Donatella ha rievocato l'atroce giornata nella villa dove fu seviziata e uccisa l'amica: poi è svenuta di Silvana Mazzocchi
Donatella ha rievocato l'atroce giornata nella villa dove fu seviziata e uccisa l'amica: poi è svenuta Sopralluogo al Circeo dove i giovani neofascisti hanno compiuto il delitto Donatella ha rievocato l'atroce giornata nella villa dove fu seviziata e uccisa l'amica: poi è svenuta è sopravvissuta alla furia omicida del gruppetto dei ragazzi Rosaria Lopez (ormai senza vita) nel bagagliaio di un'auto "La sentivo gridare come una bestia" - La testimone, 17 anni, della Roma-bene - Costoro, credendola morta, la rinchiusero con (Dal nostro inviato speciale) S. Felice Circeo, 22 ottobre. Donatella Colasanti, la ragazza di diciassette anni che si salvò dal massacro compiuto da un gruppetto di ragazzi della Roma bene fingendosi morta, ha rivissuto nella casa del delitto le trenta ore allucinanti che lei e l'amica Rosaria Lopez, uccisa dalle sevizie, vissero il 30 settemore scorso. Pallida, cappotto grigio e stivali neri, accompagnata dalla mamma e da un amico di famiglia, Donatella è giunta al Circeo alle 16 di oggi pomeriggio, puntuale per il sopralluogo disposto dai giudici di Latina, il sostituto procuratore della Repubblica Gianpietro e il giudice istruttore Archidiacono. Attorno a lei gli avvocati (Tarsitano e Luberti), i magistrati, i curiosi. Decine di fotografi, cineoperatori. E lei muta, ancora la paura negli occhi. Erano presenti gli avvocati della difesa, e quelli di parte civile. Assenti gli assassini di Rosaria: Angelo Izzo e Gianni Guido detenuti a Latina, Giampiero Parboni Arquati, il «Carlo» che qualche giorno prima del massacro presentò le due ragazze ai loro seviziatori. Latitante il padrone della villa, Andrea Ghira, ventiduenne, ma già noto alle cronache della violenza fascista romana. Nella villa, arroccata all'estrema punta di San Felice Circeo, si arriva attraverso un viottolo ancora da asfaltare, brullo, molto accidentato. Dal cancello grande e nero un altro sentiero si arrampica sino alla casa di stile moresco, pretenziosa, avvolta nel silenzio del verde. Sullo sfondo, il mare. Il primo pensiero dinanzi a tutto questo è il tormento che la povera Donatella, ancora viva, ha dovuto vivere accanto all'amica morta, nel portabagagli della «127» dove le due ragazze, ritenute cadaveri, furono rinchiuse subito dopo il delitto. La strada che isola la villa dal paese fu percorsa quel pomeriggio di lunedi 29 settembre, forse ridendo dal¬ le due ragazze, ma fu ridiscesa, nello strazio, la notte seguente. Cosa è accaduto in quelle ore è quanto dovranno ricostruire i magistrati di Latina ai quali ora è stata trasferita l'inchiesta per competenza. «Giustizia rapida sì, ma non sommaria», ha detto il giudice istruttore Archidiacono all'inizio del sopralluogo, quando l'avvocato della difesa Rocco Mangia, il più accalorato del collegio, ha contestato la presenza di Donatella Colasanti. «E' una ricognizione — ha protestato — e la ragazza non può prendervi parte». Ma la presenza è stata poi giustificata dall'interrogatorio di Donatella tuttora in corso. E' cominciata la ricognizione. Ha avuto inizio un atto istruttorio freddo, formale. Una descrizione dei luoghi eseguita dal giudice e verbalizzata. Donatella è rimasta zitta, seduta in un angolo. Ha resistito quaranta minuti, poi gli occhi le si sono arrossati ed è cominciato un pianto sommesso, tenue. Qualche minuto ancora ed è svenuta. E' stata fatta allontanare. Il resto è cronaca allucinante, scandita da drammatici scontri verbali tra gli avvocati delle due parti. Preoccupati i legali della difesa di stanare cavilli giuridici, verbalizzare probabili attenuanti per un delitto che non ne può contemplare. La ricognizione è andata avanti per più di due ore. Sono state trovate quattro macchie di sangue: una su uno straccio lasciato nella fretta sulla porta d'ingresso, una su una stampa inglese del salotto arricchito dai drappeggi beige e da una biblioteca ben fornita. La stampa, su un divano giallo, rappresenta «la dama dalla modista». Sangue ancora sulla gamba di una sedia. Manca il gommino. Forse fu usata come strumento di un'atroce tortura. Una quarta macchia sta sul retro della porta del oagno «stile Vietri», luogo dove per tante ore Rosaria è stata martirizzata. «Morì per annegamento», disse la perizia romana. I suoi aguzzini, per farla cedere, la immergevano nell'acqua della vasca, eostruita su misura sotto il livello del pavimento oome dice la moda. Gli inquirenti hanno sequestrato alcuni oggetti: lo straccio insanguinato, un utensile per raccogliere l'immondizia, una ramazza di nailon rosso, un manico verde. Tutti oggetti che si presume siano stati usati dagli assassini per seviziare la povera Rosaria. «Fu violentata e torturata anche con mezzi meccanici», disse la perizia. «La sentivo gridare come una bestia», ha ricordato Donatella qualche giorno dopo il delitto. E ancora tracce di quello che certamente è stato un massacro degno dei deliri nazisti di un'altra epoca. Al suono di un disco di Beethoven (musica classica e libri d'autore sono sparsi nella casa dappertutto) gli assassini martoriarono Rosaria e seviziarono Donatella. Segni di raschiatura sul muro dell'ingresso, nel soggiorno, in bagno. Gli stessi torturatori ripulirono la villa, e il 3 ottobre, quando i carabinieri la identificarono, in casa c'erano la madre di Andrea Ghira e il fratello, che si presume avessero già fatto molto per ridare alla villa un'apparenza innocente e perbene. Questa mattina i giudici di Latina avevano compiuto il primo atto istruttorio della nuova inchiesta (l'indagine fu trasferita da Roma pochi giorni dopo il delitto). Hanno rivolto ai periti Marracino e Marchiona vari quesiti: la causa e l'epoca della morte di Rosaria Lopez; se la ragazza avesse o no nel sangue I tracce di veleno e di stupefaI centi; se le fosse stata usata | violenza carnale. Ora Rosaria è sepolta vicino ad Agrigento, in Sicilia, dove era nata e le risposte : le conosciamo già, atroci e ! terribili. E' stata la procedu1 ra ad imporre il ripetere di ! quest'atto istruttorio. Saran! no emessi anche nuovi man¬ dati di cattura per gli stessi imputati: per Angelo Izzo e Gianni Guido e per Andrea Ghira, per omicidio volontario, ratto a scopo di libidine, ecc.; per Gianluca Sonnino e Giampiero Parboni Arquati per favoreggiamento; la posizione di quest'ultimo comunque potrebbe aggravarsi da un momento all'altro. Donatella ha già raccontato che durante quelle terribili ore, furono in molti ad entrare e uscire dalla villa. C'era anche il Parboni. C'è chi dice che «Carlo» fu forse tra gli ideatori dell'orrendo festino. Per l'omicidio la pena è l'ergastolo. Silvana Mazzocchi i
Luoghi citati: Agrigento, Latina, Roma, San Felice Circeo, Sicilia
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