Il sesso in carcere di Franco Giliberto

Il sesso in carcere dibattito a mestre Il sesso in carcere Le nostre prigioni sono una enorme palestra di abbrutimenti - La necessità di isolare i delinquenti non può essere motivo di una indiscriminata negazione di umanizzare la pena (Dal nostro inviato speciale) Mestre, 20 ottobre. «In nome della Repubblica italiana, ti condanniamo anche all'omosessualità e all'onanismo». Potrebbe suonare così, in ogni sentenza sfavorevole, un paradossale codicillo fisso. Paradossale perché nessun giudice, tantomeno il codice penale, potrebbe giungere a simile aberrazione. Ma di fatto in Italia, pur senza il pazzesco codicillo, la reclusione significa privazione della libertà — compresa quella sessuale — e fiorire di depravazioni: attendibili, recenti statistiche confermano che la pederastia è praticata da oltre l'80 per cento dei detenuti; che fenomeni di sadismo e masochismo sono all'ordine del giorno nelle prigioni, soprattutto nelle carceri minorili e in quelle femminili. Tentativo di rieducare chi ha violato la legge? Macché. Le prigioni sono una enorme palestra di abbrutimento, un serbatoio d'inesauribile ricchezza per gli studiosi di patologia sessuale, oltre che di criminologia e sociologia. A dir queste cose non sono degli sprovveduti. Magistrati, avvocati, medici, insegnanti, sacerdoti, assistenti sociali hanno affollato per due giorni un salone dell'ospedale di Mestre, dove il prof. Gianni Caletti ha inaugurato il nono corso di educazione sessuale che dirige sotto l'egida dei ministeri della Sanità e della Pubblica Istruzione. Un simposio sui problemi della sessualità dei carcerati, in coincidenza con questa inaugurazione, ha dato la stura al dibattito sull'impopolarissimo argomento. Come relatori, vi hanno partecipato lo stesso Caletti, il sostituto procuratore della Repubblica di Venezia dott. Fortuna, il pretore di Venezia dott. Fojadelli, il presidente del tribunale dei minorenni di Firenze prof. Meucci, l'assistente spirituale delle carceri femminili veneziane prof. Busetto. Perché l'argomento va considerato impopolare? La previsione è degli stessi congressisti: c'è un gran numero di cittadini che dinanzi alle conclusioni del simposio («Studiare tempi e modi per ammettere i detenuti al rapporto sessuale "normale", magari per mezzo di licenze o di visite non sorvegliate di loro partners esterni»; griderà allo scandalo: «Come sarebbe? Rapinatori, ricattatori, assassini, ladri, donnacce, stupratori dovrebbero beneficiare di incontri galanti con il beneplacito dello Stato e a spese della collettività? E questo in un Paese che ha scuole e ospedali che non funzionano, pensionati ridotti alla fame, battaglioni di disoccupati?». Un relatore, il prof. Meucci, e un partecipante al dibattito, il prof. Alborghetti, magistrato di Cassazione (fu giudice in assise al processo su Wilma Montesi), per esemplificare la varietà di simili stati d'animo di parte dell'opinione pubblica messa dinanzi al problema, hanno ricordato il temino di un fanciullo povero: «Io da grande farò il ladro, così potrò avere la prima colazione, mangiare altre due volte al giorno e guardare anche la televisione in cella». Il poco promettente alunno, fosse in età post-puberais, aggiungerebbe qualche altra entusiastica osservazione al compito, ora che si discute di non privare i carcerati della libertà sessuale. Ma dice il pretore Fojadelli: «La necessità innegabile di isolare e neutralizzare i delinquenti pericolosi non può essere portata a motivo di una indiscriminata negazione di principi, ormai fermi, di umanizzazione della pena. Anche se l'uomo della strada, pur di media e buona cultura, non sa disancorarsi dall'idea di una pena intesa come castigo e quindi come dolore, di fron; te al crescente numero di ! odiosi delitti». I Aggiunge il giudice Fortu| na: «Il detenuto è un cittadi| no come tutti gli altri, quindi ha diritto di godere di tutte le norme contenute nella Costii tuzione. E' indubbio che an\ che le attività affettive debba| no essere prese in consideraizione perché ne possa fruire, 1 Per esprimere la propria per : sonalità, il detenuto ha il di , ritt0 di non rinunciare ai nor- ; i ' Franco Giliberto (Continua a pagina 2 in prima colonna)

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