Pittori della Marca lombarda di Marziano Bernardi

Pittori della Marca lombarda A LECCO UNA MOSTRA DA GOLA A MORLOTTI Pittori della Marca lombarda (Dal nostro inviato speciale) Lecco, ottobre. Dopo i grandi studi, al principio del secolo, di Pietro Toesca e, più tardi, del suo glorioso scolaro Roberto Longhi, l'arte lombarda e in modo particolare la pittura è stata, movendo dall'antico per giungere al tempo nostro, criticamente passata al vaglio fino al crivello più stretto dai discepoli, seguaci e troppo scoperti imitatori dei due maestri, soprattutto del secondo. Uno di essi, intuizioni geniali e traboccanti affetti precocemente spenti dalla morte, Francesco Arcangeli, in un saggio ancor oggi famoso per il sensibilismo eccitato e in certi passi quasi delirante, intitolato « Gli ultimi naturalisti », accomunò in un sentimento unico della natura artisti del passato e del presente operosi ne « lo dolce piano I che da Vercelli a Marcabò dichina », pianura estesa a tutta quella « Padania » dove — egli diceva — « il sangue dei Galli e dei Longobardi si mescolò col sangue latino ». A lui la « marca di settentrione » pareva « il luogo predestinato, per oscura coscienza e per volontà, della ripresa di quei sensi antichi e nuovissimi che potrete ancora chiamare, se vorrete, naturalistici »; e parlando dieci anni dopo d'un pittore a lui carissimo, usciva in questo sorprendente giudizio: « Quanto a Mariotti, l'essenza della sua arte ha a che fare con Wiligelmo... assai più che con Ranzoni e con Gola», (Si noti che Arcangeli faceva allora I parecchie riserve sulla pittu- ra di Gola. Ancora dieci anni ed ecco adesso il milanese Emilio Gola ed il lecchese Ennio Morlotti riproposti uno accanto all'altro come termini ante e post quem dell'interessante mostra « Aspetti del naturalismo lombardo da Gola a Morlotti » promossa dalla Regione Lombardia e dall'amministrazione municipale e turistica di Lecco, fornita di un bel catalogo illustrato a colori, cui hanno provvisto le introduzioni critiche e le note biografiche Marco Valsecchi e Giorgio Mascherpa, che con Gian Alberto Dell'Acqua scelsero in alcune collezioni pubbliche ed in molte private una sessantina di quadri ora collocati nella nobile Villa Manzoni di Lecco, saltuariamente abitata in giovinezza dal poeta che vi ebbe la prima suggestione dei Promessi Sposi. I pittori scelti dai tre critici per dimostrare « una preminenza esistenziale che riconosce nella materia pittorica un flusso generante » (Valsecela), tale da fornire « l'individuazione d'un'afflnità emozionate tra questi pittori che ha la sua nota più intensa e avvertibile nella materia-colore, primaria, generante e germinante come terra e linfa di questa Lombardia » (Mascherpa), sono, secondo l'ordinamento della mostra: Emilio Gola (1851-1923), Adolphe Monticelli (1824-1886), Filippo Carcano (1840-1914), Eugenio Gignous (1850-1906), Francesco Filippini (18531895), Enrico Cavalli (1849- 1919), Cesare Tallone (1853-1 1919), Ermenegildo Agazzi I (1866-1945), Arturo Tosi (1871- 1956), Carlo Carrà (1881- 1966), Donato Frisia (1883- 1953), Ennio Morlotti. La tesi dei tre critici: iden-1 tificazione del senso di « natura » col senso di « materiacolore » (lontana derivazione dal sensismo padano dell'Arcangeli), è suggestiva, e il risultato del loro lavoro quanto mai stimolante. Ma regge essa a un esame spassionato — diciamo al di fuori di una specie di superstizione di presunti valori tipici regionali — dei singoli autori, delle singole opere? Gola era un impavido realista, attentissimo nelle tele del suo prediletto Valloncello di Mondonico, ai giochi delle luci e delle ombre, agli impasti chiaroscurali nei busti seminudi delle sue figure femminili; e più che un gusto « materico » nella resa dell'avvolgimento delle stoffe ci par di scorgere quello della pennellata impetuosa, d'un tocco aggressivo che poi si addolciva nei teneri pastelli e nella chiarezza della Spiaggia ad Alassio. Non c'è rapporto tra la sua « materia-colore » e quella sugosa e incandescente del lontano Monticelli che, se mai, nella trepidazione cromatica di Nel parco e del Corteo nuziale, si avvicina alle incendiate apparizioni emergenti dal pigmento spesso e denso delle Bagnanti del presente Morlotti, che sulla fine degli Anni Cinquanta sentiva il richiamo dell'Informale. Un « naturalismo » nel senso indicato da Arcangeli e poi da Valseccht e Mascherpa, e svi luppato dalla matrice « lom barda », effettivamente è im pregnato degli stessi umori che agitarono la sensibilità fremente del Tosi giovane (del periodo ch'egli definiva « alcoolico »: e forse voleva dire « alcoolizzato »); l'irruenza espressionistica di Agazzi visibilmente succubo della dottrina di Pont-Aven nelle sue Marine di Bretagna fino a far pensare che intendesse ritagliare in una di esse un brano del Talisman di Sérusier; lo squisito tonalismo di certe Nature morte del grande Enrico Cavalli, maestro di Fornara non ancora divisionista smaltato. Ma la tranquilla oggettività con la quale il Carcano vide il vasto panorama delle Prealpi bergamasche, l'intento descrittivo, vicino all'Avondo di Campagna presso Gattinara ed alla pittura programmaticamente realistica degli altri compagni piemontesi della « Scuola di Rivara », il pacato senso narrativo del malinconico Filippini nel Vespero di novembre, la bravura delleaniana del Tallone nel Ghiacciaio di Macugnaga. mettono in forse la suddetta tesi d'un « naturalismo » lombardo che si concreta particolarmente nella « materia » pittorica. Più probabile che in alcuni pittori lombardi si siano accentuate, senza regola specifica, certe inflessioni della grande stagione artistica del Naturalismo europeo: da cui tuttavia Morlotti si esclude. Marziano Bernardi