Arrestato il "boss,. Piromalli sospettato di traffico di droga di Enzo Laganà

Arrestato il "boss,. Piromalli sospettato di traffico di droga Irruzione della polizia nella sua villa in Calabria Arrestato il "boss,. Piromalli sospettato di traffico di droga Già incriminato per il rapimento di Paul Getty III, era in libertà provvisoria a causa delle gravi condizioni di salute - Il "mafioso" è accusato di traffico e detenzione di stupefacenti (Dal nostro corrispondente) Reggio Cai., 22 ottobre. Girolamo Piromalli, detto «don Momo», uno dei presunti boss della mafia calabrese, è di nuovo in carcere. Lo hanno arrestato, alle 7 di stamane, nella sua villa di Gioia Tauro, agenti delle squadre mobili di Roma e Reggio Calabria, agli ordini dei commissari Jovinella e Tafuro. L'accusa è di concorso in detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti e si riferisce ad un'istruttoria in corso per fatti avvenuti a Roma e nella piana di Gioia Tauro nella primavera 1973. In quella occasione, il Piromalli avrebbe partecipato, unitamente ad altri individui calabresi e romani, ad un traffico di droga pesante. L'arresto di stamane è av¬ a e . n o e o i o ¬ venuto in esecuzione di un i mandato di cattura spiccato j dal giudice istruttore di Lagonegro, dott. Matteo Casale (lo stesso magistrato che si occupa dell'istruttoria del processo per il sequestro di Paul Getty III) e che nel marzo 1974 aveva già ordinato l'arresto del Piromalli indiziandolo di concorso nel rapimento del nipote del «re del petrolio» Paul Getty senior, che vive a Londra. Come mai è stato il dott. Casale ad emettere il provvedimento contro «don Momo» Piromalli se i reati contestati sarebbero stati commessi fuori della sua giurisdizione? Il perché sta nel fatto che le du istruttorie, quella del sequestro Getty e quella dell'affare della droga, sono state unificate per connessione soggetti- va: in sostanza gli imputati sono più o meno gli stessi. Un altro individuo implicato in entrambe le vicende è, infatti, Saverio Mammoliti, 34 anni, da Castellace, che da quasi due anni elude la caccia di carabinieri e polizia. Girolamo Piromalli era tornato a Gioia Tauro proprio ieri, dopo una lunga degenza in una casa di cura di Messina: soffre infatti di flebite e di glaucoma all'occhio sinistro. Dopo l'arresto è stato condotto al manicomio giudiziario di Barcellona Pozzo di Gotto (Messina) dotato di una clinica dove l'arrestato potrà continuare le cure. Nato a Gioia Tauro nell'ottobre 1918 (ha compiuto nei giorni scorsi 57 anni), sposato e padre di due figli (Cettina di 13 anni e Nino di 9) Piromalli è- sospettato di essere il «boss dei boss» mafiosi della provincia di Reggio dopo l'eliminazione di Antonio Macri, assassinato a colpi di pistola in un agguato, il 20 gennaio scorso, a Siderno. Questo posto di prestigio Piromalli se l'è guadagnato in oltre 35 anni di «carriera» trascorsi ora in carcere, ora al soggiorno obbligato, ora in attesa di processo. Riportò la prima condanna nel 1939, per concorso in lesioni personali volontarie. L'11 dicembre 1952 l'Assise lo condannò a dieci anni per l'omicidio di Francesco Ippolito. Tornò libero il 24 novembre 1959 beneficiando del condono. L'8 giugno 1967 fu assegnato al soggiorno obbligato per cinque anni. Il 15 maggio 1972 fece ritorno a Gioia Tauro. Nel 1973 la polizia scoprì che Piromalli si era inserito nell'ambiente della droga. Si occupano di lui il Narcotic Bureau e diverse questure d'Italia, tra cui quella romana. Il 16 gennaio 1974 vennero arrestati i presunti compo- nenti della banda che aveva rapito Paul Getty III. Tra questi, c'era Vincenzo Mammoliti, fratello di Saverio, che, ricercato anche lui, sfuggì alla cattura. Nel quadro della stessa operazione, la polizia perquisì l'abitazione di Girolamo Piromalli: tra il denaro sequestrato al boss si trovò una banconota da centomila lire che faceva parte del riscatto pagato per il rilascio di Getty. Il 23 marzo successivo «don Momo» venne arrestato su mandato di cattura del giudice istruttore di Lagonegro ma, a causa delle sue precarie condizioni di salute, il 13 novembre 1974 ottenne la libertà provvisoria. Enzo Laganà