterni: agricoltura e centri residenziali, che versano i loro effluenti nella laguna». In sostanza, sostengono i rappresentanti della zona industriale veneziana, l'inquinamento lagunare ha diverse componenti: non è soltanto colpa delle aziende petrolchimiche, insistono, se la laguna è in queste condizioni. E chiamano in causa anche la campagna, i canali di scarico, le concentrazioni urbane. Infine, propongono che il peso per il risanamento dell'ambiente vada equamente ripartito, dichiarando che altrimenti per raggiungere l'equilibrio ecologico si andrebbe fatalmente incontro a uno squilibrio economico. Dice a questo proposito Piero Lecis: « In definitiva, fermo restando il principio assunto in molti Paesi industrializzati di suddividere gli oneri di gestione degli impianti di depurazione secondo il carico inquinante, sembra logico viceversa che il finanziamento necessario agli investimenti di base comuni a tutta la zona sulla quale si deve intervenire venga assunto dalla comunità di quel territorio. Se così non fosse, e se quest'onere dovesse rimbalzare soltanto sulle strutture produttive, si verificherebbe in realtà un aumento dei costi e dei prezzi con conseguente riduzione della produzione di mercato, determinando inoltre, cosa ancora più grave, una minor competitività a livello internazionale». Interventi Le aziende della zona industriale hanno affidato al professor Chalmers e ai suoi collaboratori della «Bostock e Rigby» di Birmingham il compito di affrontare lo studio globale della depurazione delle acque a porto Marghera. Chalmers, intervenuto oggi alla «tavola rotonda», propone una serie di interventi concreti in modo da giungere a idivelli accettabili» di sostanze inquinanti nelle acque di scarico industriali. Parecchi altri esperti, delle Università di Padova e di Venezia, hanno portato il loro contributo a questo convegno. Ma al di là delle osservazioni scientifiche, delle proposte, resta la questione di fondo: quella del denaro, del finanziamento, mentre i fondi destinati all'attuazione della legge speciale ancora non si vedono. Un altro gravoso problema da risolvere, insomma. Nella speranza che tutto non si risolva in un altro lungo bisticcio, di cui debba soffrire Venezia. Giuliano Marchesini

Persone citate: Bostock, Lecis, Piero Lecis, Rigby

Luoghi citati: Birmingham, Padova, Venezia